Regazzoni
Quella di Regazzoni e delle contrade vicine è una particolare parlata di uno dei numerosi dialetti di cui si compone la lingua veneta: il padovano. Il veneto, considerato nel catalogo Ethnologue una delle varie lingue galloromanze, cioè lingue romanze o neolatine che mantengono, sia a livello fonetico sia a livello lessicale, sostrati celtici (nella zona alpina, anche retici o venetici) attualmente in uso in Francia, Belgio, Svizzera, nord-est della Spagna e Italia Settentrionale, viene riconosciuto dall’UNESCO come una delle lingue viventi, cioè parlate nei vari stati del mondo. Fino al 1300, nei fatti, il toscano non era che uno dei numerosi idiomi che venivano usati in Italia e la sua normalizzazione, fino a diventare l’italiano, è il frutto di un’evoluzione durata secoli. Chi mai può sostenere che il veneto abbia meno dignità dell’italiano perché ha avuto un destino storico meno brillante del toscano? Sia chiaro, non siamo certo noi a sognare confini di stato settecenteschi e un ritorno del veneto negli usi istituzionali, ma chi ci può togliere le opere di Goldoni o di Ruzante, quest’ultimo nativo proprio dell’euganea Pernumia? Casualmente siamo nati a Regazzoni, in questa umilissima contrada dove una “corte” affollata di gente premurosa ha contribuito alla prima evoluzione dei nostri vagiti. Posta al confine di tre paesi, Galzignano, Montegrotto e Torreglia la vallata di Regazzoni aveva un idioma, certo largamente condiviso con le contrade borgo vicine, ma con qualche piccola caratteristica propria. Negli Euganei, infatti, quasi in ogni piccolo borgo c’era una parlata con qualche parola tipica e Regazzoni non sfuggiva alla regola. Mandare in rete qualche frammento di un idioma che i trenta-quarantenni nati in loco, quasi non conoscono più (usano, infatti, quando parlano in padovano, una sintassi e un lessico appartenenti più all’italiano che al veneto, ma adattati al dialetto locale) e che i bambini, abituati all’italiano già dalle lallazioni, non capiscono nemmeno, vuole significare un’esilissima speranza che una parlata che ormai sta morendo possa conservarsi per un po’ nei ricordi. Confrontata con quella attuale, i tempi in cui questa veniva usata molto stretta sembrano lontanissimi. Eppure noi ragazzi della generazione del Boom Economico, abituati ad usare nomi, quali, ad esempio: baìja, pirón, sculièro, calièro, consièro, brónba, brónsa, subiòto, caretèo, méscola, trino, scanarèo, bissaòrbo(l)a, angùro, sca(l)orìa, pionbìn, bròsema, buràna, stropàro, soprèsso e inpìria, che non avevano alcuna assonanza con l’italiano, al nostro ingresso alla scuola primaria abbiamo dovuto faticare non poco per abituarci a scrivere al loro posto: pala, forchetta, cucchiaio, paiolo, condimento, prugna, brace, rigatone, botticella, mattarello, fila di piante orticole, tutolo, lucertola, ramarro, tuffo, martin pescatore, brina, nebbia, salice vitellino, ferro da stiro e imbuto. Fu allora, con l’irruzione della televisione, con la scolarizzazione di massa e con la scomposizione sociale che trasformò i figli dei contadini in pendolari dell’industria e del terziario, che molti termini comincarono ad andare in disuso e a essere spesso sostituiti da parole in italiano. Non pochi, in seguito a questo, finirono nel quasi totale oblio e i neologismi lessicali e sintattici, salvo rarissime eccezioni, come ovunque nel Veneto, vennero semplimente mutuati dall’italiano, integralmente o storpiati per produrre assonanze con la parlata locale. Per una piccola comunità come quella di Regazzoni, dati i mutamenti strutturali avvenuti del modo di produrre e quelli socioculturali che lo hanno accompagnato, era impossibile una rielaborazione autonoma del linguaggio e non poteva essere che così (nei fatti le contaminazioni non sono state in grado di evitarle neppure le lingue nazionali). Se non si accettano gli inquinamenti lessicali avvenuti durante e dopo il Boom Economico (non che prima non ci siano stati, ma non così estesi e repentini nel diffondersi) e non si usa la terminologia che ne è derivata ora è impossibile farsi capire (e da noi, ormai, neppure all’interno della vallata). Chi tra i nostri figli adesso potrebbe comprendere pienamente il significato di queste brevi frasi: “In mèso ai trini de bisi gò isto na bissaòrbo(l)a e ón angùro”.-“In mezzo ai filari di piselli ho visto una lucertola e un ramarro”.; “Gò isto ón pionbìn fare na sca(l)ória. Él paréa ón sitón”!-“Ho visto un martin pescatore tuffarsi in acqua. Sembrava una saetta”!; “So nda in càneva a trare la graspìa sól caretèo ma me mancàa (l)a inpìria da inpiràre só (l)a bòssa e gò spanto”. -“Sono andato in cantina a spillare dalla botticella la bevanda ottenuta dal macero in acqua delle vinacce già spremute, ma non avevo l’imbuto da infilare nella bottiglia e ne ho versato un po’ per terra involontariamente”.; “Te si incalmà có l’òco”!-“Sei uno stupido“; “Te si sèrio come ón porsèo che pissa”-“Sei pensieroso”; “Te vè ia de baucón”!-“Stai deambulando scioccamente senza scopo”!; “Vèto ia in spadìna”?-“Vai in giro in maniche cortee/Vai via con vestiti leggeri”? Ogni lingua si evolve, in certe circostanze anche molto velocemente e così quelle “minori”, sfavorite rispetto a fattori demografici, economici e culturali, possono essere assimilate da altre, a volte anche in modo molto rapido, pur in assenza di particolari eventi come invasioni o guerre. Figuriamoci, allora, il dialetto di una borgata. La scomparsa totale di un idioma, però, è sempre una grande perdita sociale e culturale, sia pure esso, come quello di Regazzoni, in passato molto povero, mancante di testimonianze scritte, vincolato a un mondo umile e dimesso di una piccola area rurale e lontanissimo dai raffinati contesti culturali cittadini. Proprio noi che immaginiamo una lingua universale e una grande fratellanza tra i popoli non vogliamo che Regazzoni piombi nell’oscurità del tempo. Ohimè Regazzoni! Non ci sei più! La solidarietà, ha lasciato il posto all’indifferenza. Dove c’erano passaggi comuni e cortili senza recinzioni ora ci sono segnali minacciosi e barriere impenetrabili. I bimbi che una volta giravano liberi e si incontravano a schiere per le strade, da lungo tempo, ormai, non ci rallegrano con il loro vociare e, al massimo, si possono scorgere mentre giocano solitari nel giardino di casa. Il canto libero della gente al lavoro nei campi, a maggio, non si unisce più a quello del cuculo. Il cuculo ogni anno ritorna ma il suo gorgheggio non scandisce più il flusso del tempo. Non parla e canta più nessuno; Regazzoni è muto. Si fa tanto baccano ma, con l’inurbamento il mondo intero ormai è sordo e muto. Conservare qualche frammento della piccola realtà di Regazzoni è sperare che il suo inevitabile oblio non avvenga domani.
Cèli , Gata, Jano
Indicazioni per la lettura dei testi
La terminologia e la pronuncia delle parole, nel Distretto Euganeo, pur nella sostanziale uniformità, variano di paese in paese, se non di borgata in borgata. La zona interessata alla nostra ricerca: Regazzoni, Canova-Pezzagrande, Pianzio, Valli di Galzignano, Porto, Grattarole, Volti, Turri, Catajo, Castelletto, Caposeda e Valdimandria, però, è molto ristretta e questo ci ha permesso spesso di dare a molti vocaboli un significato non generico. Siamo certi che molte delle parole qui contenute sono le stesse che vengono articolate in tutto il settore orientale degli Euganei, ma non avendo ancora potuto documentare completamente la parlata abituale dell’intero territorio di Galzignano, Torreglia, Montegrotto e Battaglia, abbiamo dovuto escludere altre piccole realtà locali. Nei racconti ci siamo sforzati di includere il maggior numero possibile di nomi dialettali di animali e di piante, ma le mancate attribuzioni sono numerose in quanto varie entità, che in italiano o in latino hanno uno o più nomi, nel territorio indagato sono prive degli esatti termini distintivi. Le denominazioni, come in tutte le piccole comunità rurali, infatti, erano ispirate a fondamenti pratici. Senza essere oggetto di particolari utilizzi o rappresentare potenziali pericoli, un determinato animale o una specifica pianta, di conseguenza, pur conosciuti genericamente, non assumevano mai un’importanaza tale da essere degni di un nome. Abbiamo consultato vari lavori, ma una grammatica codificata e unanimemente riconosciuta della lingua veneta abbiamo visto che non esiste. Di conseguenza ci siamo attenuti alle indicazioni più provate e talvolta, in mancanza di regole chiare, abbiamo usato alcuni espedienti già noti. All’interno delle parole la lettera J sostituisce sempre la G nelle combinazioni che in italiano corrispondono a GI e GLI e va letta come una G dolce appena accennata: fajo-faggio, paja-paglia. La lettera S va sempre letta sempre come S sibilante quando è raddoppiata (ma si legge come singola), quando si trova all’inizio di una parola e quando precede o segue una consonante. Quando, invece, si trova singolarmente tra due vocali va letta come S dolce. Davanti alle lettere P e B, la lettera M viene sempre sostituita dalla lettera N. I gruppi SCI e SCE vanno letti con un suono corrispondente a una S sibilante che precede CI e CE: sciaràre-diradare, mascio-maiale. Sono stati aboliti, a parte quelli della S (usati solo come espediente grafico per distinguere la S sibilante dalla S dolce), tutti i raddoppiamenti di consonante (consonanti geminate) in quanto a Regazzoni, nella pratica reale, il suono relativo alla duplicazione di consonante non viene emesso. La lettera L messa tra parentesi (l), va pronunciata come una specie di E, quasi in modo impercettibile (non abbiamo trovato soluzioni adeguate alternative a questo espediente per rendere l’esatta pronuncia della lettera L davanti alla U, alla O e alla A: pa(l)ù-palude, pa(l)o-palo, tò(l)a-tavolo. Pur non corrispondenti alla dizione locale, non trovando altre soluzioni soddisfacenti, abbiamo mantenuto i gruppi di lettere: QUA, QUE, anche in dialetto. Il gruppo QUA si pronuncia COA: “So qua (coà) drio”.-“Sono qui dietro”.; “ (L)’aqua (àcoa) boje”.-“L’acqua bolle”.; “Él quadèrno (coadèrno) xe sól banco”.-“Il quaderno è sopra il banco”. Il gruppo di lettere QUE si pronuncia COE, oppure CHE: “Gò queste (coéste) e quee (coée) e vuto tute dó”?- “Ho queste e quelle, le vuoi entrambe”?; “Varda che bèo che xe quel (chel) gato”!-“Guarda che bello che è quel gatto”!). Il gruppo QUI, di solito si legge come in italiano ma, in alcuni casi nei quali si intende dire QUII-quelli, nella pronuncia diventa CHII: “Xe sta quii (chii) (l)à, nó quisti”.-“Sono stati quelli, non questi”. Il suono corrispondente alla lettera Z, pur abitualmente emesso nella Bassa Padovana e in altre parti del Veneto, nella zona centro-orientale degli Euganei non viene proferito. Al suo posto nella zona di Regazzoni vengono sempre emessi suoni corrispondenti alla S sibilante (sonora) o alla S dolce. Di conseguenza, non trovando nelle “grammatiche” venete consultate unanimi indicazioni, all’inizio di una parola davanti alle vocali e all’interno, tra una consonante e una vocale, per esprimere la S dolce viene impiegata, come espediente grafico (ci perdonino i glottologi!) la lettera X: “Maria xé nda scò(l)a”.-“Maria è andata a scuola”.; “Semo drio xugàre “Stiamo giocando”.; ”Vèrxi la porta”.-“Apri la porta”. Per ciò che riguarda le preposizioni articolate, in vari casi, per rendere per iscritto il suono che ci sembra più consono alla parlata di Regazzoni (es: sulla, sui, sugli, sulle) non abbiamo trovato una soluzione migliore di quella di scomporle: “Gò messo i piàti só (l)a (sulla) tò(l)a.- “Ho messo i piatti sul tavolo.; “Gò messo i piàti só e (sulle) tòe”.-“Ho messo i piatti sui tavoli”.; “Me so ranpegà su i (sui) muri”.-“Mi sono arrampicato sui muri”. Infine, poiché l’accento tonico, soprattutto per chi non parla abitualmente in veneto, non sempre è di immediata intuizione e solo l’esperienza consente di capire su quale vocale cade l’accento se questo non viene apposto graficamente, in moltissime parole, anche quando non è rigorosamente necessario, viene apposto l’accento grafico. Di conseguenza per l’esatta la pronuncia occorre seguire quanto indicato dagli accenti grafici aperti o chiusi: “Jèro drio caminàre da só(l)a e se ga destacà na sò(l)a”.-“Stavo camminando da sola si è staccata una suola”.; “Gino có ‘l córe él riva senpre vanti de tuti. Che rassa de còre che ‘l ga”!-“Gino, quando corre, arriva sempre davanti a tutti. Che cuore che ha”!; “Vanti! Metìghe él còre”!-Avanti! Metteteci il cuore”!; “Córo, córo; salto ón fosso e vao finire sól còro”!-“Corro, corro; salto un fosso vado a finire sul limo”!; “Bachéteo”!-“Bastonalo”!; “Bachetèo”!-“Bastonatelo”!; “Tòi ón bachetèo”!- “Prendi un rametto”!; “Ciàpeo”!-Prendilo”!; “Ciapèo”!-“Prendetelo”!; “Védeo (édeo) ti quel vedèo e po’se ‘l va bén pòrteo al massèo e màsseo”!- “Guardalo tu quel vitello e poi se va bene portalo al macello e ammazzalo”!; “Porté él vedèo al massèo e dopo massèo (l)à!- “Portate il vitello al macello e dopo ammazzatelo là”!; “Gò portà bigòi tuto él dì e me xe vegnù na fame che gò magnà na piàdena intièra de bìgoi”!-“Ho portato bicolli tutto il giorno e mi è venuta una fame tale che ho mangiato un’intera terrina di bigoli (pasta all’uovo tradizionale veneta a forma di grosso spaghetto) ”.; “Nó ‘l sarà mia vèro quel pierón che slùsega sól tó anèo”? “Nò, Nò, dai! Nó tè idi che ‘l xe véro”!-“Non sarà mica vera quella grossa pietra che luccica sul tuo anello”?-“Nò Nò, dai! Non vedi che è vetro”! C’è infine da considerare, a favore della scelta di largheggiare con gli accenti grafici che, non sempre, in una stessa parola composta dalle medesime lettere, nelle varie località del Veneto gli accenti corrispondono; a Regazzoni, infatti, in molti termini, la stessa vocale che in molti paesi viene pronunciata chiusa, viene emessa aperta: óvo-uovo/òvo-uovo; óvi-uova/òvi-uova; tóre-prendere/tòre-prendere; fóra fuori/fòra-fuori.
Cèli e Jano
Particolarità dell’idioma di Regazzoni e dintorni
In vicinanza di una I, solitamente, a differenza di altre zone del Veneto, le vocali O e E della sillaba precedente si trasformano in modo tale che la E diventa I e la O diventa U., ad es.: toéimo(toglievamo) a Regazzoni diventa tuìimo, voéimo(volevamo) diventa vuìimo, coréimo (correvamo) diventa curìimo. Le parole che al singolare finiscono in ESE, ESSE o ESO, ESSO al plurale trasformano spesso la E in I: paése(paese)-paìsi, séese(aia latricata) -sìisi, léese (leccio)-lìisi, pésse(pesce)-pissi, (l)o gò mésso (l’ho messo)-i gò missi. Le parole che al singolare maschile finiscono in ETO, al plurale trasformano quasi sempre ETO in ITI: porseéto(maialino)-porseìti, gaéto(galletto)-gaìti); le parole che al singolare maschile terminano in ON, al plurale trasformano ON in UNI marón (marrone)-marùni, cordón (laccio)-cordùni, albión(amaranto)-albiùni. Le parole che al singolare terminano in ÓSO al plurale trasformano ÓSO in USI: spóso(sposo)-spusi, moróso(fidanzato)-morùsi, premóso(desideroso)-premùsi, go(l)óso(goloso)-go(l)ùsi. Quelle che finiscono in ÒSO, invece, trasformano il plurale in ÒSI tròso(sentiero)-tròsi, bòso(mogio)-bòsi. Mancano nelle parole di Regazzoni i gruppi di lettere: ELO-ELLO, ELLE, ELLI, EÉLA-ELLA, OLE-OLLE, OLI-OLLI, ALE-ALLE, ALI-ALLI. Quando le parole in cui sono inseriti, rispetto all’italiano, non cambiano la parte precedente o successiva, questi gruppi diventano rispettivamente: EO, EE, EI, EA, OE, OI, AE, AI: pelo-péo, martello-martèo, pelle-pèe, intelligente-inteijente, candela–candéa, padella-padèa, polenta-poénta, solito-sòito, alcolico-alcòico, calendario-caendàrio, cavalletto-cavaéto, gallina-gaìna. Le parole che al singolare maschile terminano in O(L)O, al plurale perdono la L e trasformano O(L)O in OI: bigò(l)o(bicollo)-bigòi, bìgo(l)o-bìgoi, cassò(l)o(mestolo)-cassòi; le parole che al singolare maschile terminano in A(L)O al plurale trasformano ALO in AI: squa(l)o (cavedano)-squai, ca(l)o(tralcio-callo)-cai. Le parole che al singolare femminile terminano in O(L)A, al plurale trasformano OLA in OE: mando(l)a(mandorla)-mandoe, bóndo(l)a (grosso salame)-bóndoe. Le parole che al singolare femminile terminano in A(L)A al plurale trasformano ALA in AE: sigà(l)a(cicala)-sigàe, cavà(l)a(cavalla)-cavàe. L’imperfetto dei verbi spesso viene pronunciato senza la V (normalmente pronunciata in altre parti del Veneto): “Giulio cantàa”.-”Giulio cantava”.; “Él me gato magnàa e séeghe”.-“Il mio gatto mangiava i passeri”.; “Noàntri tuéimo su solo boeàre”.-“Noi raccoglievamo solo funghi porcini”.; “Gino coréa pi forte de tuti”.-“Gino correva più velocemente di tutti”. Le parole che in italiano al singolare terminano in: ANE-ANO, ENE-ENO, INO, ONE, hanno le omologhe padovane solitamente mancanti della vocale finale: can(cane), man(mano), bén(bene), pién(pieno), panìn(panino), portón(portone). Il digramma CH davanti a una I seguita da vocale, all’inizio o a all’interno di una parola, solitamente non viene usato: ciòdo(chiodo), sècio(secchio), mucio(mucchio), macia(macchia), vècio(vecchio). Trova, invece, normale utilizzo nelle parole volte che terminano in CA e CO volte al plurale: paco-pachi(pacchi), tòco-tòchi(pezzi); taco-tachi(tacchi). Le parole che al singolare terminano in CIO, al plurale volgono CIO in CI: òcio(occhio)-oci, caìcio(zeppa)-caici; le parole che al singolare terminano in CIA al plurale volgono CIA in CE: bocia(ragazzino)-boce, recia(orecchio)-rece.
Averténse pa’ èsare
Vardè che dopo e conte, se nó si bòni capìre colcòssa, ghé xe na fia (l)ónga de paròe messe anca in taliàn. Cussìta pòe capìre mèjo ste dó ciàcoe anca chi che gnen da fòra. Perdonène se ghé xe dii sbàlii o dii acìnti missi mae. Ón pòco a(l)a òlta metèmo tuto a pòsto come che semo bòni. Se catè sbàlii disìneo; se ghi dii consìlii da darne, mèjo oncóra. Có (l)a gramàtica pultròpo se ghémo trabatà: come che ghemo scrito sóra in taliàn, ghémo sercà ma nó semo sta bòni catàre gnanca du ibri ché disésse e stesse ròbe. Pi de na parò(l)a scrita qua de sicùro, vién dal taliàn parché nó se ricòrdemo bén cóme che i vèci ciamàa a Regassón questa o quea ròba e gnanca quii (chii) che ga novanta ani che ghémo parlà insième se e ricorda tute (anca i uri dise come noàntri paròe nòve che na òlta nó ghé jèra) e nó ghémo pi in ménte tuti i modi de dire che i ghéa na òlta. De sicùro qualcùno jèra difarénte da quii dii paìsi che xe vissìn. Regassón xe Regassón e se parla difarénte da Batàja, da Mosséese o da Arquà. I numi po’, saémo, i cànbia da pòsto a pòsto e ón nóme, anca tanto conossìo, che vòe dire na ròba da na parte, spècie quando che se parla de animài o de piànte, pòe voèrghene dire una difarénte da n’antra. Saémo bén che pi de na parò(l)a nostra xe inbastardà cól taliàn. Tante paròe che dèsso usémo, na òlta la xénte nó e diséa e, da bòce, nó e ghémo mai sentìe dire. Po’ ón bel pòche de nòve e ghémo sentìe so(l)o quando che ghémo tacà ndare scò(l)a. Cussìta, sensa pensàghe ghémo tacà dirle come che e canbiàa ón pòco a(l)a òlta (l)a xente e sensa incòrsarsene continuémo a dirle come se e fusse nostre tanto che ón pòchi de numi che nissùni diséa na òlta a Regassón ne toca par fòrsa scrìvarli in taliàn sensa canbiàre gnente parché, se nò, ne toca fare tanti giri de paròe. Cóme se fa dire “geologo”, o “cartografo” có queo che se ga inparà dire da putèi a Regassón. Parlàre de robe siéntifiche e farse capire ben da ón forèsto có e paròe che ghémo inparà da putèi qua da noàntri xe quasi inpossìbie. A(l)óra capirì bén che qualche spiegassión ne ga tocà ón pochéto métala xo come mèjo ne paréa e questo anca parché de tante ròbe che ghémo dimanadà, i veciòti nó saéa dirne pròpio gnente. A noàntri, però, che i ghémo sentìi bén i vèci, e nó par pòco, ne pare che che i parlàsse (a parte e paròe nòve xontà e i giri paròe che ghémo messo qualche òlta) có ón mòdo bastànsa vissìn a cóme che xe scrito qua, ma saémo che i só pinsièri ghé ndaa drio a facénde tanto difarénte da e nostre de dèsso. Pa capire quanto che se ghémo inbastradà desso basta èsare do ciàcoe che ga fato Ana e Cèli na sèra: “Te ricòrdito che quando se ghémo conossìo a l’università te gò chiesto se te conossévi ón sco(l)aro de (l)a tó sco(l)a che se ciamàva Mauro e che ’l gaveva na fatorìa drio él canae”? “Xe òvio che me ricordo, él jèra uno tra i me alùni pi bravi e che ’l gaveva passión pa’ (l)a natura e ghe piaséa tanto i osèi. Me ricordo anca de só papà che jèra ón esperto de inèsti e casa él gavéa diesène de cultivar de rosacee da fruto. Da studente él tóso xe vegnù anca in escursión có mi”. “Sì proprio queo”. “Me ricordo come che fusse adèsso che na vòlta, sól Venda, él me ga domandà quae che jèra e caraterìstiche pi evidénti pa’ distinguere ón fajo da ón càrpino bianco. Ghé gò mostrà e sfumature de grigio déa cortécia del tronco, e gème pi a(l)ungà, (l)a làmina déa fòja ondu(l)à e i aménti pi curti e él se ga fato du canpióni de erbàrio ”. “Ben, stasèra él jèra in tratorìa có i só coèghi e él me ga domandà de ti. Adesso él fa l’ingenière informatico ma él continua a interessarse de ornito(l)ogìa e él xe drio preparare na publicassión sui rapàci notùrni”. “Però, él xe sta bón laureàrse in ingegnerìa lavorando i canpi! Nó xe sta sertaménte fàssie”. “Adesso só papà ga mo(l)à i canpi che i jèra tuti in afìto e là i ga fato ón quartière residensiàe”. “Adesso dove xe che ’l sta”? “Él xe nda stare vissìn Tesse sul Brenta dae parti dèa moglie e él me ga dito che quando che femo na escursión drio él Brenta da quee parti che (l)o avisémo. Me so fata dare (l)a só mail e (l)a gò xa inserìa néa mailing list”. “Me piasarìa proprio rivédarlo dopo disdòto ani”. Xa da sté dó monàde dite cól sòno intórno, prima de ndare in lèto, se capìsse che nó se pòe pi tornare indrìo. Ne basta rancuràre almànco colcosséta.
Gata, Jano
Regassón
Te si nato a Regassón e te ghè girà él mondo pa’catàre él jiardìn dée deìssie? Ma ndóe xéo? Ndóe sito nda? Te si qua désso. Vèrxi ón belcón, varda fòra e dime. Pròa girare pa’ (l)a strada che vién xó da sóra, có fiorìsse e saresàre e varda in xó él véo da sposa che coèrse i prà e dime quanto bianco che ’l xe. Ti, che nó te si gnancóra qua, invésse spèta. Dopo na vita de corsa, fèrmate ón fià, Regassón xe mèjo che te o idi intièro da istànte pa’ dopo gustarlo da vissìn. Métate insìma i mòtoi dii Montesèi e alsa i òci che te (l)o ghè drito pròpio davanti: na cornìsa tuta capétà, có drento ón incànto, che se destàca dal piàn, se slarga a arco e gira tuto intórno fin a strénsarse da nòvo a quasi saràrse. Ón tochéto de mondo par conto suo, có so(l)o ón buséto pa’ rivàrghe da(l)a canpàgna. Te vién vòja de spiociàre ón fià da rente vanti de ndarghe drento. Da(l)a strada che da Galxignàn va Batàja te (l)o ghè tacà, ma ’l xe oncóra sconto. Ma éco, pena passà él Mòto(l)o déa Scajàra: e caresà e i trami sóto (l)a strada xai de pissacàni, e mace de brécane verde tuto l’ano, e poje che xó(l)a alte e (l)a Fossa Calda che fuma in mèso e canèe. Te si xa vanti, te si casa romài. Te vè ia da nòvo. Passa i ani ma i òci nó desméntega. Quel falchéto che, quea òlta che te jèri putèo, come ón sitón, da(l)a Soìva xe sparìo drio él Sièva, da e tó deìssie e da ti, nó te assa scanpàre.
Celi
Él nome ReGassoN
Dii numi, Regassón o Regassùni (Regazzoni) nó ghémo ciàro in testa da ndóe che i vién. Ón vècio ga ito che Regassón él vién da(l)a parò(l)a reàsso, parché qua (l)a tèra xe dapartùto quasi tuta crèa e scarànto. Come se sa bén, ste tère qua nó fa passare l’aqua piovàna e cussìta, có piòve tanto, pòe reassàre tuto. Oncóra quando che jèrimo putèi noàntri, fin che nó i ga fato e canaéte de scò(l)o sóto tèra, ogni òlta che piovéa tanto, se edéa de quii (chii) reàssi che portàa xó anca e case. Pi de na òlta (l)a xente se ga catà có (l)a casa petà par tèra e ghé ga tocà ndare ia. Podarìa èssare pròpio cussìta che xe nato él nome. Sèto ti? Se, però, vardémo la carta de Orazio Morelli fata inte ’l 1882, vegnéa ciamà Regazzoni tuta (l)a xona che dal Piansìo, a partire dal Zògo va fin al Sièva e de sicuro (l)a Pèssagrande, che da(l)a sima dii munti fin xó Canòva, xe tuta pièra che se fica drita in piè so e Vae nó poéa reassare. Qualcun, invésse, dise che ‘l nome Regassùni vién da ragassùni che sarìa come dire: tósi barufànti o xente barufànte, parché na òlta (l)a xòna, essendo na busa sarà in mèso ai munti, quasi sensa strade pa rivàrghe, ghéa (l)a xente che ghé staa mèsa salvèga che nó voéa vère gnénte a che fare có i altri da fòra. Pare parfìn che e fémene ghésse, par fòrsa da maridàrse só(l)o có i òmani che staa (l)à. Ghémo sentìo dire che na òlta ón tóso da istànte voéa fare (l)’amóre có na tósa da Regassón. Ben! Él sé ga catà e rue déa bicecléta tajà e él teàro ismerdà. Da quea òlta nó i (l)o ga pi isto. (L)a storia che i ne ga contà, podarìa èssare anca vèra e él nome vegnère da ragassùni e xe anca sicuro che, almanco fin a l’inìssio del seco(l)o passà, come che ga indicà Senofonte Squinabol, sia só e Vae de Sóto, sia só e Vae de Sóra (che na òlta prima che i fasésse l’àrsare ndóe che córe (l)a strada che va ae Grataròe e Bataja, jèra tuta una) ghe jèra aqua tuto l’ano e, tra él Simiseo e él Porto, na pa(l)ù vèra, tanto che pa’ ndare Batàja ocoréa ndare in barca pa’ l Canaéto: questo (l)o so bén parché él barcàro jèra él xio de me pare. Só e vae nostre l’aqua partìa da sóto (l)a Scajàra, rivàa fin metà Vae e quasi tocàa la stradéa sóto él Spinefràsse. Stó iso(l)amento podarìa anca èssarghe sta ma che ’l gàbia a che fare cól nome Regazzóni xe tuto da édare. I jèra salvèghi tuti i Còi na òlta. Bisogna ndare indrìo par forsa cól tempo e édare se ghé xe carte scrite che dise colcòssa.
Gata
Putéi, òmani e fémene a Regassón na òlta
A Regassón Alta ndare in màchina na òlta jèra inpossìbie. I ga vèrto (l)a strada parché passàsse e màchine inte ‘l ’56. Prima ghé jèra pòco pi de ón tròso e có te rivài al Caltofóndo, (l)a xòna de Toréja che da Regassón de Galxignàn va xo fin ai Pa(l)ù [che sarìa (l)a xòna xo dai munti tra Toréja e San Pièro (Montegròto)], nó te puìi passàre gnanca in bicecléta. De invèrno i putèi (l)à se faséa (l)a issegarò(l)a. I ndaa xo có e isse e anca có e scae. I batéa bén (l)a nève có i piè e có i ghéa finìo i partìa da insìma e i rivàa fin basso. (L)a xente che passàa caminàa in parte, ndóe che (l)a nève nó jèra batùa, pa’ nó sbrissàre e rabaltàrse. Dée òlte càpitàa che qualcùn sbrissàa, cussìta él sé inrabiàa e ghé sberegàa drio ai putèi che jèra (l)à, ma ricordàndosse che anca éo da bòcia ndaa (l)à a issegàre, se (l)a metéa ia e tiràa vanti. Gò da dire che mi faséo senpre parte déa banda de quii che batéa la nève; me piaséa cussìta tanto issegàre che dée òlte rivào casa cól scuro e me mama se inrabiàa. Pultròpo (l)a me issa no (l)a jèra quea che issegàa mèjo e pi de na òlta davànti a mi i rivàa xo in tanti. E isse jèra sensa stèrso e bisognàa destiràrse sóra co (l)a pansa in xo e stersàre có e pónte dii piè. Ogni tanto qualcùno rivàa só (l)a curva de metà dissésa massa fòrte e ndàa a finìre in mèso ai maciùni (me pare, da bòcia, issegàndo xe ga macà e còste e i ga doésto operàrlo). Par fortùna de chi che ghéa da ndare vèrso Toréja, (l)a nève duràa 15-20 dì e dòpo finìa tuto. Dèsso (l)a strada de Regassón e del Caltofóndo xe sfaltà e anca se (l)a xe stréta se passa có e màchine. Él mónte intórno dèsso te (l)o vidi pién de àlbari ma dòpo (l)a Goèra jèra tuto peà. (L)a xente par scaldàrse e par portàre e légne al marcà ghéa cavà anca e tàpare. Me ga contà me xio che sóra él Caltofóndo pa’ ndare al Monte Xògo, in tempo de goèra ghé jéra anca quii (chii) che ndaa a érba ìpia (Chrysopogon gryllus). Quando che i ghé ne ghéa rancurà ón bèl masso i ndaa al marcà a véndarla. Jèra ón mòdo anca queo par cavàrse (l)a fame (ma parlàndo pròpio de fame: có (l)a misèria che ghé jèra, pa’ e strade te capitàa parfìn de édare qualcuno che rancuràa e boàsse e se e portàa casa par fare loàme). Na òlta i bruschìti pa’ lavàre e strasse i jèra fati so(l)o có e raìse de èrba ìpia. Che bèe e raìse de èrba ìpia; te pòi ingropàrle fisse e desgropàrle sensa che e se rónpa! I bruschìti da ìpia, che i duràa pa’ ani e ani fin che e raìse se consumàa dal tuto, dèsso, nó ti i cati quasi pi. I bruschìti da lavàre e strasse, dèsso i fa tuti de pràstica e i se rónpe sùbito, cussìta dopo na sciànta te i buti ia. Me gnen in mente i bruschìti che faséa Insàndro Boca da Musso, ón òmo che staa tacà mi: i jèra mèjo de quii che te cronpài al marcà. Me ricòrdo oncóra che ghé domandào a Insàndro: “Dóve xe che se cata (l)a èrba ìpia”? Él me rispondèa cussìta: “Su pa ‘l monte”. Bèa fòrsa! Càtea ti (l)a ìpia, dopo na rispòsta cussìta! Dèsso so che (l)a èrba ìpia ghé xe ón pòco dapartùto su pa’ i munti, só e sciaresàne ndóe che xe vèrto e che bate él sóe, ma da bòcia nó gò mai capìo che èrba che (l)a jèra e ndóe che te puìi catàrla. Ma tornémo ai putèi. Pa’ noàntri putèi él Caltofóndo jèra ón spetàco(l)o. Ndaséimo (ndàimo) catàre e canpanèe ricamà (Leucojum vernum) pa’ métale insìma a(l)a tò(l)a in cusìna o par portàrghee a(l)a maèstra o a e mùneghe a l’asìo. Magnàimo i fiùri dii gaìti (Erythronium dens-canis), i buti e i stropacùi dée ròse mate (de sòito: Rosa canina, Rosa corymbifera, Rosa agrestis, Rosa arvensis) e i buti e e mòre dée russe (Rubus ulmifolius, Rubus hirtus, Rubus sect. Discolores, Rubus sect. Radulae, Rubus canescens) e i buti e e fòje de l’èrba dólse (Rumex acetosa, Rumex acetosella subsp. acetosella). Qualche òlta provàimo a magnàre i bronbiòi (Prunus spinosa) in agósto, parché i ne paréa fati, ma i te ligàa (l)a bóca pèso del tòrsego e te capìi che bisognàa spetàre novénbre. (L)o stésso vaéa pa’ i nèspui (Mespilus germanica), pa’ e còrnoe (Cornus mas) o pa’ e sòrbe (Sorbus domestica). Proàre magnàrli prima che i deventàsse mòi jèra na tentassión e almànco na òlta te ghé ne metìi in boca uno pa’ spuàrlo sùbito fòra. Ogni ano, però, te proài da nòvo, senpre faséndo (l)a stessa fine. Có jèrimo xo dai munti só e Vae o ai Pa(l)ù mastegàimo (l)a ucamàra (Solanum dulcamara). (L)a ucamàra co’ te (l)a mastegài jèra amàra, ma quando che te (l)a spuài te assàa ón gusto dólse só (l)a éngoa che restàa pa’ ón bel tòco. I pi grandi ghé insegnàa a mastegàrla ai pi pìcoi e nó ghé jèra putèo che nó ghésse imparà a mastegàre (l)a ucamàra. Mi gò inparà a mastegàrla có fasèo (l)a prima. Me ga insegnà uno che fasèa la quinta e él ghéa trèdese ani; na òlta a e scòe comunài (leggi: scuola primaria statale) i te bociàa anca tre, quatro òlte. Pa ‘l Caltofóndo ghé ndavo senpre, parché me mama ndàa pròpio (l)à a catàre e légne. Có ndàimo (l)à a légne, mi e me mama rancuràimo só(l)o legne seche. Me mama me diséa quae che jèra e mèjo légne da brusàre: él càrpane (de sòito: Ostrya carpinifolia, ma anca Carpinus betulus), e brècane (Erica arborea), e sgólmare (Arbutus unedo), e rubìne (Robinia pseudacacia), i róare (Quercus pubescens, Quercus dalechampii, Quercus petraea, Quercus robur) e i léese (Quercus ilex). Cussìta mi gò inparà a rancuràrle da só(l)o. Noàntri ghìimo ón tochéto de mónte nòstro e nó ne bastàa e lègne par tuto (l)’ano e cussìta me mama ghé tocàa ndare pa ‘l mónte. Se i (l)a catàa che (l)a tajàa e rame vérde (l)a ciapàa na denùncia e ghé tocàa pagàre (l)a multa. In otóbre pa ‘l Caltofóndo xe ndaséa anca a rancuràre e fòje seche dée castagnàre (Castanea sativa) par farghe él lèto a e vache. Noàntri ghé ne ghìimo una so(l)a vaca, ansi ón vedèo. Cóme che go dito, xo dal Caltofóndo che jèra i Pa(l)ù. Ai Pa(l)ù, sensa che e mame (l)o saésse, noàntri putèi nadàimo noàre so e vasche che i ghéa scavà par tòre (l)a tèra crèa pa’ e fornàse, ndoe che i faséa quarèi e cópi. A e mame ghé disìimo che ndàino so(l)o a pescàre. Có jèrimo (l)à se cavàimo e mudànde e moàimo nudi parchè se nò e mudànde se onxéa de crèa e anca se te e rasentài e restàa xae e cussìta e mame se incorxéa che jèrimo nda noàre. Me ricòrdo che él parón déa fornàsa jèra Meneghìni, queo che ga maridà (l)a Maria Callas, (l)a cantànte lìrica che ga cantà a Veróna a (l)’Arèna. Quando che jèrimo stufi de noàre se faséimo ón salvagénte de sparse (sparse jèra on nome che noàntri putèi doparàimo par parlàre de ón pòche de piante che nasse in aqua (in te quel caso de sicùro e jèra ste dó: Schoenoplectus lacustris e Typha latifolia) e se destiràimo par sóra pa’ rapossàrse). Ndàimo anca a pescàre sul sèrio e ciapàimo pessegàti (Ictaliurus melas), girassói (Lepomis gibbosus) e, se jèrimo fortunà, qualche tencoìna (Tinca tinca). Dée vòlte se ndàa drénto i fòssi cól tamìso e se ciapàa él pésse nòno (Gambusia holbrochii), e scardoéte (par noàltri putèi i pessìti picenìni jèra tute scàrdoe: Alburnus alburnus alborella, Scardinius erythrophthalmus, Rutilus aula, ecc. ….) e qualche lusséto (Esox lucius). Se faséimo e cane da pésca có na canevèra (Arundo donax) o cól panbùco (pòl darsi che ‘l fusse: Phyllostachys aurea; almànco dèsso él xe questo él panbùco che se cata de pi ). Él surlo se (l)o faséino có i stròpoi dée butìlie inbutilià e él piónbo có i pionbéti dii sa(l)àdi del casoìn ó dée mortandèe. Queo che faxéimo come xugo tante òlte, jèra de tiràrse e pìroe de carta có na piva fata cól peón vòdo de na èrba che nassèa drio i fòssi (Angelica sylvestris subsp. sylvestris ) ma nó saìimo che nóme che (l)a ghéa. Dèsso so che questa nó (l)a ghéa nessùn nóme a Regassón, parché pa’ (l)a xente (l)a jèra bòna sólo par fare xugàre i putèi. A Regassón come in tante altre parte qua vissìn, ghéa ón nóme sólo e piànte che se saèa che e jèra bòne pa’ colcòssa. So rivà grando par capìre che l’erba che nó conosséo jèra na pianta inportànte, che (l)a jèra bona pa’ (l)a digestión, pa’ curare la tórse e el gatàro e che foje jèra bòne da magnàre. Ghé jèra anca n’antra èrba che voèo saère cóme che (l)a se ciamàa. Sta qua, drio i tròxi e pa ‘l monte, nassìa dapartùto e (l)a spanìa in istà. A mi (l)a me parea na gramégna granda granda, ma nó (l)a ghéa nessùn nóme, via che gramegnóna, tanto pa’ dire ón nome e né me pare e né Insàndro me ga mai ito cóme che (l)a se ciamàa davèro. Tanto pa’ i uri e (l)a jèra bòna só(l)o come stecadìnti. Anca pa’ quea so rivà grando pa’ capìre qua(l)o che jèra él só nóme: Molinia caerulea subsp. arundinacea. De invèrno me opà sól Caltofóndo me portàa al casòto pa’ copàre i osèi ma mi nó me piaséa trare e nó gò mai voésto ciapàre él sciòpo in man. Mi, i osèi, me piaséa édarli xo(l)àre e sentìrli cantàre. Sicuro! Me faséa pecà copàrli, ma nó peàrli e magnàrli; ansi magnàre poénta e osèi jèra cóme fare fèsta, spècie se i jèra mèrli (Turdus merula ), turdi da ua (Labrus turdus), turdi sisiìni (Turdus philomelos) o garxanèe (Turdus pilaris), ma jèra bòni anca i finchi (Fringilla coelebs) e e séeghe (Passer domesticus e Passer montanus ). Me pare copàa tanti altri osèi e sarìa (l)óngo scrìvare él nóme de tuti. Me ricòrdo na òlta che ai Pa(l)ù sól Rio Spinóso se ga ca(l)à ón sciàpo de arne salvèghe (Anas platyrhinchos), fin che jèro drio pescàre; gò fato su e cane de córsa e so córso casa a dìrgheo a me pare. Me pare ga tòlto su él sciòpo e xe córso ai Pa(l)ù. E arne jèra oncóra (l)à e él ghé ne ga copà dó. A casa ghémo fato festa. Nó so mai nda a finchi có (l)a paéta e él ciàro a carbùro, ma me pare me contàa che éo da putèo ghé ndaa e ghé ne copàa ón mùcio. Senpre parlàndo de osèi, me ricòrdo na òlta che jèro insìma al mónte dòpo (l)a Ca(l)à de Mòrte inte ‘l tròso che va dal Caltofóndo a e Oltàde de (l)a Sièsa. Gò isto passàre ón falchéto (Falcus tinnunculus) sóra (l)a tèsta e gò fato péna in tenpo vardàrlo ón pòco che ‘l jèra xa rivà sól Casteón de (l)à de Regassón; quea imàgine (l)à, (l)a gò oncóra in tèsta. Sól falchéto me pare me ga contà na barxeéta che me ga piàsso tanto. Sóra él mónte de Mòrte ón falchéto che dise a na soéta (Athene noctua): “ Varda! Sól Canàl Grande, a Venèssia, ón gabiàn (Chroicocephalus ridibundus) ga pèrso na péna e (l)a pena xe cascà in aqua”. Ghé rispónde (l)a soéta: “Te ghè rasón, gò sentio él rumóre che (l)a ga fato quando che (l)a ga tocà l’aqua”. Ghé jèra osèi dapartùto a Regassón; ti i sentìi cantàre e te vegnéa vòja de fare él só vèrso. Có jèra otóbre te vedìi xolàre e póje (Buteo buteo) sóra (l)a sima del Sièva o del Simisèo, quasi sensa bàtare e ae e te paréa inpossìbie che nó e petàsse xo (oh! e poje xo(l)a anca dèsso sóra él Sièva). A sète-òto ani i putèi conosséa ón pòche dée erbe bòne da magnàre che catàa e mame pa’ i canpi déa busa de Regassón, fin in sima a Altùri. Dopo èssare nda qualche òlta a èrbe có e mame i ndava catàrle da sói e nó i se sbaliàa. Mi conosséo i rujòti (Crepis vesicaria subsp. taraxacifoilia), i ranpùssoi (Campanula rapunculus), i artesòi (Soncus oleraceus e Sonchus asper subsp. asper), i pissacàni (Taraxacum sect ruderalia ), él radìcio mato (Cichorium intybus subsp. intybus), i sparpanàssi (Arctium minus), e réce de lièvore o recioìne (Silene latifolia subsp. alba) e e castagnòe (Oenanthe pimpinelloides). Me ricòrdo anca che drento i fòssi in mèso ai canpi ghé jèra ón sèino mato che e mame diséa che él jèra veenóso. E mame ghéa rasón, difàti él jèra ón petabróse (Ranunculu repens), na piànta có e fòje che parèa quee del sèino (Apium graveolens). Par catàre él sèino fòra dii órti dèsso saémo che bisògna che te vai drio (l)a Lagùna tacà Ciòsa; altro che sèino! Par fortùna che nó (l)o gò mai magnà. A propòsito de petabróse, me xio se ga fato curàre (l)a siàtica có inpàchi de petabróse el ga ito che el’ xe guarìo. Che sia vèro? Mah. Regassón, sól Caltofóndo e só e Criveàre ghé ne xe pi de uno difarénte, de patabróse, ma nissùn, da noàntri, ga ón nóme suo. Queo che te catài fiorìo dapartùto a l’inìssio de (l)a stajión bòna e che e mame te diséa de nó tocàrlo mai, jèra uno che in taliàn se ciàma “ranuncolo bulboso” (Ranunculus bulbosus s.l.). I altri petabróse che te catài jèra sti qua: Ranunculus acris subsp. acris che nasse int’ i pra có l’erba fresca, Ranunculus arvensis che nasse int’ i canpi de forménto, Ranuculus lanuginosus e Ranunculus nemorosus che i nasse drio i tròsi in mèso ai buschi de càrpane e castagnàre e du che i nasse sól fango, drio i fòssi: Ranunculus repens e Ranunculus sceleratus. Parché tuta sta menàda? Parché na òlta có ghéo oto ani gò tocà dii petabróse, e nó so quai, e me xe restà e mace só (l)a pèe par misi e mi cussìta credéo de vère na infessión. Ón ricòrdo partico(l)àre che gò, xe queo de quando che ndàimo sól Menaùro a tòre él sabión pa’ fregàre e pignàte. Stó sabión vegnèa fòra gratàndo(l)o có ón sculièro da na pièra che se sfrantumàa da so(l)a (tufo riolitico o breccia ). E pignàte e e téce de a(l)umìnio meténdoe sóra i sèrci déa stua e se infumegàa e bisognàa fregàrle ogni òlta, cussita a noàntri putèi ne tocàa ndare tòre él sabión. A mi me piaséa cusssita tanto scavàre e nó vedéo óra ché i me mandàsse. Ndàimo só (l)a Soìva (che sarìa él mónte sóra él Caltofóndo che dèsso vién ciamà Monte Alto), sól Menaùro e só e Criveàre (che saria (l)a xòna al confìn tra Toréja e San Pièro, él paése che dèsso vién ciamà Montegròto), sól Monte Breca(l)ón (che desso i (l)o ciàma, anca queo, Monte Alto). No se capìsse parché i quii (chii) che fa e mape dii paisi (cartografi) che vegnéa da fòra, anca al Sièva, él monte pi alto déa xòna, che xe (l)à vissìn i ghé ga canbià él nome e dèsso i padoàni e tuti quii che nó xe da qua i (l)o ciama Céva, come che xe scrito só e carte. Che ‘l nome Sieva sia queo vèro (l)o dise él nome “sievite”, él nome che i “geologi” ghé ga messo na òlta a(l)a pièra nèra che forma él Sièva e che dèsso vién ciamà latite (parché (l)a sievìte nó xe altro che latìte). Sól Mónte Trevisàn se ndaa a catàre e joèe pa’ farse i frendìgoi. E rame mèjo da catare jèra quee del fràssane (Fraxinus ornus) parchè só (l)a pónta (l)a stó qua se dividéa in dó e i buti jèra senpre ón fià vèrti in tondo e nó ocoréa sagomàrli. Te toìi (l)a fòrfe da cai, te tajài (l)a raméta assàndo él mànego bèo longo pa’ nó sbaliàre (l)a misùra del tó pugno e i bèchi al punto ndoe che i jèra longhi giùsti e bastànsa forti pa’ tacàre i àstichi. Se i bèchi jèra massa larghi te i strenxìi có ón àstico o có ón tòco dé spago fin che te paréa che i ndasse bén. Dòpo ón pòco de tenpo te peài (l)a scòrsa, te scotài bén (l)a joèa sól fògo pa’ farla deentàre dura e dòpo te (l)a tajài có e misùre giùste. I àstichi, i se faséa co (l)a para dée pàcare, che a mi e a me cujìn me (l)a portàa casa me xia da(l)a fornàsa de Meneghìni ndoe che (l)a laoràa. Te poéi fare i àstichi anca o có (l)a camerdària dée bicecléte, ma có quii de para te tirài distànte él dùpio de quii fati de camerdària de bicecléta. Qualcuno i fasea co (l)a camerdària dee mòto ma i jèra massa duri da tiràre . (L)a rògna pi granda pa’ i pi pìcoi come mi jèra tegnère fòrte (l)a fòrfe par tajàre (l)a para, che (l)a jèra bèa dura, e bisognàa tajàrla drita sensa bèchi. Cussìta, pa’ nó sassinàre tuto, se faséimo jutàre dai pi grandi o da(l)a mama. Él fòdaro pa’ i sassi (l)o fasìimo có e lengoéte dée scarpe vèce. I àstichi i tacàimo ai màneghi déa joèa có astichìti fati de camerdària de bicecléta tajà a fetìne strete. Nissùni jèra bón de copàre i osèi cól frendìgo(l)o e noàntri putèi se contentàimo de tiràrghe ai bandùni vèci o fare e gare a chi tiràa pi istànte. I pi brai jèra bòni, tiràndo él sasso, de ciapàre e canpàne del canpanìe de Galxignàn e farle sonàre, ma jèra ón caso. Qualcuno pi furbo ghé tiràa a e gaìne o a e anpadìne dii lanpiùni drio e strade. Me ricordo uno de Canòva che ga róto na anpadina drio la cèsa e él capeàn ghé ga tirà e réce. Sól Menaùro e sól Caltofóndo xe ndàa anca a buìji. I jèra pòsti ndoe che se catàa tanti còchi russi (Amanita caeserea) e tante boeàre (Boletus aereus), dó buiji che dèsso se cata pòco. Ghé jèra xénte che quando che jèra (l)a stajión se ciapàa da vìvare vendéndo còchi e boeàre in Piassa dée Erbe a Pàdoa. Ndava a buiji anca i putéi e i catàa anca quii mati. Có i ndava casa só opà scartàa quii mati e tegnèa quii boni. Cussìta se inparàa a conóssere i buiji. (L)a xente de Regassón conosséa so(l)o i còchi russi e boeàre e sbrise de pòvo(l)a (Agrocybe aegerita) e i capeuni (Macrolepiota procera). I ciodìni de robìna (Armillaria mellea) e quii de róare (Armillaria tabescens) i gà tacà magnàrli có jèro xa grandéto. Quii dé róare vegnéa (e i vién anca dèsso) fòra presto, anca in agósto se piovèa bén, ma come che savémo, da noàntri de istà piòve pòco e pa’ él monte de sòito in agósto xe tuto seco. A propòsito de seco, gò da dire che Regassón xe senpre sta na tèra seca (e (l)a xe anca dèsso na tèra seca. Dato che Regassón, fin Altùri, xe fato quasi tuto de scarànto (marne euganee), de tèra crèa e de scaja (scaglia rossa), có piòve l’aqua sbrissa ia xo pa’ i calti, nó (l)a va mai sóto tèra e cussìta nó te cati mai e véne. Pa’ catàre e véne o qualche fontanèa bisògna che te vai sóto él monte prima che scomìssia él scarànto o (l)a scaja. A(l)ora, par questo, (l)a roba pèso pa’ (l)a xente de Regassón jèra ndare tòre l’aqua de istà. Insìma a Regassón Alta de Galxignàn i pussi che vegnéa scavà, e fontàne e e fontanèe, in agósto, quasi senpre se secàa e bisognàa ndare tòre l’aqua, có dó sece e él bigò(l)o, fin al piàn. Có te rivài casa te ne ghii spanto mèsa sécia par una, ma l’aqua ghéa bastàrte tuto él dì, par fare da magnàre, par béare e anca par lavàrte (pòco o gnanca). Nissùni gavéa l’aqua in casa e (tanto manco él cèsso) e anca se, passà l’istà, (l)a jèra pi vissìn te tocàa, comùnque, ndarla tòre al pósso tuti i dì. Me cónta me pare che él portàa e vache a béare xó ai Pa(l)ù e queste quando che e rivàa sóra él Caltofóndo, e ghéa sén da nòvo e cussìta ghé tocàa stare sensa béare fin al dì dòpo. Bèn insùma! A Regassón de Toréja e de Galxignàn él pósso che ga permésso de vère l’aqua da béare vissìn casa, anca in lùlio e a l’inìssio de agósto o par tuto l’istà se piovéa bastànsa, xe sta scavà péna dòpo (l)a Goèra (pensa prima) e l’aquedóto xe riva inte ‘l ’69. Cussìta se vivèa a Regassón Alta có jèro putèo.
Cèli
storie de bòna xénte, salvèga e barufànte
E faméje e i putèi de Regassón, Altùri, Canòva e Vòlti
A Regassón e inte e xòne tacà ghé jèra tante fameje cól stesso cognóme; a(l)óra dimandàghe a uno, pa’ cognóme, ndoe che staa o chi che jèra questo o queo, jèra come nó dire gnente. Par questo ogni faméja ghéa ón soranóme e cussìta tuti saéa dire de chi che te parlài. Come fasìito èssare sicuro de nó sbaliàre có te vuìi sercàre o parlare de uno. Te ghii par fòrsa conóssare él soranóme. Ón cognóme de tanta xente jèra (e xe oncóra) Masin. A(l)óra ghé jèra i Sóca-Nicò(l)a-Bruji e i Brójo (Nó saémo quando che i Sóca-Nicòla-Bruji e i Brójo jèra na faméja so(l)a. Pare che ghé sia sta na casa ndoe che i staa tuti insième e che la (l)a sia petà xó sento e sinquanta ani fa e i Brojo sia deentà n’antra famèja ma sensa mai deventare i Bruji; ogni uno jèra Brójo e basta). Có se parlàa dii Brujnnb vi se parlàa senpre dii Sóca-Nicola-Bruji; dèsso pultròpo i fiòi i vién ciamà so(l)o Masìn e me despiàse tanto che i Bruji nó ghé sia pi. I quatro fradèi jèra conossìi come bòni tusi ma anca come i pi barufànti de tuta la xòna. Jano, só nòno, ndaa ia senpre có (l)a rancuìna picà drio (l)a schina e nó ‘l ghéa paura de nissùni. Altri Masin jèra i Ò(l)a, i Petéci, i Ama e i Bajòchi. Ón pochetìn tute e faméje jèra ciamà par soranóme: i Trinca (Boaretto), i Bùscari (Baldo), i Ranco(l)àti (Roncolato), i Benatèi (Toniolo), i Caretèi (Toniolo), i Tòcia (Pedrotta), i Pòce (Prendato), i Cadèmia (Carraro), i Salvèghi (Biaco), i Gaje (Bertazzo), i Morte (Martin), i Gèlmi (Baldo), i Jóssa (Boaretto), i Checùni (Marchioro), i Scaldanèa (Marchesan), i Ciarìti (Mario), i Santóne (Salmaso), i Ba(l)ànte (Celladin), i Simùni (Milani), i Castégna (Tramontan), i Cantarèi (Selmin), i Dòri (Pressato), i Barossìn (Celladin), i Pioxài (Selmin), i Tòti (Orietti), i Ciòpe (Orietti), i Maciùni (Martin), i Rugoìti (Dario), i Rujèri (Dario), i Santoàna (Francescon), i Casùni (Boaretto), i Pòri (Celladin), i Brochèa, i Biòto, I Frapièri, I Forestani, I Biùndi, I Jòscane, i Pignatèo, i Marùni, i Mèrica, i Sachéto, i Bada (Carraro) e i Nerbi (Magón). I Ciòpe e i Tòti e jèra faeje che vegnèa tute dó da ón pare rivà dal lògo e i Benatèi, i Caretèi e i Ciariti rivàa da fòra; epùre nissùni i conossèa pa’ Orietti, pa’ Toniolo o pa’ Mario. Come che se ede nó ocoréa che te stassi (l)à sento ani, ma bastàa qualche ano e xa te jèri a pòsto; cól soranóme te jèri uno de (l)óri. Tanti jèra anca i soranùmi che i ghé metéa ai òmani (e qualche òlta anca a e fémene). Ón pòchi i ne gnen oncóra in mente: Cagna Mòra (anca queo vegnù dal lògo), Pèe, (L)a Baèa Morte, Jasche Rujèro, Bóca da Fògo, él Tachéto Morte, Marénda (L)ónga, Él Mudilión, Él Civràn, Él Vecio Ba(l)ànte, Barseóna, (L)a Farantóna, Él Lupo, Él Soprèsso, Él Manùbrio, Nassi Bajòco, Él sòto, Pio Gaje, Él Barbajàne Casón, (L)a Madòna Dessaìa, Él Bajoèta Casón e Él Còcare déa Nerbi. Ben! De quisti mi saèo él nome vèro so(l)o de quii che staa rente casa mia e gnanca me opà, che pì de uno (l)o conossèa fin da quando che i jèra picenìni, saéa él nome vèro de tuti. E faméje ciamà par cognome e jèra, pa’ farla (fala) granda, quatro o sìnque. Insùma tuti se conossìa e i putèi, quando che i passàa davanti na casa, i ghéa senpre da sa(l)udàre tuti. Quando che ón bocéta rivàa só na casa e nó i saéa bén de chi che ‘l fusse fiò(l)o i ghé dimandàa: “De chi sito ti caro”? Él bòcia ghé disèa él soranòme déa faméja e él nome de só pare e cussìta se ghé capitàa colcòssa i saèa subito da chi ndare. I putèi, davèro, jèra come che i fusse fiòi de tuti e i poéa ndare dapartùto come che i fusse tendùi. Capitàa che bocéte de cinque o siè ani faséa quatro chiòmetri pa’ i tròsi in mèso al monte par portàrghe da magnàre a só pare che laoràa in priàra opùre i ndaa scò(l)a a piè traèrso canpi saltando i fossi, parché nissùni i menàa. (L)a strada ghé (l)a insegnàa i pi grandìti e dopo dó o tre òlte i (l)a inparàa da sói. (L)o mandarìssimo dèsso ón picó(l)o de siè ani ia pa’ e strade e pa’ i tròsi, distante da casa, da só(l)o?
Celi
Maghi e strighe de Regassón
Ón òmo che i diséa che jèra mago e che jèra tanto conossìo a Regazzón, jèra Fràsio. Mi (l)o gò isto da putèo so(l)o có ‘l jèra vècio e me (l)o ricordo apéna, ma chi che (l)o conosséa bén come me xii e me pare diséa che ‘l jèra ón mago grando. (L)a storia che mé ga contà me pare xe sta qua. Fràsio ga tacà èsare e robe da maghi quando che ‘l xe sta prisonièro in Goèra. Drento (l)a presón él ga catà ón ibréto scrito da n’antro mago e có queo, eséndo(l)o, xe deentà espèrto de magie. Ón dì vegnèa xo na piòva a sece roèrse e ghé jèra ón tenporàe che tonàa come na mina. Gijo, uno che staa rente Fràsio, xe nda su pa’ e Basse sóto él Monte Simisèo! E còssa capita? Nó ‘l vede Fràsio in mèso a ón spagnàro tuto suto e tuto tórno de éo gnanca na jóssa de piòva. Él jèra sta bón de fermàre (l)a piòva. Ròbe gnanca mai iste al mondo! Gijo xe scanpà de córsa e a(l)a sèra ghé ga contà él fato ai òmani in ostarìa. Da quea òlta la xente có vedèa Fràsio ghéa senpre paura de stare inmagà. Fràsio, però, él jèra ón bón òmo e nó ‘l ghé faséa mai del mae a nissùni, ansi. Però, quando che te (l)ó edìi ón pòca de scagarèa te vegnéa istésso. I dise che oncóra prima de fermare la piova él ghésse scumissià parlare có i morti e che sia da quea òlta che ‘l gà tacà parlare có i morti che ‘l sia deentà mago. I conta che sóra él Caltofóndo sól tròso alto che porta a(l)a Carèga del Damònio (na pièra che ghé xe anca dèsso) e al Xogo, na sèra, fin che jèra drio deentàre scuro, él ga sentìo na óse, come da istànte che (l)ó ciamàa: “Fràsio! Fràsio! Fràsio”! Scólta e scólta, ma sta óse nó jèra de nissùni de (l)a xente là torno, né dii Ò(l)a, né dii Tòti, né dii Cantarèi. Scólta da nòvo e dopo ón fià él sente oncóra sta óse: “Fràsio! Fràsio! Fràsio! So mi!” A(l)òra él ga capìo chi che jèra che (l)o ciamaa! (L)a jèra la óse de só sànto(l)o Jano Brojo, uguàe a quea de quando che (l)ó ciamàa có ‘l jèra tosèto. Jano, però, él jèra morto tanti ani prima. Cussìta Frasio, spaentà a morte dal fato, xe nda contàgheo a(l)a xente torno casa e tuti ga saèsto còssa che ‘l jèra bón fare. (L)a Vitòria, una che staa in corte de O(l)a pròpio ndóe che taca él Caltofondo, ga dito che pi de nà òlta, quando che jèra drio vegnère scuro, (l)o ga isto introsàrse su pa ‘l monte. Còssa ndaséeo fare, se nó parlare có i vèci morti? I conta che fusse ón mago anca él vècio Bada, ón òmo bón che mai, ma pare che no ‘l ghésse caro che la xente lo saésse e él staa senpre par conto suo, cussìta nissùn jèra sicuro che ‘l fusse ón mago vèro o invésse nò. Strighe, i diséa che a Regassón ghé ne fusse almànco quatro, ma de strigarìe vère de tre de (l)ore nissùni xe mai sta bón de contàre gnente. Mi gò credésto a e strighe fin quindèse ani e tuti a quel tenpo a Regassón ghé credèa, tanto che ai putèi i ghé insegnàa a mètare i dii in cróse quando che i passàa davanti a na casa de na striga. Tuti disèa che (l)a fusse davèro na striga la vècia Palmina. (L)a Pina, na fémena che ghé staa rente, na òlta (l)a ga catà (l)a porta de (l)a só casa vèrta. A(l)óra (l)a xe nda drento e sóra la rò(l)a del fogo(l)àro (l)a ga isto e pignatèe pa’ fare e strigarìe. É pignatèe é xe robe che ga so(l)o é strighe e da quea òlta tuti xe sta sicuri che la Palmìna jèra na striga. Difàti pi de na fémena passàndo davanti casa sua se ga rabaltà in bicecléta. Chissà parché pròpio davanti casa sua? Pa’(l)a Pina, de sicuro, parché e vegnèa istrigà. Ansi come mai có xe vegnù él reàsso e case rente (l)a só casa vècia xe petà xo e la sua xe resta in piè? Mi có jero putèo, però, rente (l)a casa de (l)a Palmìna, nó me so mai rabaltà e gnanca i me amìssi; noàntri saìimo bén parcòsssa che noàntri putèi nó (l)a ne istrigàa: parché vanti de rivàre casa sua se ricordàimo de mètare i dii in crose come che ne ghéa insegnà e nostre mame. Chissà parché se rabaltàa so(l)o e veciòte? De sicuro, par mi, jera parchè e se desmentegàa de incrosàre i dii. Na òlta so passà davanti casa sua e nó gò isto che (l)a Palmina jèra fòra déa porta e cussìta gò messo subiti i dii in crose, come che se faséa, meténto él déo grosso in mèso ai primi du dii tacà (l)a pónta. (L)a Palmìna me ga isto e (l)a ga ito: “Semo! Te ghè quatòrdese ani, te vè scò(l)a Pàdoa e te ghé cridi oncóra a e strighe! Xea sta tó mama dirte che so na striga? Diè che (l)a se cópa! E strighe nó ghe xe”! Xe sta da quea òlta che gò scumissià capìre che è strighe, e pignatèe e e strigarie jèra só(l)o inte (l)a testa déa xente. Ma tornémo a(l)a casa vècia déa Palmìna, che xe oncóra in piè e che ghe sta oncóra xente. Ón dì che jero xa grando, par caso, ghe so passà davanti e me xe vegnù in mente e fémene che parlaa de strigarìe có jèro bòcia. Bèn! La casa jèra sta fata sóra ón mòto(l)o basso basso de pièra dura (riolite) che quasi gnanca se ede, ma che ’l gnen péna fòra dal creàro ndoe che jera piantà e case che xe petà xo. Regassón difàti xe fato da ón incatijaménto de buse piéne de crèa e de mòtoi che vién péna fòra. Altro che strigarìe! Me opa e me mama e tanta altra xente dé (l)a só età, invésse, ghé ga credésto a e strighe fin che i xe deentà vèci. Co’ stàimo a Regassón Alta, me pare e me mare nó i xe mai nda mai in prìstio de gnente da(l)a Madòna Dessaìa, na fémena a che staa porta có porta, parché i diséa che (l)a ghésse anca éa e pignatèe sconte. Cussìta, come i uri, faséa anca (l)à xente là rente; ansi una che staa (l)à torno diséa che (l)a jèra sta istrigà e che ghé ga tocà ndare dai Frati de Rua, parché i ghé cavàsse la maedissión. Anca me mama na òlta ga portà i po(l)àstri dai frati de Rua parché i morìa e (l)a ghèa paura che la Madòna Dessaìa i ghesse istrigà. Él frate ghé i ga benedìi parché (l)a ga insistìo tanto ma él ghé ga ito de ndare sùbito al consòrsio a cronpàre na ròba che se metéa sól magnàre. Cussìta él ghe ghea ito de fare anca a tuta (l)a altra xente che jèra nda (l)à co è gaìne o có i po(l)àstri pa’ farli benedìre. Cussìta me mama ga fato e i po(l)àstri nó xe pi morti. Mi, da putéo, có me cugìni ndaséo senpre sól canpo déa Madòna Dessaìa a ciavàrghe e smòche nère, i òvi de ga(l)o, i maronbo(l)àni e e sarèse primaròe sensa paura de éssare istrigà, anca se me xie e me mama me diséa de nó farlo. Noàntri ghìimo pì paura de só marìo Boca da Fògo, che se ‘l ne catàa pa’ i só canpi ne corèa drio có (l)a stròpa. Na òlta Mario, uno che staa tacà noàntri, él ghea la càneva pièna de surxi e él diséa che nó i ndaa ia gnanca cól veén. A(l)ora él xe nda dai frati parché i ghe benedìsse (l)a casa. Intanto torno casa se ghéa casamentà du gati che (l)a xente ghéa mo(l)à par caso. I surxi xe sparii ma Mario nó ga mai credésto che fusse sta pa’ colpa dii gati, anca se só fiò(l)o él ghé ga ito tante òlte che ‘l vedéa i du gati senpre ndare drento e fòra da(l)a càneva. Na òlta, na fémena che staa rénte casa mia ga ito che na note, pena che scumissiàsse piòvare, có (l)a luce de ón sciantìso ga isto du fantasmi passare davanti casa sua. Tuta la xente (l)à torno ghe ne ga parlà. Bén ciò! Sti fantasmi i jèra me opà e me mama che pa’ ndare édare sól canpo se (l)a ciòca có i po(l)astrèi jèra nda al coèrto sóto él casòto, i se ghéa messo du nissòi vèci in testa pa nó ciapàre (l)a piòva.
Celi
Caminàre su e xo pa’ (l)a Soìva
(L)a soìva xe él monte che fa da confìn tra Galxignàn, Toréja e Altùri(Turri) che, da sóra i creàri de Regassón, taja e Vae de Sóra dai Palù. Pa’(l)a parte de Toréja (l)a finìsse sól Caltofóndo e pa’ (l)a parte de Altùri finisse só è Criveàre. Pa’ da drio, in tramontana, (l)a varda i Volti de Toréja e pà davànti, a mesodì, (l)a varda tuto Ragassón. Se te (l)a idi da istànte (l)a pare la capòta de na màchina. (L)a se ciàma soìva parché (l)a varda drita él mesodì par tuta (l)a só estensión e ghé bate él sóe da(l)a matìna fin sèra. Dèsso, però, él nome Soìva só e carte nó se cata, parché i “cartografi” i ghé ga cambià nome e i (l)a ga ciamà Monte Alto, cussìta (l)a ga él stesso nome, Monte Alto, del monte che xe de (l)à dée Criveàre verso Sanpièro (Montegrotto) che na òlta se ciamàa Breca(l)ón. Cussita dèsso ghé xe du munti vissìni che ga él stesso nome. Se ede bèn che sti esperti na òlta i metéa i numi come che i voéa i uri, parché ghé paréa che canbiàndoi o meténdoi in taliàn i vegnésse mèjo e i fusse pi nòbii. Bèn ciò, che rassa de inteijénsa! Te parti da(l)a strada de Regasson Alta de Altùri, on pochéto pi su de (l)a crosàra ndoe che finisse Via Gobetti ndoe che te idi na casa((l)a casa de Steca). Davani (l)a casa ghé xe ón tròso; te vè su pa’ stó tròso che xe tuto pién de sassi (riolite), in costièra al sóe, in mèso a tante piante che sta bén so(l)o che (l)à. Te cati maciùni de brècane (Erica arborea) e de sgólmare (Arbutus unedo), róare (Quercus pubescens, Quercus daleschampii), léese (Quercus ilex), corbo(l)àri (Cornus mas), fràssane (Fraxinus ornus), bruscàre (Ruscus aculeatus), spàrasi salvèghi (Aspargus acutifolius), sorbo(l)àri (Sorbus domestica) e conastrèi (Ligustrum vulgare). Te cati anca i fighi dìndia/d’India (Opuntia humifusa), i nespo(l)àri (Mespilus germanica) e sànxane (Cornus sanginea subsp. hungarica) e russe (Rubus canescens, Rubus ulmifolius) e ón mùcio de altre piante (a Regassón xe piante so(l)o quee che ga legno) e èrbe (manca, a nostro avviso, per questo tipo di formazione, tipica dei versanti silicei solatii dei Colli e scarsamente studiata, un preciso inquadramento sintassonomico). Tante de queste a Regassón nó ga ón nome e par questo pi de na òlta ne tóca métaghe só(l)o i numi che ghémo catà só i ibri e e riviste (Masin, Ghirelli, 2002; Masin, Tietto, 2005; Masin, Tietto 2006; Buffa et al., 2016, Bartoluccci et al., 2018 ). Queo che xe bèo da édare, xe che paca de roba che ghè xe drio él tròso e quasi gnanca na pianta o na érba de quee che se cata só e Vae o só i Palù; tute erbe e piante, insùma, che sta bén in costièra: Cotinus coggygria, Rubia peregrina, i ruijoti (Crepis vesicaria subsp. taraxacifolia) e seoìne mate (Muscari comosum), e frago(l)àre masso(l)àre (Fragaria viridis), Centaurea jacea subsp. gaudinii, Aira caryophyllea, Serratula tinctoria subsp. tinctoria, Asplenium onopteris, Lotus angustissimus, Asplenium trichomanes subsp. quadrivalens, Campanula bononiensis, Verbascum phoeniceum, Galatella lynosiris, i tani (Dioscoraea communis) e sbrecanèe (Calluna vulgaris), i giliéti mati (Anthericum liliago), i ranpùssoi (Campanula rapunculus), i bisi mati (Pisum sativum subsp. biflorum) e bisarèe (Vicia cassubica, Vicia villosa subsp. varia), tanti strafojéti (Medicago arabica, Medicago carstiensis, Trifolium scabrum, Trifolium arvense, Medicago minima) e parfìn e orchidèe (Platanhera chlorantha). Te rivi sóra che te si ón fià sidià parché la saìta xe rìpida e te ghè péna scumissià caminàre. Te idi quatro tròsi. Te assi a destra i du tròsi che va xó pa’ e Criveàre verso (l)a Priara de Véro (Cava di Perlite) fin Sanpièro (Montegrotto) e queo che va su pa ‘l Monte Trevisan e te rivi sóto él Menaùro. Se prima de tacàre (l)a saìta del Menaùro toéndo él primo tròso a sinistra te vòi girare a destra xó pa’ i du tròsi dée Criveàre te pòi catàre dée pissinète piène de erbéte pìcoe che sta bén sól paltàn (con alcune specie proprie della classe: Isoeto-Nanojuncetea) che só i Còi no’ xe fassie catare: Gypsophyla muralis, Gnaphalium uliginosum, Peplis portula, Pulicaria vulgaris, Anagallis minima, Agrostis canina, Juncus conglomeratus, Gratiola officinalis, Eleocharis palustris, Lythrum hyssopifolia. Po’, se tè vardi bén, on fià prima déa Priara de Véro che ghé xe anca dée bèe pissìne có i rospìti có (l)a pansa xa(l)a (Bombina variegata). Ma tornémo indrìo al tròso pa ‘l Menaùro. Fata poca strada te si pròpio sóto al Menaùro. Sól Menaùro él monte canbia e te idi tute pière bianche che fa ón sabión grosso che se ronpe a tochetìni (breccia riolitica). Te vè su e te tachi édare tanti séese (Pteridium aquilinum), rose mate (Rosa canina, Rosa gallica, Rosa corymbifera), salviéte (Cistus salvifolius), che par tèra, in meso, in primavèra ghé nasse dii fiùriti xai e russi senza fòje e mànego (Cytinus hypocistis), gramegnóna (Molinia caerulea subsp. arundinacea), erba ìpia (Chrysopogon gryllus) e altre erbéte da tròso (Aira elegans, Brachypodium rupestre, Brachypodium sylvaticum, Dactylis glomerara s.l., Briza maxima, Gastridium phleoides, Dantonia decumbens, Festuca heterophylla, Agrostis stolonifera, Kengia serotina), dée piantine có i fiùri xai fati come quii dii fasòi (Genista tinctoria, Genista germanica) na pianta che se rànpega su pa’ i àlbari e có i fiùri che parfùma so(l)o de nòte (Lonicera caprifolium) e oncóra russe (Rubus canescens, Rubus sect. Discolores). Te vè su e, da na parte, a mesodì, te idi maciùni fissi fissi de brècane e sgólmare senpre có qualche léese e róare e, in tramontàna, tute castagnàre (Castanea sativa). E erbe e xe quasi senpre e stesse de prima, ma te cati anca i bisàri mati có i fiùri russi (Lathyrus latifolius), i garofoìti rosa (Dianthus hyssopifolius), n’antro giliéto ón fià difarénte da queo del tròso basso (Anthericum ramosum), e sparasìne (Asparagus tenuifolius), él cassalièvore (Lactuca perennis), e vioéte bianche e ceèste che nó parfùma (Viola alba s.l. ), dii strafòji mati (Trifolium alpestre, Trifolium rubens) e dée erbe che ga i fiùri che ghé somèja a qui dii pissacàni ma che a Regasson nó ga ón nome (Picris hieracioides, Serratula tinctoria subsp. tinctoria, Centaurea deusta, Hieracium umbellatum, Hieracium sabaudum, Hieracium racemosum, Hieracium murorum, Pilosella officinarum). Ghé xe anca dii pissacanìti pìcoi có e fòje pi tajà, che nó xe cofà i pissacàni normài, ma i xe bòni da magnàre anca quii (Taraxacum sect. Erythrosperma). Finìo él Menaùro bisogna fare ón tochèto de saìta rìpida, ma te si quasi rivà in sima. Él bosco xe tanto fisso e te idi pòco, ma pi vanti él se sciàra a mesodì e, davanti, te pòi vardàre e Vae e Regassón có i munti vissìni: él Casteón, él Sièva, él Spinefràsse, él Ispia, él Simisèo e él Monte dée Mòte. Pi vanti a destra te idi i munti sóra Sanxìbio: él Casteàsso, él Monte dée Gròte, él Monte Ga(l)o, él Monte Orbièso, él Vento(l)ón e él Monte Pìco(l)o. Drito te idi él Calbarìna, él Monte Rico e (l)a Ròca. Bisogna che te vai ón fià pi vanti, dopo (l)a sima, pà édare é xone a tramontàna parché i castagnàri xe alti e te ghé si in mèso. Péna che te tachi ndare xó ghé xe na bèa sciaresàna e (l)à te pòi èdare bén tuto queo che xe vissìn xó vèrso i Pa(l)ù e anca pi istànte. Té vardi vanti e te idi Abano, Pàdoa, Selvassàn, Mortatón, Pràja, Tramónte, Toréja e Luijàn. Scomissiàndo da destra te idi él Monte Breca(l)ón, él San Deniée, él Monte Ortón, él Monte Sengiàri, él Monte Lonxìna, él Monte Grande, él Monte déa Madòna, él Monte Altóre che xe pròpio sóra Teó(l)o, él Monte So(l)ón, él Monte Pìrio e él Monte Rina. Pi distànte te idi i Bèrici tacà Lumignàn e pi vanti oncóra él Pasùbio e e montagne de Vicénsa (l)a tacà. Sté qua xe ón spetàco(l)o vardàrle de inverno, quando che nó che xe buràna, có (l)a nève só e sime. Te vè xó ón pòco, te tachi édare i pini (Pinus nigra subsp. austriaca) che i ga piantà dopo (l)a Goèra e che xe tuti mèsi morti parché qua no’ xé él posto bón pa fali stare e anca pa’ colpa dii anghi (Thaumetopoea pityocampa) che ghé magna e fòje. Te camìni n’antro fià e te rivi in sima a na priàra che xe sta stropà butàndoghe tèra par sóra. E piante che te cati è xe senpre e stesse ma te pòi catàre anca i sarassòi (Spartium junceum), e càrpane (Ostrya carpinifolia), i xanèvari (Juniperus communis), i bago(l)àri (Celtis australis), i paneto(l)àri (Surbus torminalis), i spini bianchi (Crataegus monogyna) e i bronbiòi (Prunus spinosa). Se te vardi davanti pi istànte te idi él Bajamónte, él Venda, él Rua, él Monte Marco e él Monte Peràro. Pi vissìn te idi él Monte Sièsa, él Xògo e él Monte dée Vae. Qua él troso deénta come na priàra, pién de pierùni e de buse e bisògna stare tinti de nó sbrissàre. Có xe istà, nó xe difìssie che té càpita de édare i angùri (Lacerta bilineata), e anxe (Zamenis longissima) e i scarbonàssi (Coluber viriflavus carbonarius) che se brùsto(l)a sóto al sóe. Pòe anca capitàre che te cati bolpe (Vulpes vulpes), ghiri (Glis glis) e dièvori (Lepus europaea). Ghé xe anca i tassi (Meles meles), e dònoe (Mustela nivalis), i cinghiài (Sus scrofa), i martarèi (Martes foina) e i spùssoi (Mustela putorius) ma quii xe pròpio ón caso édarli. Dée òlte te pòi anca édare i falchìti (Falcus tinnunculus) e e póje (Buteo buteo). Vanti, in primavèra, ogni dì te sinti bàtare él pigòsso (Dendrocopos major), cantare él cuco (Cuculus canorus), i rossignòi (Luscinia megarhynchos) e tanti altri oséi ma nó te si mai bón capìre ndóe che i xe. Te si quasi rivà só la boschéta fresca de càrpane (Carpinus betulus) che i ga pena tajà (formazione boschiva da inquadrare nell’alleanza: Erythronio-Carpinion betuli) del Caltofondo che xe tanto bèa da édare quando che spanìsse e èrbe in inverno e in primavèra. Convièn, almànco fin in aprìe, édare anca e boschéte pi vanti, de qua e de (l)à, del Monte dée Brècane dopo (l)a strada. Te cati e canpanèe (Galanthus nivalis), e canpaneè ricamà (Leucojum vernum), i gaìti (Erytronium dens-canis), l’ajo mato (Allium ursinum), i ceestìni (Hepatica nobilis) e oncóra erbe e piante che da noàntri nó ga ón nóme (Lathyrus vernus, Anemonoides nemorosa, Isopyrum thalictroides, Epimedium alpinum, Aruncus dioicus, Dryopteris borreri, Dryopteris carthusiana, Dryopteris filix-mas, Drypoteris cambrensis subsp. insubrica, Polystichum setiferum, Luzula forsteri, Blechnum spicant, Phegopteris connectylis, Osmunda regalis, Luzula moltiflora, Solidago virga-aurea, Campanula trachelium, Corydalis cava, Helleborus viridis, Ranunculus lanuginosus, Vinca minor, Carex digitata, Leucanthemum corymbosum s.l., Teucrium siculum subsp. euganeum, Clinopodium grandiflorum, Arum italicum, Gagea lutea, Campanula persicifolia, Veronica officinalis, Lythrum salicaria, Alliaria petiolata, Viola reichebachiana, Physalis alchechengi, Laserpitium prutenicum, Selinum carvifolia, Athyrium filix-foemina). Tra i àlbari ghé xe i pomàri mati (Malus sylvestris, Malus domestica ), i ulmi (Ulmus minor), i ùpii (Acer campestre, Acer pseudoplatanus), i róare (Quercus petraea, Quercus robur) e noseàre (Corylus avellana), i spini bianchi (Crataegus laevigata), e saresàre mate (Prunus avium) e, basso, drio i calti, i onàri (Alnus glutinosa), i sanbugàri (Sambucus nigra), e rubìne (Robinia pseudoacacia), i salgàri e i gatèi (Salix alba, Salix purpurea, Salix caprea, Salix cinerea, Salix apennina) e e pòvoe (Populus alba, Populus tremula, Populus nigra). Él fòsso drio (l)a strada sóra i Pa(l)ù e i fòssi vissìni xe pièni de bròi (Juncus inflexus, Juncus effusus) e de caresìn (Carex acutiformis, Carex pendula). Se te si pròpio fortunà, a(l)a fine de l’istà, sól tòco de monte tacà (l)a strada, te pòi catàre pi de na quaità de buiji bòni: còchi russi (Amanita caesarea) e e boeàre (Boletus aereus). I capeùni (Macrolepiota procera), i ciodìni de róare (Armillaria tabescens) e quii de rubìna (Armillaria mellea), invésse, se piòve ón pochéto xe pi fàssie che te pòssi rancuràrghene ón sestèo. Có xe bruto tenpo, tacà él calto, te pòi édare e marissàndoe (Salamandra salamandra) e i sàltari (Rana temporaria). Él spetàco(l)o pi bèo vièn a(l)a fine de febràro quando che i rospi (Bufo bufo) va fare i òvi só i Pa(l)ù. I riva xo dal monte a fròte, e na olta i vegnéa schicià da e machine. Pa’ fortuna, da ón pòchi de ani, dopo che ghé (l)o ghémo ito, i òmani del Parco ga fato i busi soto (l)a strada dii Volti parché i rospi passa sóto e i ga messo e retìne de protessión parché nó i salta fòra dal fosséto drio (l)a strada, cussìta e màchine nó i schìcia pi. Có te si rivà a(l)a casa dii Cantarèi, pròpio só (l)a crosàra ndoe che Regassón sboca sui Volti te pòi tornàre indrìo pa’ (l)a strada sfalto (spalto) de Regassón de Toréja e te rivi pròpio sóra a Regassón Alta de Galxignàn al confìn dii du paìsi, ndoe che a sinistra ghé xe na casa vècia (la casa de O(l)a). De sèra qua, inte (l)a stajón justa xe quasi inpossìbie nò sentire cantare la soéta (Acthene noctua). Na olta, pensa, i vèci diséa che ‘l sigo déa soèta portàa mae, cussìta anca quii che nó ghé crede ón pìco(l)o spauràsso i (l)o ciàpa oncóra. Da (l)à sóra, te vè ón fià xo senpre pa’ (l)a strada e a sinistra te cati n’antra casa (la casa ndoe che staa tuti quatro i fradèi Brójo na olta) có davanti na stradèa che traèssa i canpi. Te ciàpi la stradèa e subito dopo te cati la casa dii Bajòchi; te (l)a fè tuta fin na corte (quea diì Rancolàti). Dopo (l)a corte te cati (la) strada de Regassón Alta che va Altùri; te vè su ón fiatìn e dopo na stradèa che va xó (Via Gobetti) te cati da nòvo él tròso che va su pa ‘l monte. (L)a xe na cominàda bastànsa curta, ma (l)a xe tanto bèa. Po’, par chi che ghé piàse e piante, él pòe catàrghene tantìssime altre, che nó ghémo scrito pa’nó tiràrla massa (l)onga. Chi che vòe édare e piante, e e erbe de Regasson él ga da vardare sól “sito” de Pier Luigi Nimis, Rizzieri Masin, Corrado Tietto, Sebastiano Andreatta, Antonella Miola, Andrea Moro, Mariacristina Villani e Stefano Martellos: “Sistema informativo della flora dei Colli Euganei”. Drento, ndàndoghe drio a e istrussión, se cata anca ón modo pa’ inparare da sói a conóssarle tute.
Cèli
Colli Euganei orientali: flora notevole del gruppo del Monte Ceva e della pianura limitrofa
Dare un’idea adeguata della ricchezza floristica di un’area che conta oltre 900 entità vegetali non è un compito agevole. Nel presente lavoro, per ottemperare a questo obiettivo, si è scelto un criterio molto selettivo e, di conseguenza, sono state prese in considerazione soprattutto, tra le entità caratteristiche della vegetazione della zona, le specie euganee diffuse in particolare nell’area considerata o che hanno un notevole rilievo dal punto di vista fitogeografico e che appartengono alla “Lista rossa regionale delle piante vascolari” (Buffa et al ., 2016). Il territorio del Monte Ceva, la propaggine estrema sud orientale dei Colli Euganei, è costituito da un gruppo di alture di natura silicea. Le vette si ergono tra i comuni di Montegrotto Terme e Battaglia Terme formando un ampio arco che inizia in modo modesto a sud con il Monte Croce (in gran parte demolito nel lato orientale ma dove si possono ancora scorgere i ruderi del monatero di S. Maria delle Croci edificato durante il XII secolo ), aumenta in altezza con il Monte Spinefrasse, culmina a quota 255 con la seconda vetta del Monte Ceva, prosegue verso est con il Monte Nuovo e termina a sud est con la collina del Catajo, dove sorge l’omonimo castello edificato durante il ’500. Verso Nord alcune ramificazioni minori sono delimitate dalla vallata di Turri. A est, oltre la collina del Catajo, il gruppo si “inabissa” sotto la coltre alluvionale e riemerge con due basse collinette in Comune di Due Carrare, una delle quali, su cui sorge la chiesa parrocchiale, proprio nel centro del paese. Dominante in tutto l’arco è la latite, una roccia ricca di minerali ferrosi. Al secondo posto, per ampiezza di superficie occupata, è la riolite, un litotipo ad alto tenore di silice presente anche sotto forma vetrosa e di brecce. Alle pendici settentrionali del Monte Ceva una vasta coltre prima di argilla e marne euganee (formazione di Torreglia) e poi di scaglia rossa copre il basamento siliceo e collega il gruppo con il Monte Trevisan e il Monte Oliveto. A ovest si innalza il Monte Castellone, una vetta interamente di natura riolitica alla cui base ci sono gli antichi Bagni San Bartolomeo (ormai ruderi sommersi dalla vegetazione), sorti attorno a una sorgente termale, il cui utilizzo a scopo terapeutico (noto già dalla fine del Medioevo) è ancora vivo nel ricordo della gente del luogo. A sud il gruppo è delimitato dalle Valli di Galzignano e dal Ferro di Cavallo che lo separa dall’abitato di Battaglia Terme. Un tempo entrambe zone paludose, queste due aree torbose sono state definitivamente bonificate durante il secolo scorso. Alle basse pendici orientali del Monte Spinefrasse, in comune di Galzignano, si elevava il Monte Scagliaro, una collinetta interamente composta di scaglia rossa che, attualmente, grazie a escavazioni prima per una cava e poi per far posto a industrie e abitazioni, sembra poco più che un dosso. I versanti di tutto l’insieme dei rilievi si caratterizzano per la presenza di vaste zone rupestri scoscese, in particolare sul Monte Ceva, che disegnano un paesaggio molto aspro e, a parte alcune eccezioni, del tutto diverso da quello abituale dei Colli Euganei. Per la varietà della natura del substrato, per il particolare microclima che si crea, anche in virtù dell’ampiezza del fronte rivolto a sud, la flora del gruppo del Monte Ceva è di una ricchezza straordinaria. In particolare negli ecotoni ai margini dei boschi, sulle rupi e nelle chiarie con scarsa pedogenesi dove la componente arborea non è in grado di affermarsi, la flora erbacea non trova alcun termine di paragone in tutto il Distretto Euganeo. Non sono molte nel Veneto collinare le zone che reggono il confronto.
La flora
Nel fare le considerazioni sulla flora si è pensato di elencare le specie per ambienti, cercando di mettere in evidenza, per ciascuno di quelli considerati, alcune entità caratteristiche o salienti. L’escursionista che percorrerà i sentieri delle colline del Ceva si accorgerà, subito dopo aver preso un po’ di dimestichezza con l’ambiente, che la nostra suddivisione è sommaria, per cui la presenza prevalente di una determinata entità in una certa tipologia vegetazionale non esclude che essa possa essere presente in altre e, a volte, anche con frequenza. Nei fatti, spesso, i vari ambienti si compenetrano e sfumano uno nell’altro senza una vera soluzione di continuità. Questo, quindi, rende assolutamente impossibile tracciare un limite netto tra un habitat e uno contiguo. Ci è sembrato, però, necessario definire dei confini in modo da indirizzare il lettore a usare un criterio selettivo nella ricerca e rendere più facile il rinvenimento di questa o quella pianta in un particolare ambiente, piuttosto che in un altro.
Boschi, boscaglie e margini boschivi dei versanti meridionali
Le caratteristiche dei boschi dei versanti meridionali nella zona del Ceva, restando fermi l’inclinazione, il gradiente termico e il gradiente luminoso, per ciò che riguarda le specie arboree dominanti, variano nettamente in virtù del substrato. Il bosco di roveri misto, a prevalenza di roverella (Quercus pubescens) e quercia di Dalechamps (Quercus dalechampii), con il sottobosco ricoperto dal pungitopo (Rucus aculeatus) e dalla rosa cavallina (Rosa arensis) prevale sulla latite. Dove, però, la pedogenesi è scarsa prevale la boscaglia arbustiva impenetrabile a prevalenza della temibilissima spina di Cristo (Paliurus spina-christi) orlata dall’asparago pungente (Asparagus acutifolius) e dalla robbia selvatica (Rubia peregrina). Sulla riolite, invece, prevalgono fittissime boscaglie di erica arborea (Erica arborea) e corbezzolo (Arbutus unedo), cioè quella tipologia vegetazionale tradizionalmente denominata pseudomacchia mediterranea: un appellativo questo, a nostro avviso, non appropriato a definire le cenosi dominate dalle due ericace sui Colli. Indifferenti alla natura del substrato, dove il suolo è abbastanza profondo, si osservano piccoli nuclei di leccio (Quercus ilex), ma vere e proprie leccete sono assenti. Le specie erbaceee di margine presenti sono numerosissime, tra queste: il giaggolo susinario (Iris graminea), il fiordaliso di Gaudin (Centaurea jacea subsp. gaudinii ), l’enula scabra (Pentanema hirtum), il lino spinato (Linum trigynum), la crotonella coronaria (Lychnis coronaria), la veccia di Loiseleur (Vicia loiseleuriii), la veccia serena (Vicia lathyroides), il polipodio meridionale (Polypodium cambricum), il polipodio sottile (Polypodium interjectum), il geranio lucido (Geranium lucidum), la cefalantera maggiore (Cephalanthera longifolia), la serapide maggiore (Serapias vomeracea), la listera maggiore (Neottia ovata), l’orchide minore (Anacamptis morio), la platantera comune (Platanthera bifolia), la platantera verdastra (Platanthera clorantha), il fior di legna (Limodorum abortivum), l’orchidea farfalla (Anacamptis papilionacea), il geranio sanguigno (Geranium sanguineum), l’asplenio maggiore (Asplenium onopteris), il dittamo (Dictamnus albus), l’ erba-perla azzurra (Buglossoides purpurocaerulea), la veccia villosa (Vicia villosa subsp. varia), la betonica comune (Stachys officinalis), la carice dalle molte foglie (Carex divulsa subsp. leersii), l’eba medica del carso (Medicago carstiensis), l’asparago selvatico (Asparagus tenuifolius), il vincetossico (Vincetoxicum hirundinaria subsp. hirundinaria), la banbagia francese (Logfia gallica), il rarissimo forasacco dei tetti (Anisantha tectorum), la nebbia maggiore (Aira caryophyllea), la nebbia minore (Aira elegantissima subsp. elegantissima), l’aristolochia rotonda (Aristolochia rotunda), la cicerchia bastarda (Lathyrus aphaca), il trifoglio alpestre (Trifolium alpestre), il fordaliso cicalino (Centaurea deusta). Alcune si possono enumerare come “notevoli”, cioè non comuni o assenti nel restante complesso collinare euganeo o nel contesto territoriale della nostra regione e sono: la carice di Olbia (Carex olbiensis) al nord esclusiva degli Euganei orientali, la rarissima campanula bienne (Campanuala patula subsp. jahorine, la carice impoverita (Carex depauperata) una rara ciperacea al Nord nota solo per la Valle d’Aosta e il Veneto, l’achillea gialla (Achillea tomentosa) un’asteracea sugli Euganei comune solo qui e a rischio di estinzione nel Veronese cioè nell’unica altra zona in cui cresce sui rilievi tra l’Adige e l’Isonzo, il verbasco porporino (Verbascum phoeniceum) una scrofulariacea che solo qui e nel Veronese trova una discreta diffusione, la speronella lacerata (Delphinium fissum) nel Veneto esclusiva del Ceva e dei Berici, la silene di Francia (Silene gallica), il rarissimo spino giallo (Centaurea solstialis), il ginestrino sottile (Lotus angustissimus) nel Triveneto esclusivo del settore orientale degli Euganei, il codino (Gastridium phleoides) una poacea che sugli Euganei trova pochissimi siti di apparizione in Italia e il pisello annuale (Lathyrus annuus) una fabacea comune nell’area appenninica ma nel Nord-Est diffusa solo della zona del Ceva e a rischio di scomparsa nel Vicentino. Tra le piante arboree è particolarmente frequente il sorbo domestico (Sorbus domestica), ma a causa della ceduazione solo di rado con individui fruttiferi di apprezzabili dimensioni. Forse è per questo motivo che illustri botanici del passato lo hanno confuso, in tutto il Distretto, con il sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia) una specie propria soprattutto del piano montano e subalpino assente dagli Euganei. Sono comuni anche altre piante legnose che prediligono gli anbienti soleggiati, tra cui: lo scotano (Cotynus coggygria), il caprifoglio comune (Lonicera caprifolium), il corniolo (Cornus mas), il nespolo (Mespilus germanica), il ciavardello (Sorbus torminalis), il perastro (Pyrus communis subsp. pyraster), la cornetta dondolina (Emerus major), la rosa serpeggiante (Rosa gallica), il ginepro (Juniperus communis), il carpino nero (Ostrya carpinifolia), il citiso peloso (Cytisus hirsutus), la ginestra spinosa (Genista germanica) e la ginestra dei tintori (Genista tinctoria). Parassitato talvolta dall’ipocisto (Cytinus hypocistis) comunissimo è il cisto a foglie di salvia (Cistus salvifolius) a volte formante vaste macchie quasi monofitiche. Rarissima sullo Spinefrasse si osserva la lantana (Viburnum lantana) un arbusto comunissimo in numerose aree del complesso collinare euganeo. La flora dei boschi assolati del grande arco che circonda Battaglia, in Veneto, risalta per la sua ricchezza e particolarità.
Le chiarie sassose intercalate alla boscaglia termofila
Dove la roccia madre affiora in superficie e la pedogenesi non è sufficiente alla creazione di condizioni edafiche adatte allo sviluppo della boscaglia o del bosco termofilo, gli spazi vengono quasi completamente occupati da specie erbacee, tra le quali dominano le fabacee e le poacee. Il numero di entità presenti è altissimo. Tra le piante sicuramente degne di richiamo sono l’onnipresente aglio di Sardegna (Allium sardoum) noto al Nord solo per la zona del Ceva, l’aglio delle bisce (Allium sphaerocephalon), la borracina glauca (Sedum hispanicum), la viola del pensiero (Viola tricolor subsp. saxatilis), la camomilla bastarda (Anthemis arvensis s.l.), la speronella fior-cappucio (Delphinium ajacis), il paleo tardivo (Cleistogenes serotina), la silene a mazzetti (Atocion armeria), la lappola bianca (Orlaja grandiflora), la trebbia maggiore (Chrysopogon gryllus), la lattuga rupeste (Lactuca perennis), il pisello bifloro (Pisum sativum subsp. biflorum) una fabacea comune nel settore orientale dei rialzi padovani ma in Veneto fuori della nostra provincia osservata rarissima solo nel Veronese, la veccia gialla (Vicia lutea), l’alisso annuo (Alyssum alyssoides), il colchico (Colchicum cfr. lusitanicum), gli ombrellini maggiori (Tordylium maximum), l’astro spillo d’oro (Galatella linosyris), la bambagia minima (Logfia minima), il trifoglio striato (Tifolium striatum subsp. striatum), la veccia smussata (Vicia peregrina), il trifoglio legnoso (Lotus dorycnium), il fiordaliso di Trionfetti (Centaurea triumfetti), il trifoglio angustifoglio (Trifolium angustifolium subsp. angustifolium), la garofanina annuale (Petrorhagia prolifera), il trifoglio arvense (Trifolium arvense subsp. arvense), lo zafferanone bastardo (Carthamus lanatus), l’enula uncinata (Pentanema spiraeifolium), la saponaria rossa (Saponaria ocymoides), la festuca rupicola (Festuca stricta subsp. sulcata), il garofano dei certosini (Diantus cathusianorum), la calcatreppola ametistina (Eryngium amethystinum), la valerianella coronata (Valerianella coronata), il raperonzolo (Campanula rapunculus), la silene otite (Silene otites), il trifoglio sotterraneo (Trifolium subterraneum) nella nostra regione diffuso solo qui e altrove molto raro, l’erba medica rigidetta (Medicago rigidula), la veccia di Giovanni (Vicia Johannis) attualmente nota in Italia solo per il Veneto, le ballarine(Brixa maxima), la stregona gialla (Stachys recta subsp. recta), il succiamele ramoso (Orobanche ramosa), il trifoglio pallido (Trifolium pallidum) in Veneto esclusivo di questa zona e in altra parte al Nord spontaneo con sicurezza solo in Friuli, la bambagia comune (Filago germanica) è la più tardiva scilla autunnale (Prospero autumnale) una leggiadra asparagacea che, insieme alla candida berteroa comune (Berteroa incana), una brassicacea in Veneto specifica solo della zona del Ceva e del Monte Lozzo, chiude la stagione delle fioriture. Se queste specie appaiono con frequenza e spesso vistose, occorre affinare un po’ lo sguardo per scorgere la bambagia campestre (Filago arvensis), la cinqufoglia cenerognola (Potentilla inclinata), la borracina arrossata (Sedum rubens) una crassulacea nella nostra regione propria solo del Ceva e delle colline veronesi, il centograni annuale (Scleranthus annuus), la setolina (Festuca incurva), la draba dei muri (Drabella muralis), la crocettona comune (Cruciata pedemontana) una rubiacea presente sugli Euganei solo qui, la costolina liscia (Hypocharis glabra) una piccola e poco appariscente asteracea assente dal resto del complesso collinare, la minuta canforata selvatica (Polynemum arvense), i viticcini annuali (Spiranthes spiralis) e i rarissimi perpetuini piccoli (Xeranthemum cylindraceum). Emblematica appare in questi ambienti, infine, la presenza dello zafferano ligure (Romulea ligustica) un’iridacea la cui distribuzione geografica in Italia è incentrata sulla Liguria e sulla Sardegna. Una salita lungo le chine rivolte verso meridione prima dell’erompere delle vampe estive permetterà di godere pienamente della straordinarietà di questi spazi dischiusi tra la selva intricata e inespugnabile.
Le zone rupestri
Le rupi dominano ardite una parte considerevole del versante meridionale di tutto il Monte Ceva e si ergono imponenti nel versante settentrionale della vetta occidentale. Affiorano qua e là massicce sul Monte Nuovo, mentre non hanno particolare maestosità sul Monte Spinefrasse e sul Monte Croce. Grazie alla loro inclinazione, in vari tratti, la selezione per la vita vegetale è severissima e pochissime specie riescono a colonizzare i piccoli anfratti che si aprono sulle pareti verticali. Sull’erta vetta del Ceva, quindi, tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, le più ardimentose, come il semprevivo ragnateloso (Sempervivum arachnoideum), l’esotico fico d’India nano (Opuntia humifusa) e la borracina bianca (Sedum album), possono esprimere, appieno la loro vitalità. Quando questa esplode le rocce scure, colmate quasi ovunque di colore, sono una figurazione davvero esclusiva. L’osservatore attento, però, non si fermerà solo a guardare frettoloso i colori ma, centrato lo sguardo, potrà scorgere ciò che si cela tra i recessi più impervi. Ed ecco, allora, apparire l’erba ruggine (Asplenium ceterach subsp. ceterach), la felcetta lanosa (Paragymnopteris marantae) in Veneto esclusiva del Ceva, l’asplenio settentrionale (Asplenium septentrionale) noto sugli Euganei, rarissimo, oltre che qui, esclusivamente sul Monte Venda e sul Monte della Madonna. Nascosta tra i muschi delle pareti fresche della vetta del Ceva e sul Monte Nuovo, infine, si può scorgere copiosa la selaginella elvetica (Selaginella helvetica) una minuscola felcetta repente che raggiunge qui, se si escludono i rilievi liguri, il massimo punto di penetrazione verso sud nella Penisola. Dispiace che in questo periodo abbia ormai terminato il suo ciclo vitale l’esilissima felcetta annuale (Anogramma leptophylla) anch’essa pianta molto inusuale nel Veneto e propria solo dei Monti Padovani. Se non ci si reca sulla vetta del Ceva nella tarda primavera non si può apprezzare pienamente la potenza delle balze che dominano l’agro dell’antica “Batàja”anche se, putroppo, lo viluppo tumultoso delle agavi e di due vistosissime cactacee (Opuntia stricta, Opuntia engelmannii), introdotte qualche decennio fa, sta avendo un impatto ambientale devastante.
I boschi dei versanti freschi
Nelle zone rivolte a nord, nord-est e nord-ovest la vegetazione cambia drasticamente e nel complesso rientra nelle tipologie che si osservano nella zona centrale dei Colli, in particolare castagneti e carpineti dove prosperano numerose nemorali tra cui, ad esempio: il bucaneve (Galanthus nivalis), l’aglio orsino (Allium ursinum), la stellina dorata (Gagea lutea), l’anemone fegatella (Hepatica nobilis), la dentaria bulbifera (Cardamine bulbifera), la dentaria a nove foglie (Cardamine enneaphyllos), la mentuccia montana (Clinopodium grandiflorum), la scilla silvestre (Scilla bifolia), l’elleboro verde (Helleborus viridis), l’anemone gialla (Anemonoides ranunculoides), l’anemone dei boschi (Anemonoides nemorosa), la campanula a foglie di pesco (Campanula persicifolia), la polmonaria maggiore (Pulmonaria officinalis), il dente di cane (Erythronium dens-canis), il sigillo di salomone maggore (Polygonatum multiflorum), il latte di gallina a fiori verdastri (Loncomelos pyrenaicus s.l.), la lattuga montana (Prenanthes purpurea), vari sparvieri dei boschi e alcune felci tra cui l’onnipresentè felce setifera (Polystichum setiferum ) e la rara felce certosina (Dryopteris carthusiana). Anche qui però, accanto alle nemorali tipiche di questi ambienti è possibile osservare alcune piante rare o poco frequenti nel Distretto Euganeo: la scrofularia gialla (Scrophularia vernalis), la rarissima orchidea maschia (Orchis mascula), la borracina cepea (Sedum cepaea), la moscatella (Adoxa moschatellina) e la colombina solida (Corydalis solida). Rarissimo e molto localizzato, a differenza della zona centrale, è il centocchio garofanina (Stellaria holostea). Tra le piante arboree e arbustive è da ritenere notevole la presenta del tiglio selvatico (Tilia cordata), del tiglio nostrano (Tilia platyphyllos), del melo selvatico (Malus sylvestris) e del biancospino selvatico (Crataegus laevigata).
Le zone umide.
Osservando i boschi dei versanti soleggiati la prima impressione è che la zona del Ceva sia poco adatta a ospitare specie igrofile; eppure è proprio qui che si possono osservare alcune piante amanti delle zone umide che si caratterizzano per essere esclusive di questa parte del complesso collinare euganeo o tra le più rare dell’intero Distretto. Tra di esse infatti, qui, alcune trovano, nei prati umidi periodicamente invasi da cadute d’acqua, l’unica dimora collinare nel Padovano. Sono queste: il graziosissimo morso del diavolo (Succisa pratensis), la rarissima elleborine palustre (Epipactis palustris), il rarissimo ranuncolo vellutato (Ranunculus velutinus), l’incostante ofioglosso comune (Ophioglossum vulgatum) e la carice scirpina (Carex divisa). Sono tutte insediate alle estreme pendici del Ceva, le prime tre a nord e le altre a sud. Altre specie come l’orchidea acquatica (Anacamptis laxiflora) e il pendolino delle fonti qui trovano due tra le poche oasi di rifugio della nostra regione. La rara menta poleggio (Mentha pulegium), l’enula aspra (Pentanema salicinum) e la carice maggiore (Carex pendula), infine, trovano sempre qui uno dei più estesi luoghi di insediamento di tutta l’area collinare. Importanti dal punto di vista floristico sono le raccolte superficiali dell’acqua di sgrondo dei pendii, le piccole sorgenti nei boschi, le pozze con ristagno idrico prolungato, che data la scarsa permeabilità del suolo, non raramente, si incontrano lungo i sentieri. Nei loro esigui fondi si possono osservare, infatti, l’erba graziella (Gratiola officinalis), l’erba si Santa Barbara comune (Barbarea vulgaris), la valeriana dei boschi (Valeriana officinalis subsp. nemorensis), l’incensaria fetida (Pulicaria vulgaris) a rischio di scomparsa nell’intero Veneto, l’esile gipsofila minuta (Gypsophila muralis) assai rara e presente in Veneto solo sugli Euganei, la salcerella a foglie d’issopo (Lythrum hissopifolia) non infrequente sui Colli ma forte rischio di estinzione in varie parti del Veneto e la canapicchia palustre (Gnaphalium uliginosum) anch’essa una specie a rischio di estinzione in varie zone della nostra regione. Sono tutte entità preziose per i rilievi a nord dell’Eridano, purtroppo in varie parti in sofferenza a causa della forte antropizzazione del territorio che determina la progressiva scomparsa delle nicchie ecologiche in cui possono stabilirsi. Particolarissime infine sono le popolazioni di frassino ossifillo (Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa) stanziate soprattutto in alcuni impluvi con falda permanente alle basse pendici dei versanti, sia a nord sia a sud che, per i rilievi del Veneto, rappresentano un ambiente unico. Originata delle escavazioni della cava, ma di notevole interesse naturalistico è la zona umida alla base del Monte Croce dove è possibile osservare, tra le varie piante igrofile presenti, unitamente a una vastissima popolazione di carice scirpina numerose piante di erba graziella e di coda di topo arrossata (Alopecurus aequalis) una poacea molto rara in tutto l’agro che si estende tra il Po e il Tagliamento. Partire da Regazzoni Alta e percorre il sentiero che sale sulla vetta del Ceva e quelli che si snodano verso Battaglia non è sempre agevole ma sicuramente, inebriati per lo stupore, dopo aver terminato la fatica, il ricordo di questi luoghi straordinari rimarrà a lungo negli sguardi e nel cuore.
I luoghi erbosi
Di nontrascurabile interesse, per ciò che riguarda la flora erbacea, sono anche i pendii erbosi tra i vigneti, in particolare quelli lavorati con sistemi tradizionali. Le specie che vi crescono sono per la grandissima parte comuni in tutti i Colli; alcune però sono di interesse conservativo, tra esse: il atte di gallina divergente (Ornithogalum divergens), il lampagione bianco (Loncomelos brevistylus), l’eufrasia officinale (Euphrasia officinalis s.l.), l’erba medica arabica (Medicago arabica), il trifoglio ibrido (Trifolium hybridum subsp. elegans), la fragola verde (Fragaria viridis), la carice primaticcia (Carex caryophyllea), la carice precoce (Carex praecox), la fienarola indurita (Sclerochloa dura) l’erba vaiola minore (Cerinthe minor), il garofano a mazzetti (Dianthus armeria subsp. armeria) e il gladiolo delle messi (Gladiolus italicus) una bellissima pianta scomparsa in varie parti d’Italia e in rarefazione progressiva anche in Veneto.
La campagna pedecollinare
La pianura limitrofa, ancora paludosa fino al secondo decennio dello scorso secolo, grazie al sulo torboso è stata largamente preservata dall’espansione degli abitati. È solcata da molteplici caneletti di bonifica e racchiude numerose interessanti piante che amano i suoli fangosi periodicamente sommersi, le sponde impaludate o gli alvei con il fondo limaccioso, alcune in sofferenza in più parti del Veneto: la veronica catenata (Veronica catenata), lo zigolo nero (Cyperus fuscus), lo zigolo comune (Cyperus longus), la lisca a frutti larghi (Bolboschoenus laticarpus), la giunchina comune (Eleocharis palustris subsp. palustris), la lisca palustre (Schoenoplectus lacustris), il giunco contratto (Juncus conglomeratus), le campanelle maggiori (Leucojum aestivum subsp. aestivum), la rarissima salcerella erba portola (Peplis sportula), il samolo (Samolus valerandi), la mazzasorda a foglie strette (Typha angustifolia), il ranuncolo scellerato (Ranunculus sceleratus), il rarissimo scirpo sdraiato (Schoenoplectiella supina) classificato tra le specie a rischio a livello globale e mancante altrove in Veneto, la rarissima porracchia dei fossi (Ludwigia palustris), il pigamo lucido (Thalictrum lucidum), il poligono anfibio (Persicaria anphibia), la rara veccia a quattro semi (Vicia tetrasperma), la carice tagliente (Carex acuta), la scutellaria palustre (Scutellaria palustris), l’iperico a quattro costole (Hypericum tetrapterum), la sedanina d’acqua (Berula erecta), l’atriplice comune (Atriplex prostrata) e la menta campestre (Mentha arvensis). Non poche inoltre sono le idrofite natanti e radicanti di notevele pregio: il morso di rana (Hydrocharis morsus-ranae), l’erba pesce (Salvinia natans), la gamberaja maggiore (Callitriche stagnalis), la gamberaja polimorfa (Callitriche cophocarpa), la lenticchia d’acqua maggiore Spirodela polyrhiza), la ninfea gialla (Nuphar luteum), la rarissima sagittaria comune (Sagittaria sagittifolia), la mestolaccia lanceolata (Alisma lanceolatum), la zannichellia (Zannichellia palustris subsp. polycarpa), la vallisneria spiralata (Vallisneria spiralis), la brasca increspata (Potamogeton crispus), la brasca nodosa (Potamogeton nodosus), la brasca trasparente (Potamogeton lucens) e la brasca arrotondata (Potamogeton perfoliatus). Annidata in una sponda di un fosso appare anche l’enula bacicci (Dittrichia viscosa) un suffrutice che in Veneto si osserva abitualmente solo nella fascia litoranea. Una passeggiata fatta nella tarda primavera tra le stradine che costeggiano i canaletti di scolo e le capezzagne permetterà di apprezzare appieno, custodito dalla splendida cornice delle alture, uno dei più caratteristici paesaggi della campagna padovana.
Catàre piante sól Simisèo
Él Simisèo (M. Cimisella) xe él monte sóra (l)a ostarìa del Bigo(l)aro. Pa’ davanti él finìsse drito só e Vae fin Canòva; pa da drio, invésse, él ga Regassón e in alto, vissìn al capitèo dé Modonéta él se taca cól Monte dee Mòte ndoe che scumìssia ón tròso che va fin Toréja. Él xe alto pena che sento metri ma, sicóme che ’l varda a mesodì par longo, te cati maciùni de brècane e sgólmare quasi par tuta la longhéssa, anca co àlbari pi alti de dièse metri. Pultròpo nó ghe xe gnanca ón troso che (l)o traèssa e se te vòi passare da na parte a che altra te tóca incatijàrte in mèso ai russàri. Cussìta, na òlta in giugno, quìndese ani fa, ghémo proà farlo, ma cól caldo che ghé jèra ne ga tocà tornare indrìo. Ma in meso a dée prie nó vedémo na specie de gramegnóna alta, difarénte da tute quee che ghìimo isto prima! Da ndoe saltàea fòra? Ndemo tòre ón libro apòsta e catémo scrito (Pignatti 1982), che (l)a xe na pianta taliana (Achnatherum bromoides sin. Stipa bromoides, sin. Aristella bromoides) che ghe ne xe tanta su i Appennini ma che de qua del Po (l)a crésse só(l)o su i nostri montesèi e vissìn Trento. Él libro, po’ nó ’l dise ndóe che (l)a xe sta catà. Sicome che (l)a xe na pianta che ga bisogno de caldo (stenomediterranea) él posto ne paréa quéo giusto par starghe. Ne intaressàa savère chi che (l)a ghéa catà prima de noàntri. Cussìta semo nda édare só ón libro scrito quasi sento ani prima (Béguinot, 1909-1914), che parlàa déa storia dée scoperte de botanica sui Còi. Nó scoprìmo che (l)a jèra sta catà na òlta da Girolamo Romano, él prete de Veggiàn, inte ’l 1823, propio a Galxignàn e che dopo de eo nó (l)a ghéa pi ista nissùni! Dopo de quel dì fortunà so(l)o (l)’ano passà (l)a ghémo catà da nòvo a Arquà, sól Vento(l)ón, senpre in mèso e brècane. St’inverno, insième có Leo, ón amìgo de Mira, semo nda inbrecanàrse da nòvo, no’ pa’ sercàrla ma pa’ studiare i roare che xe só (l)a sima. Jèrimo tuti incatijà in meso a e brècane e a e sgólmare e ndàimo ia gatognào sòto i stróncani, ma èco! Rivémo có fadìga só na sciarsanèa e còssa vedémo? No’ se incorxémo che semo drio quasi pestare tri caspi de sta gramegnóna che pi bèi nó se poéa catàre! Contìnti come na Pasqua ghemo rumà dapartuto fin só (l)a sima, ma dopo no’ ghemo pi catà gnente. Insùma, in pi dée piante catà oncóra quìndese ani fa e de questa no’ghe jèra altro. Cussita ne xe vegnù da pensare che ’l prete gàbia catà (l)a pianta pròpio qua, sconta in méso ai maciùni e che sia pròpio par queo che nissùni (l)a gàbia pi ista, anca parché (l)a xe ón bel piantón có dée spighe partico(l)àre, che chi che capìsse de piante ede subito (l)a difarénsa có e altre. Rumàndo e inpiràndose bachìti anca só e rece semo rivà dessóra e drio ón troséto pena ségnà còssa vedemo? Caspi e caspi de ón caresìn (Carex olbiensis) che, a difarènsa de quii de aqua, sta bén in mèso a e brècane e i léese (stenomediterranea). Pensa ti: stó qua, fòra dal Simisèo, dal Sièva, dal Spinefrasse e dal Trevisàn, de qua del Po no’ l ghe xe gnanca in te ón posto e pa’ catàrlo bisogna che te rivi in Liguria o in Toscana e, gnanca da (l)à fin in Sicilia, nó xe che ghe ne sia tanto. Dopo tante russàde na scoperta pi bèa nó poéa capitarne! Chi mai gavarìa pensà de catàrlo qua, anca parché anca questo ga na bèa storia de rarità drio. Pensè! Él xe sta catà pa’ (l)a prima òlta sól Sièva, inte ’l 1894, dal professore de botanica Adriano Fiori e so(l)o dopo 110 ani Bruno, ón nostro amìgo de Vicénsa, (l)o ga visto da nòvo. Saémo bén che ghé n’è tanto poco in giro pa’ i Còi, ma nó xe dito che nó ’l possa saltare fòra da nòvo. Dó scoperte cussì bee, tute só ón dì; gnanca da crédare! Èco ón tochéto del jiardìn dée deìssie par chi che ghé piàse e piante: él Simisèo!
Celi
Jano
Conte de (l)a xente e só la xente de Regassón
(L)a Gnese
Él vento fiscia. Xe ón fredo che té sassìna i òssi. È ròde se ferma. Él fangùsso se inpàca sóto él parafàngo in mèso ai freni. Tòo su ón bachéto e (l)o tiro ia. (L)a ròda se mòve. Fasso vinti metri e cato na pissinàra fonda. Pa’ é parte nó se passa; me toca ndarghe in mèso. (L)a traèrso e me brómbo tuta (l)a còto(l)a, e calse e él paetò. Cato buse dapartùto, ma tiro vanti. La nève giassà vién stravènto. (L)a se taca al fassoèto che gò in testa e so tuta mòja. Me meto córare come ón sitón, cól còre in gó(l)a.
Rivo só (l)a strada sfalto de Batàja e nó gò pi fià, ma córo, córo, in parte, tacà él canàe, ma e màchine me sgiànsa istésso.
Ma so xa tuta brombà romài e nó ghé bado pi. So Mosséese finaménte. Meto xó la biceclèta e vao drento. Él pìco(l)o xe inte ón camarón. Él xe tuto pièn de snaròci. Ghé néto él naso. Él xe copà xo e nó ‘l me parla. Ghé tasto (l)a fronte e(l)a xe de bójo. Vao da ón mèdego che xe (l)à e ghé digo: “Dotóre come sta(l)o él me putèo”? “Ghé ghémo fato e puntùre de peniciìna; sperémo bén, ma xe presto par dire”. Me vién da métame sigàre; ghe ne gò xa pèrso uno fiò(l)o có (l)a polmonite. I me assa (l)à ón tochèto. Ghé fasso na caréssa al pìco(l)o e éo él me dise pinpinèo: “Ciao mama”. Me basta cussìta. Vardo i viri; ga sba(l)à de nevegàre. Torno casa. Él dì dopo vién fòra él sóe. Bèpi xe in priàra. Parto de córsa. Rivo in ospedàe. Córo dal pìco(l)o e ghé tasto (l)a fronte. Nó (l)a xe pi calda. Él putèo alsa (l)a testa dal cussìn e él me dise: “Mama me ghèto portà él cico(l)atìn”? “Sì du caro”! Él me fa ón sorìso grando. L)o baso, ghé strenxo (l)a man e ghé digo: “Doman vièn anca tó opà”.
Vao dal dotóre: “Come sta(l)o dèsso mè fiò(l)o”? Él me varda. “Nó (l)a ga mia sentìo”? É mi: “Él xe ón miràco(l)o”! “Nò sióra!
I miràcoi i fa (l)a peniciìna”! Torno indrìo. (L)’aria nó xe pi tanto freda. (L)a nève in costièra xe xa drio desfàrse. Nó édo ora che vègna sèra pa’ dirghe tuto a Bèpi. Chissà poaréto, come che ‘l xe (l)à che ‘l pensa, (l)à su picà tacà (l)a còrda fin che ‘l fa e mine?
Jano
Pièro e Giulio
(L)a schina se inarca e xó n’antra smassà só na pria. E man suà sbrissa sól mànego, ma él masso bate, bate e bate, sól sasso, drito de sóra. E schege schissa ia, dure come él fèro. E te sbusa e braghe e se fica só (l)a pèe. Edo Pièro vissìn ón sasso oncóra intièro: “Pièro bati forte quel sasso! Bisògna che te cati (l)a véna pa’ rómpalo! Bati forte! Cussìta nó basta! Nò pinpianèo in tóndo, ma drito par sóra! Bati, alsa él masso, daghe fòrsa! Aténto al capo! Dabòto él riva! Él mùcio xe massa pìco(l)o e cussì i te para casa. Pièro me varda e tase. Mi capisso: “Dai! Vién vanti, che te dao mi ón pòche de prie. Cussìta i te tién anca ti”. I òci me brusa. El sóe me spaca él sarvèo, ma i muci, i se éde bén, anca da istànte. Tuti du i xe grandi che basta. I tòchiva bén. Él capo varda. Domàn Pièro taca da nòvo.
Jano
(L)a Mora
La schina se inàrca, él bigòlo bìsco(l)a e e sece siga. E ia su pa’ (l)a ranpa. Rivo in sima. Él pósso del Bassón xe vòdo. Vardo: “Che seco stó ano! Pare che trìbo(l)a parfìn e brècane só (l)a soìva”! Bisògna ndare xó fin ai Pa(l)ù. E sòcoe sbrissa sól scarànto, ma (l)a ca(l)à xe finìa. Él pósso xe (l)à tacà, in mèso al canpo. L’aqua xe de tuti ma ghé manca (l)a carùco(l)a. Ghé xe só(l)o na corda có na sécia e gnanca (l)a vèrara pa’ posarla. Tiro su e sece a man có drento l’aqua che so bòna tòre su. (L)a corda sbrissa e (l)a me sega i dii. Pian pianèo e sece vién piène. È taco ai gansi e me meto sóto al bigò(l). Also (l)a schina e via su pa ‘l troso. E séce bìsco(l)a; nó cade mia che l’acqua spanda, có (l)a fadìga che xe, ndarla tòre sóto él sóe. É suóre me cò(l)xó pa’ l pèto e pa’(l)a schina. Me fermo ón péo sóto ón róare pa’ ciapàre ón fià de onbrìa. Él cuco pare che ‘l me ciama, che ‘l me diga de fare presto, che gò tanti giri da fare. Rivo su sidià. Mò(l)o xó él bigò(l)o e me rapòsso na sciànta anca se romài sò casa. Rivo só (l)a porta e meto xó e sece. Una (l)a taco su i gansi del seciàro e che altra (l)a porto in sta(l)a. Gijo xe drio goernàre e bèstie. Él me varda. Tòo su e sece, parto e vao ai Pa(l)ù a tòre l’aqua.
Jano
Insandro e Urora
Ingobà, sconto sóto él fén, che gnanca te (l)o idi, Insàndro vién fòra da(l)a caresà, sóto na piòva che Dio (l)a manda. Él ga péna fato ora de fare i muci. Pinpianèo, tirando él fià, él gnen su pa ‘l tròso. (L)a saìta xe dura, dura. Él camìna có passi pìcoi, senpre pi incucià. Gò paura che ‘l se rabàlta. Él se varda i piè, pa’ nó sbrissàre. Él tròso xe come ón calto, có buse fonde scavà da l’aqua e pare che nó ‘l finìssa mai. (L)a piòva vién xó stravénto. (L)o spèto có l’onbrèa vèrta ma anca mi so tuta mòja. (L)o édo rivàre, passéto dòpo passéto, sóto él péso del fén. Él xe in córte. Él tira oncóra él fià. (L)a tèsa xe vòda. Ghé vèrxo (l)a porta déa sta(l)a. Él se incùcia có (l)a schina drita. Ghé juto a cavàrse e còrde. Na valànga de fén se roèrsa só ón cantón. “Come ga(l)o fato a tòrghene su cussì tanto”? E vache siga. Xe ora de inpienàre la grùpia. Domàn, se nó piòve, toémo i vangùni e portémo i muci che ’l ga coèrto in tèsa.
Gata
Él Tachéto
Cól bigòlo só e spae, có du sisti de loàme che tóca par tèra, te idi stó òmo grando ón schèo, ndare su pa ‘l tròso, in fianco dée banchìne. Él riva fin dessóra, só (l)’ultima muréta, fin sóto (l)a ca(l)à. Él ciapa in man él sapón. Él cava ón pòco de coégo giassà. Él roèrsa i sisti che fuma oncóra; ón pòco de qua, ón pòco de (l)à. Pa’ stó ano, quatro végne xe a pòsto. Domàn nantre quatro. Pa’ marso él ga finìo. Vao da éo cronpàre él vin. Me pare de pagàrlo gnente.
Jano
Nino
Eco! Anca incò xe qua Nino. Él vién su piàn piàn ón fià de trabucón. Pare che ‘l sia drio rabaltarse, ma mi (l)o gò isto senpre có sta anda. Él ga (i)a jiachéta xe ligà davanti, có ón spago al pòsto dii butùni. I calsìti xe tuti taconà. I sòcoi xe sbusà in pónta.
É braghe riva péna sóto él xenòcio, tute piène de pèsse. Él se senta só na carèga, in fondo, tacà la rubìna. Él méte e man só (l)a tò(l)a come pa’ ciamàrte. Él sta (l)à ón tòco. Rivo e ghé òfro na onbra, come tute e òlte. Ón pòco a(l)a òlta (l)a finìsse. Él varda la xente che magna. Él se alsa in piè, sensa sa(l)udàre nissùni. Él parte. Domàn él vien da nòvo pa’ n’antra onbra.
Gata
Smissiòto de paròe de Regassón messe in taliàn e de paròe che vién dal taliàn (cól tenpo adatà da (l)a xente de Regassón al mòdo de parlàre locàe) rimésse in taliàn, có (l)a xonta de paròe che se dise de sòito ma che vién da altre province o dai paìsi vissìni. I numi sientìfici Xe Basà só queo che xe scrito su i ibri pi nòvi.
Sicóme che tante paròe de Regassón xe tanto difarénte de quee in taliàn, qua ghe ne ghémo messo pòco pi de 3900 che sarìa tute quee che ne pare pi inportànte pa’ capire come che se parla da noàntri e èsare e conte che ghémo scrito. Ón bèl pòche de paròe che xe scrite só e conte qua nó se cata e e xe tute quee uguàe, o cussìta uguàe a quee in taliàn, che pa’ capìrle basta èsarle bén. Po’ ghé xe anca da dire che pi de una de quee che ghémo scrito e che dèsso se dise, no’ xe altro che paròe forèste; ón poche de sicuro nó xe rivà jèri, ma no’ saémo quante che se ne diséa prima oncóra dii nostri vèci. Insùma nó ghémo fato altro che métare insième on pòche de paròe che diséa i vèci có ón pòche de quee che dise oncóra la xente de na sèrta tà che xe nata qua Regassón e che, có se cata, de sòito, parla in diaéto. Nó ne xe gnanca mai passà pa (l)a testa de fare ón laóro sientìfico; ghé mancarìa altro! Qualche òlta pa’ fare capire bén còssa che vòe dire na parò(l)a, vissìn ghé ghémo scrito qualche pinsièro e qualche dito, missi anca in taliàn; so(l)o pinsièri e diti come quii de tuti i dì che ghémo sentìo na òlta e che ón pochéto vién diti anca dèsso da(l)a xente de Regassón e dee zòne vissìne, in partico(l)are quando che i ga da parlare dee robe de tuti i dì. Tuto queo che xe scrito, a(l)ora xe pròpio tèra-tèra. Anca voéndo proàre, nó savarìssimo fare gnente de mèjo, có e paròe scrite qua, ocóre dirlo, se nó a pato de fare tuti discùrsi massa pièni de paròe mèse taliane, inventà a pòsta pa’ fàghee somejàre a e nostre; basta che vedì, se esì ben, (l)a fadìga che ghémo fato a spiegàrse só e conte quando che, doparàndo so(l)o e paròe che conossémo, ghémo proà parlàre de piante. In ùltima, ghe xe da dire che ghémo anca sercà ròbe scrite, che pensàimo che ghé poéssa èssarghe sta, ma nó ghémo catà gnente. Pensémo pròprio de èssare i primi che ga deciso de butàre xó só carta ón pòche de paròe che vièn dite qua da noàntri. Ma nó esséndo par gnente xente esperta, queo che xe scrito va ciàpà par queo che ’l xe.
Mescolanza di parole caratteristiche di Regazzoni tradotte in italiano e di parole derivate dall’italiano (con il tempo adattate dagli abitanti di Regazzoni alla parlata locale) ritradotte in italiano, con l’aggiunta di parole di comune uso ma importate dalle province o dai paesi vicini. per la nomenclatura scientifica il riferimento va alle più recenti trattazioni.
Poiché molti vocaboli in uso a Regazzoni sono molto diversi dai loro corrispondenti in italiano, nella seguente rassegna vengono elencate solo le voci, poco più di 3900, ritenute maggiormene utili alla comprensione della parlata della zona e dei testi qui elaborati in dialetto. Molte parole scritte nei vari racconti nell’elenco e normalmente in uso in zona, infatti, vengono omesse, in quanto così affini alle correlative in italiano che per comprenderne il significato basta leggerle seguendo pronuncia indicata dagli accenti. Occorre, però, rispetto all’elenco nel suo complesso, anche precisare che molti termini riportati e attualmente diffusi nella parlata di Regazzoni e delle vicine contrade, sono di sicura di provenienza esterna, alcuni certamente di introduzione non recente, ma non è stato possibile stabilire quanti ne venivano comunemente utilizzati dalle generazioni precedenti quella degli attuali ultranovantenni. In sostanza, l’elencazione, senza alcuna pretesa di scientificità, è semplicemente composta da parole che a Regazzoni venivano usate un tempo e da altre che ancora vengono dette dalle persone, non più giovani, nate in loco e che, quando parlano con i conterranei, usano abitualmente il dialetto locale. Talvolta, accanto ai vocaboli, per far meglio intuire il senso di una parola pronunciata in un determinato contesto discorsivo, vengono inserite sia in dialetto sia in italiano delle brevi frasi che venivano prununciate una volta e che, non molto dissimilmente da allora, appartengono ancora un po’ al linguaggio degli abitanti di Regazzoni e delle contrade vicine, giovevoli soprattutto alla trasmissione di immagini che esprimono accadimenti connessi alle semplici necessità quotidiane. Di conseguenza, tutto ciò che si trova scritto, è concettualmente elementare. Pur mettendoci tutto l’impegno possibile, è bene chiarire che, sicuramente, non ci sarebbe stata alcuna fattibilità concreta per discorsi meno rudimentali di quelli riportati, usando le parole a disposizione, se non a patto di utilizzare molti termini mutuati dall’italiano e modificati un po’ per simulare una vera assonanza. Per comprendere quanto un tentativo in tal senso sia stato complesso, basta leggere i brani in cui si parla di botanica e vedere le difficoltà che si sono incontrate anche nel tentare di spiegare concetti poco più che banali. Occorre, infine, precisare che è stata fatta una ricerca di elenchi di parole, tipiche della propaggine orientale dei Colli, tradotte in italiano, ma non è stato trovato alcunché. Di conseguenza questo si configura come il primo amatoriale tentativo di mettere per iscritto una parte del lessico di Regazzoni e delle vicine contrade e come tale va considerato.
La redazione del Bigo(l)aro (Ana, Cèli, Fèro, Gata, Jano, Micèe, Panèe, Tiràche)
Abbreviazioni (ne vegnarìa da dire: paròe scursà, ma ga senso?)
art. articolo determinativo plurale e singolare, articolo indeterminativo plurale e singolare
agg. aggettivo qualificativo
avv. avverbio, locuzione avverbiale
cong. congiunzione, locuzione congiuntiva
dim. aggettivo e pronome dimostrativo
escl. aggettivo e pronome esclamativo
ind. aggettivo e pronome indefinito
int. aggettivo e pronome interrogativo
inter. interiezione propria o impropria
num. aggettivo e pronome numerale: cardinale, ordinale, collettivo
pron. pronome personale, particella pronominale
rel. aggettivo e pronome relativo
- pass. participio passato
poss. aggettivo e pronome possessivo
prep. preposizione semplice, preposizione articolata, preposizione impropria, locuzione prepositiva
- f. sostantivo femminile
- f. pl. sostantivo femmnile plurale
- m. sostantivo maschile
- m. pl. sostantivo maschile plurale
- verbo (transitivo, intransitivo, riflessivo, pronominale)
- a. verbo ausiliare
- s. verbo servile
a pron. io (“A vao casa”.-“ Io vado a casa”.); prep. a (“A mi me piàse (l)a pastassùta có i bisi”.-“A me piace la pastasciutta con i piselli”.); di norma, dopo una voce verbale che esprime moto a luogo la congiunzione A viene omessa (“Dèsso ndémo casa”.-“Ora andiamo a casa”.; “Vao magnàre”.-“Vado a mangiare”.; “Incò vao Pàdoa”.-“Oggi vado a Padova”.; “Córo tòre él ba(l)ón”.-“Corro a prendere il pallone”.); a-(l)à avv. là (“Vao (l)à domàn”.-“Vado là domani ”.)
abanési s. m. pl. aponensi (abitanti di Abano)
àbie agg. idoneo; abilitato; abile, capace
aboìo p. pass. abolito (il participio passato dei verbi della terza coniugazione termina generalmente in IO (“I ga aboìo él miitàre obligatòrio”.-“Hanno abolito il servizio militare obbligatorio”.; “Guido, có ’l ga finìo e vacànse al mare, él xe partìo pa’ (l)a montagna”.-“Guido, quando ha finito le vacanze al mare, è partito per la montagna”.)
aboìre v. abolire
abonà p. pass. abbonato; condonato, scontato (il participio passato dei verbi regolari della prima coniugazione termina in A (“(L)a còga ga cusinà e quaje”.-“La cuoca ha cucinato le quaglie”.; “Me mama ga peà e gaìne”.-“Mia mamma ha spennato le galline”.)
abonàre v. abbonare; condonare un debito o una parte di esso
abonàrse v. abbonarsi (contrarre un abbonamento)
abufà p. pass. abbuffato
acanìo agg., p. pass. accanito
acénto s. m. accento
acetàre v. accettare; ammettere
adissión(pl. adissión) s. f. addizione
afàbie agg. cortese
afàno s. m. mancamento, svenimento
afàre s. f. affare; attrezzo
afàto (a fato) avv. regolarmente; includendo tutto (“Có gò rancurà e castagne so nda ia a fato”.-“Quando ho raccolto le castagne le ho prese tutte senza aguardare com’erano”)
àgana s. f. solco tracciato dall’aratro (“Có quel varsùro (l)à se fa e àgane fonde”.-“Con quell’aratro si tracciano solchi profondi”.)
agnèo s. m. agnello
àgie agg. agile
agitassión s. f. agitazione
agoàsso s. m. rugiada (“Me so bagnà i piè có l’agoàsso”.-“Mi sono bagnato i piedi a causa della rugiada”.)
agoèo s. m. retino usato per sollevare dall’acqua il pesce attaccato all’amo
àgrema s. f. lacrima; piccolissima quantità
agremàre v. lacrimare, piangere
agro agg. di sapore aspro; acerbo; stanco (“So stufo agro”.-“Sono stanco e spossato”.)
ah inter. ah
ahia (ahi) inter. ahi
ai (a i) prep. ai
ajo s. m, aglio; ajo pitón = aglio selvatico (specie appartenenti al genere Allium, a esclusione dell’aglio coltivato (Allium sativum); più frequentemente: aglio delle vigne (Allium vineale) (“Quando che e magna l’ajo pitón, e vache fa (l)a late spussoénte”.-“Quando mangiano l’aglio delle vigne, le mucche, fanno il latte maleodorante”.)
ajùto s. m. aiuto
al prep. al
a(l)a (pl. ae) s. f. ala; a(l)a (pl. a e-ae) prep. alla (“Go cavà e péne a e ae del ga(l)o e a e ae e a(l)a cóa déa gaìna ”.-“Ho levato le penne alle ali del gallo e alle ali e alla coda della gallina”.; “I ga igà e ae ai gai”. -“Hanno legato le ali ai galli”.)
alba s. f. malvone roseo (Alcea rosea)
àlbaro (àlbore) s. m. albero
àlbio s. m. truogolo, trogolo (solitamente si intende quello in cui versare gli alimenti per i maiali)
albión s. m. amaranto (specie appartenenti al genere Amaranthus, più frequentemente: Amaranthus retroflexus, Amaranthus hybridus, Amaranthus deflexus, Amaranthus cruenthus e, di recente Amaranthus tubeculatus) (“Go cavà i albiùni che me ga inpestà l’orto”. “Ho levato le piante di amaranto che infestavano il mio orto”.)
almànco avv. almeno, come minimo
amèta (laméta) s. f. lametta da barba
amia (xia ) s. f . zia
amìgo (pl. amissi) s. m. amico
àmo(l)o s. m. amolo [varietà del frutto del pruno mirabolano (Prunus cerasifera) “I àmui xe bòni so(l)o có i xe fati”.-“Gli amoli sono saporiti solamente quando sono maturi”.]
amo(l)àro s. m. pruno mirabolano (varietà di Prunus cerasifera)
an avv. anzi, veramente; an? Inter. cosa?
anca cong. anche (“Vègno anca mi”.-“Vengo anch’io”.); anca s. f. anca
ancùsene s. f. incudine
anda s. f. postura nel camminare, passo; cadenza nel fare (“Él ga na anda queo”!-“ È di una lentezza quello”!)
ànema s. f. anima; animo, coraggio (“Fate ànema! Dai”!-“Fatti coraggio”! Dai”!)
anèo s. m. anello; anello stradale
àngeo s. m. angelo
angioèto s. m. poppante tranquillo che alla notte dorme; angioletto
angoèa (pessarèe da fritura) s. f. latterino (Atherina boyeri: pesciolino di laguna appartenente alla famiglia degli aterinidi che a Regazzoni si acquistava dal pescivendolo; non va confuso con la scardola o con l’alborella, due ciprinidi dall’aspetto simile presenti nei canali alla base dei Colli, o con la pseudorasbora (Pseudorasbora parva) un ciprinide infestante di origine asiatica
ango s. m. bruco non peloso di grosso lepidottero o di grosso coleottero
angùria s. f. anguria (varietà di Citrullus lanatus)
anguriàra s. f. campo di angurie; capanno dove i produttori o i rivenditori vendono angurie intere o al taglio
angùro s. m. ramarro (Lacerta bilineata)
ano s. m. anno; (l)’ano che vién/stó ano che vién = l’anno prossimo, (l)’ano passà = l’anno scorso
anpoìna s. f. spruzzetto
ansàre v. ansimare
ansi avv., cong. anzi
ansiàn agg. s. m. anziano
antrìga s. f. ortica (Urtica dioca, Urtica urens) (“Me gò becà có e antrìghe”-“Mi sono punto con le ortiche”.)
anxa s. f. colubro di Esculapio (Zamenis longissima)
anxò(l)o s. m. vespa di terra (cfr. Vespula germanica) (“Mama che mae! Me ga becà i anxòi” -“Mamma che dolore! Mi hanno punto le vespe di terra”.)
ao! inter. comando di arresto per gli animali da tiro
aquéta s. f. pioggerellina, acquolina (in bocca)
àscaro s. m. villano, incivile
aoràre (laoràre) v. lavorare
aóro (laóro) s. m. mestiere; opera, costruzione; laóro (él) s. m. il lavoro
aparìchio s. m. aereo; congegno
apòsta avv. di proposito
aprìe s. m. aprile
aqua (àcoa) s. f. acqua (“Gò spanto l’aqua)”.“Ho versato l’acqua involontariamente”.)
aquada s. f. acquazzone
aquarò(l)o agg. acquatico
àquia s. f. aquila
aquidóto s. m. acquedotto
ara s. f. aia, cortile
arà p. pass. arato
aràda s. f. aratura
arcàre v. posizionare un braccio o una gamba in modo da colpire qualcuno con forza, caricare ed effettuare un movimento ad arco
archéto s. m. trappola ad archetto per uccelli
arco (usato nella locuzione: a arco) avv. a casaccio, a vanvera (“Él tira a arco”.-“Spara a casaccio”.); a profusione (“Él tòe su i buìji a arco”.-“Raccoglie i funghi a profusione”.); arco s. m. arco, arcata
arconà s. m. area alberata di forma semicircolare posta davanti al roccolo (torretta usata per la cattura di piccoli volatili)
ardìo agg., p. pass. bruciato; p. pass. mangiato in un attimo, mangiato con voraci bocconi
ardìre v. ardere; mangiare voracemente un cibo qualsiasi, divorare (“Él ga ardìo él panin inte ón bocón”.-“Ha divorato il panino in un solo boccone”)
àrdare (àrdere-ardìre) v. ardere, bruciare (Chissà che ‘l arda”!-“Spero che bruci”!)
ardóre s. m. bruciore di stomaco
arèa s. f. arella: solitamente fatta con culmi di canna di palude (Phragmites australis )
àrese s. m. larice (Larix decidua), legno di larice (conosciuto in zona in quanto i tronchi vengono usati per fare le briccole nei canali e in Laguna)
ària s. f. aria; venticello; spazio tra due oggetti vicini; inter. fuori, largo, via da qui!
argàgno s. m. strumento, marchingegno
armàro s. m. armadio basso, cassettiera
armàre v. picchiare, farla pagare (“Varda che se te ciàpo te armo”!-“Guarda che se ti prendo ti picchio”!); allestire l’armatura per le colate di calcestruzzo
armarón s. m. aramadio alto per i vestiti appesi; uomo grande e grosso
armeìn s. m. albicocca (frutto di Prunus armeniaca)
armeinàro s. m. albicocco (Prunus armeniaca)
arna (ànara) s. f. anatra (nome generico riferito a varie specie dei generi: Aythya e Anas; data la zona il termine era attribuito solitamente al germano reale: Anas platyrhynchos; arna muta = anatra muta (Cairina moschata)
arnèa s. f. anatroccolo
àrpese s. m. controventatura
arquanti (raquànti) ind. alcuni, alquanti
arquatàni s. m. pl. abitanti di Arquà Petrarca
arsiciòco s. m. carciofo
arte s. f. pl. capi di vestiario
artesòi s. m. pl. grespini e lattughe selvatiche (rosette basali di asteracee commestibili, appartenenti ai generi Sonchus e Lactuca)
artico(l)àto s. m. filo spinato
artìco(l)o s. m. persona dal modo di fare strano e imprevedibile
àrxare s. m. argine
àscaro agg., s. m. bestiale, incivile, violento
aseìn s. m. gusto acido del vino entro il quale si è prodotto acido acetico
aséo s. m. aceto (mare de l’aséo = matrice dell’aceto (si forma spontaneamente nelle damigiane o nelle botti dove l’aceto permane lungamente): concentrazione gelatinosa di batteri che provocano la fermentazione acetica
assaìn s. m. attrezzo i per affilare i coltelli durante il lavoro; cane del fucile
assàre (dassàre) v. lasciare
assè ind., avv. molto
assiménto s. m. bestemmia, imprecazione; sfinimento
assión (pl. assión) gesto sbagliato, gesto incontrollato, gesto violento; torto
associassión s. f. associazione
astiàre v. provocare o dare fastidio agli animali o alle persone (“Te ghè astià e brespe e e te ga becà”!-“Hai dato fastidio alle vespe e ti hanno punto”!)
àstico s. m. elastico
astichéto s. m. elastico da scrivania
astón s. m. cardo campestre (Cirsium arvense)
atesò(l)o (artesòlo) s. m. grespino, lattuga (nome generico per indicare le rosette basali di alcune asteracee commestibili: grespino spinoso e grespino comune (Sonchus asper, Sonchus oleraceus), lattuga selvatica e lattuga salcigna (Lactuca serriola, Lactuca saligna) (“I atesòi nó va còti da sói ma có altre èrbe”. – “I grespini e le lattughe selvatiche non si devono cuocere da soli ma con altre erbe”.)
àto(l)a s. f. pertica
ava s. f. ape mellifera (Apis mellifera)
avertìo p. pass. avvertito, fatto intendere
avertìre v. avvertire
aviìo agg. avvilito
avisàre v. avvisare, avvertire; fare intendere (in tono minaccioso)
avìso s. m. avviso, annuncio, avvertimento
avissinàre v. avvicinare
babastréjo (pl. babastrìji ) s. m. pipistrello (specie appartenenti ai generi: Pipistrellus, Rhinolophus, Myotis, Eptesicus)
bacajàre v. parlare a sproposito, dire cose inverosimili
bacajón s. m. chiacchierone senza misura
baca(l)à s. m. stoccafisso (merluzzo nordico essiccato: Gadus morhua)
bacàn s. m. baccano
bacanòto s. m. persona stupida, rozza e ignorante
bachéta s. f. bacchetta (in una particolare accezione indica un bastoncino con cui, un tempo, i genitori o i maestri a scuola percuotevano i bambini che avevano commesso mancanze); ramoscello
bachetèo s. m. ramoscello
bachéto s. m. bacchetta
badàre v. fare attenzione; avere cura, fare sorveglianza
baèna s. f. balena; persona affetta da forte obesità
baéngo s. m., agg. bizzarro, strambo, matto
baèstra s. m. balestra
baerìn s. m. ballerino; agg. oscillante, malfermo, instabile (riferito a un oggetto)
baéta s. f. bacca (“É baète de sgólmara xe bòne da magnàre”.-“Le bacche di corbezzolo sono commestibili”.); pallina
baetàre s. f. pl. piante ornamentali dalle bacche rosse appartenenti al genere Solanum (cfr. Solanum capsicastrum)
baetón (baìn) s. m. pallino della cartuccia del fucile da caccia; agg., s. m. sveltissimo, velocissimo nella corsa
bagnìn s. m. bagnino
bago(l)àro s. m. bagolaro (Celtis australis)
bàgo(l)o s. f. questione da risolvere, questione complicata; malanno
baguìna s. f. bastone da passeggio con manico ricurvo
baguìti s. m. pl. calciobalilla, gioco a calciobalilla
bagùnghi s. m. poveruomo, poveraccio
baìje s. m. vanga
baìja s. f. pala a mano con lungo manico da usare restando in piedi (usata soprattutto nell’edilizia)
bajonèta s. f. baionetta
baìsta agg., s. m. contaballe
ba(l)a s. f. palla; bugia (“Te me ghè contà na ba(l)a”!-“Mi hai detto una bugia”!); sbornia (“Ménego ga ciapà na ba(l)a da fògo”.-“Domenico ha preso una forte sbornia”.)
ba(l)ànsa s. f. bilancia (nome generico per indicare le bilance, compresa la stadera con piatto e ganci)
balbo agg., s. m. affetto da balbuzie
ba(l)o s. m. (pl. bai) ballo, ballata
ba(l)ón s. m. pallone; dilatazione abnorme delle vene dei testicoli
ba(l)onàro agg., s. m. inaffidabile; incorreggibile ingannatore
ba(l)onsìni s. m. pl. alchechengi (Physalis alchechengi)
ba(l)onsìn s. m. palloncino
ba(l)òta s. f. tuorlo; ba(l)òte (bae) dii oci = iride e pupilla
balsi s. m. pl. vitalba (Clematis vitalba); legacci vegetali per i fasci di frumento
banchìna s. f. (pl. banchine) panchina
banchìne s. f. pl. terrazzamenti in collina
banda s. f. lamiera; parte (da che altra banda = dall’altra parte; banda mia = nella mia proprietà, nel mio campo)
bandéta s. m. lattoniere
bandinèe s. f. pl. accessori antivento in lamierino per moto e ciclomotori
bandìta s. f. zona protetta di ripopolamento per animali selvatici
bandón s. m. contenitore per liquidi in lamiera
bandonàre v. abbandonare
bandorèo s. m. contenitore per liquidi (solitamente riferito a grossi contenitori in latta per conserve, riutilizzati dopo aver consumato il contenuto)
banpa s. f. fiamma
banpàda s. f. fiammata
bao s. m. (pl. bai) insetto, artropode (nome generico usato soprattutto per definire un piccolo insetto, in particolare piccoli coleotteri o, più largamente, a esclusione dei ragni, un piccolo artropode)
bapóre s. m. vapore
baràca s. f. baracca
baracàda s. f. mangiata in compagnia senza formalità
barachìna s. f. calesse
barba s. m. suocero; s. f. barba; seccatura
barbacàn s. m. puntello, barbacane (struttura antemurale in muratura di sostegno di un edificio); a Venezia i barbacani sono strutture emergenti dai piani superiori dei palazzi atte a recuperare spazio abitativo senza incidere sulla percorribilità delle calli
barbìn agg. non di razza (riferito a un cane: “Él xe ón can barbìn”./“Él xe ón can da pajàro”.-“ È un bastardino da guardia”.)
barbo s. m. barbo (Barbus plebejus)
barbón s. m. barbone; lunga barba
barcàro s. m. barcaiolo
barco (barchessa) s. m. ricovero attrezzi con annesso fienile
bardoèo s. m. rete da pesca a camere successive da piazzare sul fondo dei canali
barèa s. f. barella; piccolo carro con le sponde
barèna s. f. barena (terreno lagunare appena emergente, sottoposto a marea)
baréta s. f. berretto; fig.: sberla (“Vuto ciapàre na barèta”? -“Vuoi prendere una sberla”?)
baretón s. m. sberla; grande berretto
baricòco(l)o s. m. mancamento; testa
baròcolo s. m. piccola quantità di sostanza molle compressa e resa e forma di palla (“Se ghemo tirà i baròcoi de nève”.-“Ci siamo tirati le palle di neve”.)
baròsso s. m. carro a due ruote
barufànte s. m., agg. litigioso
barufàre v. litigare
barxeéta s. f. barzelletta; racconto inverosimile
basà p. pass. baciato; posto sopra; agg. basato
basabànchi. s. m. bigotto
basaégio s. m. pungiglione delle vespe, dei calabroni e delle api; lingua delle serpi
basaìco (basiìco) s. m. basilico (Ocimum basilicum)
basàre v. baciare; porre sopra
basàrse v. baciarsi; basarsi (nei tempi composti dei verbi riflessivi propri o impropri abitualmente si usa l’usiliare avere(vère) con il participio invariato:-“Nani e Romeo se ga macà”.-“Giovanni e Romeo si sono picchiati”.; “Mario se ga fato mae”.-“Mario si è fatto male”.; “Gigio se ga petenà”.-“Luigi si è pettinato”; “Mi e (l)a Dèe se ghemo vargognà”.-“Io e Adele ci siamo vergognati”.; “Él gato se ga indormessà só (l)a carèga”.-“Il gatto si è addormentato sulla sedia”; “I gatéi se ghéa indormessà sól lèto”.-“I gattini si erano addormentati sul letto”.; “Ti te cridi che Poldo se gàbia svejà da sol)o”?-“Tu credi che Leopoldo si sia svegliato da solo”?; “Miro e Rino se gavarà pentìo dèsso”!-“Miro e Rino si saranno pentiti adesso”!; “Ve ghio svejà dèsso”?-“Vi siete svegliati adesso”?; “Te ghèto svejà dèsso”?-“Ti sei svegliato adesso”?)
basèta s. f. basetta
baséto s. m. bacino (ricevuto dai bambini)
basiìsco (bissogà(l)o) s. m. basilisco (animale della tradizione orale popolare fantastica, mezzo serpente e mezzo volatile, capace di uccidere o di rimbambire in modo permanente con uno sguardo
baso s. m. bacio
bassacùna s. f. bilancia basculante a bracci diseguali, con pianale su cui porre il carico, usata per pesare i sacchi di granaglia
bassinèa s. f. bacinella
basso avv. giù (“Nano, vién basso”!-“Ferdinando, vieni giù”!); agg. basso
bastonà s. f. colpo con un bastone
bastonàda s. f. bastonatura; sconfitta (“Come xéa ndà (l)a partia”? “Ghemo ciapà na bèa bastonàda”.-“Com’è andata la partita”? “Abbiamo subito una sconfitta pesante”.)
bastón s. m. bastone; fig.: persona rigida nei movimenti; donna senza forme
bastonsèo s. m. bastoncino
batajàni s. m. pl. abitanti di Battaglia Terme
bàtare v. battere; sconfiggere; picchiare, lottare, fare a botte
batarèa s. f. batticuore; tachicardia
batarìa s. f. prodotti di cattiva qualità; batteria di oggetti
bàtarse v. picchiarsi; darsi delle botte da soli
bataùro s. m. atterezzo usato per battere i baccelli secchi dei legumi e farne uscire i semi
batèo s. m. battello
batéso s. m. battesimo
batimàn s. m. battimani
batipàni s. m. battipanni
batòcio s. m. batacchio; contrappeso del carro a due ruote
batùa s. f. collocazione, esposizione (“Él xe in batùa del sóe”.-“È esposto al sole”. ); grande quantità (“Xe rivà na batùa de xente”-“È arrivata tantissima gente”); sconfitta, percossa
baucàre v. perdere tempo durante lo svolgimento di un lavoro; rallentare il ritmo di lavoro; non esplicitare adeguatamente le intenzioni a causa della propria timidezza
bava s. f. filo da pesca; bava, saliva; brezza, vento
bàvaro s. m. bavero
bavarò(l)o s. m. bavaglino
baùco agg., s. m. stupido, lento a comprendere
béante s. m. ailanto (Ailanthus altissima)
béare v. bere (p. pss. beù)
bearàre v. innaffiare (p. pass. bearà)
bearàda s. f. innaffiatura
bearón s. m. misto di liquidi da bere; malta molto liquida da mettere tra le file di mattonelle dopo la posa; pastone di crusca o cruschello molto liquido per i maiali
becafìgo s. m. beccafico (Sylvia borin)
becanòto s. m. beccaccino (Gallinago gallinago); agg., s. m. rozzo, poco intelligente
becàre v. pungere (“Me ga becà e antrìghe”.-“Mi hanno punto le ortiche”.; “Me ga becà e ave”.-“Mi hanno punto le api”); cogliere in fallo (“Te gò becà”.-“Ti ho beccato”.)
becarìa s. f. macelleria
becàro s. m. macellaio
bécheto s. f. lembo
béchi s. m. pl. tagete (Tagetes sp.)
bechignò(l)o s. m. capezzolo
bechìn s. m. becchino, operatore cimiteriale
bèco (pl. bèchi) s. m. becco
béco (pl. béchi) agg., s. m. marito tradito dalla moglie
beco(l)àre v. prendere il cibo con il becco; mangiucchiare assaggiando varie pietanze; beco(l)àre (l)a ua = piluccare gli acini di un grappolo d’uva non spiccato dalla pianta
becón s. m. puntura di un insetto, morso di un rettile, beccata di un uccello; assaggio
beduina s. f. cinciallegra (Parus major)
beèssa s. f. bellezza; cosa bella, donna bella
belcón s. m. balcone, battenti esterni del balcone (fig.: “Él xe fòra come ón belcón”.-“ È matto”.)
bèn inter. beh; bèn ciò = ma guarda un po’
bén avv. bene (”Quea casa xe fata bén”.-“Quella casa è ben fatta”); s. m. bene (il bene: “Quea fémena fa él bén dii altri”.-“Quella donna fa il bene altrui”); s. m. amore, affetto (“Te vujo tanto bén”.-“Ti amo tanto”./“Sono tanto innamorato di te”.; “Ghe vujo tanto bén a me mama”.-“Voglio tanto bene a mia mamma”-“Ho un grande affetto per mia madre”.)
benedèto agg. benedetto, sacro; (fig.: “Benedéto”!-“Ma non capisci”!; “Nò benedéto”.-“Nò mio caro”.)
benedìo p. pass. benedetto; fig.: rimproverato
benedìre v. benedire, consacrare; fig.: rimproverare (“Va farte benedìre”!-“Vai a quel paese”!)
benedissión s. f. benedizione; fig.: rimprovero
benxinaro s. m. benzinaio
bèo agg., s. m. bello
bèro s. m. osso sacro
bersàlio s. m. bersaglio
bessamèa s. f. besciamella
bestiàe agg. eccezionale, straordinario; agg., s. m. bestiale (rozzo e violento come un bestia)
bestiò(l)a s. f. animale piccolo e grazioso; agg., s. f. poverino, poverina
bestióina s. f. insetto o artropode in genere (“Gò catà na bestioìna só (l)a sa(l)àta. Nó (l)a magno pi”.-“Ho trovato un insetto nell’insalata (condita). Non la mangio più”.)
bestión s. m. persona particolarmente alta, muscolosa e robusta
beù (beùo, beésto)o p. pass. bevuto
beùa s. f. bevuta (solitamente in compagnia)
beunèse agg., s. m. bellunese
biancoìne s. f. pl. varieta di cilige dal colore bianco rosato
biastéma s. f. bestemmia
biastemàre v. bestemmiare
biàva s. f. foraggio per cavalli
bicecléta (bicecréta, bicicréta) s. f. bicicletta
bicicletàda s. f. biciclettata
biciaràda s. f. bicchierata
biciarìn s. m. piccolo bicchiere per liquori; porzione uniformata di liquore
bidèo s. m. bidello
bidón s. m. bidone; mancato rispetto di un appuntamento; truffa
bidonàda s. f. truffa; cantonata, equivoco
bièto(l)a s. f. bietola da zucchero
biga s. f. carro a due ruote trainato da una bicicletta; patta dei pantaloni
bigo(l)àra s. f. patta dei pantaloni (lembo di stoffa che copre l’apertura anteriore)
bigolàro s. m. torchio per fare i bìgoli montato su un cavalletto
bìgo(l)o s. m. bìgolo (pasta all’uovo simile a un grosso spaghetto); ón bìgolo de aria = un piccolo soffio di vento/un po’d’aria (“Ndemo fòra ciapàre ón bìgolo de aria”.-“Andiamo fuori a prendere un po’d’aria”)
bigò(l)o s. m. bicòllo (a Regazzoni era una larga asse ricurva ricavata dalla parte centrale di un tronco, con ganci per appendere pesi, cesti o secchi; talvolta, per il trasporto di piccolo pesi; poteva anche trattarsi di un bastone ricurvo, smussato nella parte poggiante sulle spalle)
bigòto agg., s. m. bigotto
biliéto s. m. biglietto
bilietàro s. m. bigliettaio
bìndo(l)o s. m. altalena
bindo(l)àre v. dondolare qualcuno con l’altalena o con la sedia
birbantàda s. f. furbata, marachella
birbo agg. furbo, smaliziato
biròcio s. m. piccolo carro a due ruote
bisàto s. m. anguilla (Anguilla anguilla)
bisbètico agg., s. m. dispettoso, antipatico, litigioso
bìscaro s. m., agg. balordo
bisco(l)amento s. m. oscillazione, ondeggiamento
bisco(l)are v. oscillare, ondeggiare
biscòto s. m. biscotto
bisèe s. f. pl. tralci delle viti potati con cui si fanno fascine (oggi, solitamente, vengono macinati sul posto)
bisesto (ano) s. m. anno bisestile
bisnòno s. m. bisnonno
biso s. m. pisello (pianta e seme: varietà di Pisum sativum); agg., s. m. brizzolato, bigio
bissa s. f. biscia, serpente (nome generico attribuito ai rettili apodi)
bissaòrba (pl. bisseòrbe)/bissaòrbo(l)a (pl. bisseòrboe) s. f. lucertola (specie appartenenti al genere Podarcis: Podarcis muralis, Podarcis siculus)
bisso s. m. lombrico (specie appartenenti al genere Lumbricus )
bissón (sarpénte) s. m. serpente
bituare v. abituare
bituarse v. acquisire un’abitudine, adattarsi
bituà p. pass. agg. abituato, adattato; addestrato
biù (beù) p. pass. bevuto
bìvita s. f. bibita
blè agg. blu
blòco s. m. pezzo di grandi dimensioni di pietra, di marmo, ecc.; interruzione; divieto; taccuino
blochìti s. m. pl. blocchi di cemento per costruzioni
blusa s. f. maglietta
blusón s. m. maglione
bò (pl. bò) s. m. bue
bòh (buh) inter. boh
boarìa s. f. fattoria con annessa grande stalla per i buoi
boàro s. m. addetto alla cura dei bovini; fig.: persona rozza
boàssa s. f. escremento di bovini ed equini
bóca s. f. bocca; imbocco; tirare (l)a bóca = sbraitare (“(L)a maestra de me fiò(l)o ogni tanto tira la bóca có i putèi, ma nó (l)a xe catìva”.-“La maestra di mio figlio talvolta sbraita ai suoi alunni, ma non è severa”.)
bocàra s. m. termine di un tubo inanellato a scopo di innesto di un altro tubo, imboccatura
bocàe s. m. boccale, caraffa; bocàe (orinàe) s. m. vaso da notte
boca(l)ón agg., s. m. sboccato, chiacchierone; s. m. persico trota (Micropterus salmoides)
bocàssa s. f. boccaccia; malalingua
bocàto s. m. dolce nel vino (il sapore)
bochetón s. m. bocchettone
bochìn s. m. bocchino (per le sigarette); sesso orale nei confronti di un partner maschile
bòcia s. m. ragazzo, ragazzino
bòco(l)o s. m. rametto fruttifero delle piante; largo ricciolo dei capelli
bocón s. m. boccone
boeàra s. f. porcino (specie fungine appartenenti al genere Boletus, solitamente: Boletus aereus)
bòfice s. m. didietro, culo, sedere; fig.: “Te (l)a ghè ciapà sól bòfice”.-“L’hai presa nel didietro”./“Ti sei fatto fregare”.
bojacàda s. f. operazione di rifinitura delle superfici a piastrelle attraverso la colmatura degli interstizi con malta molto molle
bojada s. f. cretinata
bójo s. m. bollitura (“Ghe go dà ón bojo”.-“L’ho fatto bollire per un po’di tempo ma senza finire di cuocerlo”.); calore eccessico (“Él xe de bójo; él ga (l)a frève”.-“ È caldissimo; ha la febbre”); nella Bassa Padovana e nel Rodigino la parola bójo indica le filtrazioni dell’acqua dei fiumi oltre l’argine le quali creano specchi permanenti o aree impaludate; in un’ulteriore accezione il termine si riferisce a residui inondati di antichi letti fluviali
bojóre s. m. sensazione intensa di calore
bó(l)a s. f. livella; bolla
bólpe s. f. volpe (Vulpes vulpes)
bolpón s. m. furbacchione
bón agg., buono; saporito; autentico; valido; vero; di qualità; commestibile (“I buìji che te ghe catà xe bòni/buni”. -“I funghi che hai trovato sono commestibili.”); non selvatico (“Inte ‘l me monte gò du castagnàri bòni”.-“Nel tratto di colle di mia proprietà ci sono due castagni da innesto selezionato”.); all’altezza di adempiere ad un un incarico (“Se mando Franco bruscàre i uivàri xeo bón farlo da so(l)o”?-“Se mando franco a potare gli olivi è in grado di farlo da solo”?; generoso; capace; s. m. buono, bontà (“Perdóneo! Tira fòra él bón che xe in ti”!-“Perdonalo! Fai uscire il buono che è dentro di te!/Mostra la tua bontà!”)
bonarìvo agg. mattiniero
bonàsso s. m. bonaccione
bonbàso s. m. cotone idrofilo in fiocchi; fig.: situazione di vita privilegiata (“Te ghe vivésto inte ‘l bonbàso”.-“Sei vissuto nella bambagia”.)
bondànsa s. f. abbondanza
bondànte agg. bastevole, abbondante
bóndo(l)a (soprèssa) s. f. sorta di grosso salame tipico veneto
bonóra (de) avv. al mattino presto
bórasca s. f. burrasca; sconvolgimento
bordèo s. m. baccano, chiasso; casa di tolleranza
bordìre v. abortire
borsa s. f. borsa
borse s. f. pl. scroto; occhiaie
boschéta s. f. tratto di bosco caratterizzato da vegetazione uniforme
bósega s. m. pesce della famiglia dei muggini simile al cefalo (Chelon labrosus)
bòso agg. mortificato, demoralizzato
bòssa s. f. bottiglia, borraccia
bòta s. f. botta, colpo, contusione; grande quantita (“Gò ciapà na bòta de pésse”.-“Ho preso tantissimo pesce”.); fig.: “Gò bu na bòta de cu(l)o”!- “Ho avuto un grosso colpo di fortuna”!
botàro s. m. bottaio
bòte s. f. pl. percosse
bóte s. f. botte (botesèa = piccola botte)
botéga s. f. bottega, laboratorio; apertura anteriore dei pantaloni coperta dalla patta
botégaro s. m. bottegaio
bòti (fòghi) s. m. pl. fuochi d’artificio
bòto s. m. botto, suono della campana; ora, in riferimento alle due ore successive a mezzanotte o a mezzogiorno (“Xe ón bòto déa nòte”.-“Sono le ore una”.; “Xe ón bòto”.-“Sono le ore tredici”.; “Xe mèso bòto”.-“Sono le dodici e trenta”./ “Sono le ore zero e trenta minuti”; “Xe du bòti”.-“Sono le ore quattordici”)
botón s. m. bottone, pulsante; grande botte; tacàre botón = mettersi a chiacchierare (con uno sconosciuto)
bovoéto (pl. bovoìti) s. f. chiocciolina (il termine bovoéto, importato, solitamente indica Theba pisana, cioè la chiocciolina commestibile che si osserva sugli arbusti e sugli steli delle piante erbacee delle dune)
bòvolo s. m. mulinello d’acqua, gorgo
bracàre v. latrare (solitamente si intende il latrato un cane mentre segue la pista di una preda annusandone l’odore; l’abbaiare furioso durante l’inseguimento della preda, unito all’inseguimento stesso, viene detto: paràre (“Él can de Osca ga parà ón dièvore (diègore) pa’ dó ore”.-“Il cane di Oscar ha inseguito una lepre latrando per due ore”.)
braco s. m. latrato (“Él me can ga sentio él dièvore; él ga fato du brachi ma nó (l)o ga burìo”.-“Il mio cane ha sentito l’odore della lepre; ha emesso alcuni latrati ma non l’ha snidata”)
braghe s. f. pl. pantaloni
braghesséte s. m. pl. pantaloncini
braghièro s. m. assorbente igienico in stoffa per donne
brao agg. bravo
braéto agg. bravino
brancà s. f. quantità di cose che può contenere e tenere stretta in una mano
branxìn s. m. spigola (Dicentrarchus labrax)
brassà s. f. bracciata (quantità legna, fieno, paglia, ecc., che può tenere una persona con le braccia aperte)
brassàrse (inbrassàrse) v. abbracciarsi
brasso s. m. braccio; unità di lunghezza locale che va dal pugno chiuso al gomito, matematicamente non definita
brassocò(l)o s. m. situazione di abbraccio affettuoso (“I se ga ciapà brassocò(l)o”.-“Si sono abbracciati”.)
braùra s. f. bravura; fig.: bravata
brècane s. f. pl. erica arborea (Erica arborea); fig.: “Tasi ti che stè in mèso a e brècane”.-“Taci tu che sei un rozzo montanaro”.
brentàna s. f. esondazione (o piena) di un fiume
brentarò(l)a s. f. trota marmorata (Salmo trutta marmuratus) specie eccezionalmente presente nel Bacchiglione e nel Canale Battaglia
breschìjo s. m. gamberetto di fiume (Palemonetes antennarius?)
bresòe (coste) s. f. pl. costole
bresoéte (costesìne) s. f. pl. costicine di maiale
bresò(l)a s. f. braciola
brespa s. f. specie di imenotteri appartenenti alla famigliadei vespidi (Vespidae), con particolare riferimento alle vespe cartonaie e alle vespe muraiole (cfr.: Polistes dominulus, Sceliphron caementarium)
brìco(l)a s. m. briccola (struttura diffusa in laguna e nei canali navigabili interni, composta da grossi pali ravvicinati ancorati al fondale in posizione leggermente obliqua, tenuti uniti da cerchi in ferro o catene, atta a indicare la via alle barche e impedire di incagliarsi nelle secche)
brigànte s. m. brigante; birbante (riferito solitamente a un bambino molto vivace)
brincàre v. sorprendere improvvisamente qualcuno che nei tuoi confronti sta facendo o ha fatto un’azione dannosa (“(L)o gò brincà fin che ‘l jèra drio portàrme ia e gaìne”.-“L’ho sorpreso mentre mi rubava le galline”.); afferrare (“(L)o gò brincà pa’ i caìji”.-“L’ho afferrato per i capelli”.)
brinco s. m. elemento della forca atto a infilzare, sporgenza sottile e appuntita
brìsco(l)a s. f. carta con valore (cioè dello stesso segno di quella estratta a comandare il gioco nel gioco a briscola): l’asso, il tre, il re, il cavallo e il fante; briscoéta = carta di valore inferiore: il sette, il sei, il cinque, il quattro e il due
brìto(l)a s. f. coltellino a serramanico con lama ricurva
broà p. pass., agg. ustionato a causa del contatto con liquidi o vapori caldissimi
broàre v. versare dell’acqua bollente sopra verdure, stoffe o animali uccisi per dare una prima scottatura o per togliere il pelo o le piume (“So drio broàre él porsèo”.-“Sto versando l’acqua bollente sul corpo del maiale morto per poter togliere il pelo”.)
broàrse v. ustionarsi con liquidi caldissimi o vapori roventi
bròca s. f. bulletta, chiodo corto con la capocchia larga (usato per calzature con la suola in legno); broche de garòfo(l)o = chiodi di garofano (Syzyngium aromaticum)
broco(l)àre v. eseguire tagli mirati allo scopo di sfoltire o accorciare i rami di una pianta, a scopo ornamentale o produttivo
broco(l)àda s. f. potatura (sistemazione di una pianta o di una siepe attraverso tagli mirati); fig.: percossa (“Ghe gò dà na broco(l)àda”.-“L’ho percosso”.)
broéja s. f. vilucchio (solitamente: Convolvulus arvensis ma, talvolta, Calystegia sepium)
broetò s. m. decotto di cavolo verza con aggiunta di pepe, olio e sale
bròi s. m. pl. giunco (solitamente: Juncus effusus, Juncus conglomeratus e Juncus inflexus; i giunchi venivano usati come legacci per i rametti fruttiferi delle viti)
brò(l)o s. m. frutteto
brónba s. f. prugna, frutto del pruno domestico (Prunus domestica); maronbo(l)àni = varietà di prugna
bronbà (sbronbà) p. pass. completamente intriso (a causa la pioggia, per l’eccessiva sudorazione)
bronbàra s. f. pruno domestico (Prunus domestica)
bronbàre v. innaffiare abbondatemente
bronbàrse (sbronbàrse) v. bagnarsi completamente
bronbiò(l)o s. m. frutto del prugnolo spinoso (Prunus spinosa) (“Él insénde come i bronbiòi crui”.-“È aspro come i frutti acerbi del prugnolo spinoso”.)
bronbio(l)àro s. m. prugnolo spinoso (Prunus spinosa)
brónbo agg. bagnato fradicio
brónsa s. f. brace; (fig.: “Él xe na brónsa coèrta”.-“È uno che è calmo solo in apparenza”./“È uno che sembra sincero ma è una malalingua, uno che può farti del male alle spalle”.)
bronsàro s. m. accumulo di braci
bronto(l)aménto s. m. lagnanze; borbottio; brontolio dell’intestino
brósa s. f. crosta sulla pelle formatasi in seguito a un taglio o a un’escoriazione, oppure provocata da una malattia esantematica
bròsema s. f. brina
brosemàda s. f. brinata
bruè s. m. vin brulé
brùfo(l)a s. m. triotto (Rutilus aula)
brùfo(l)o s. m. foruncolo
brusàre v. bruciare; ardere; marinare la scuola
bruscàndoi s. m. pl. pianta e germogli commestibili del luppolo (Humulus lupulus)
bruscàra (pl. bruscàre) s. m. rusco (Ruscus aculeatus)
bruscàre v. potare
bruschetàda s. f. spazzolata
bruschéto s. m. spazzola; bruschéto da ipia = spazzolone per lavare i panni, fatto con radici di trebbia maggiore (Chrysopogon gryllus) e legno (“So nda inte (l)a fontàna a lavàre e strasse cól bruschèto da ìpia e él saón”.-“Sono andata a lavare i panni alla fonte con la spazzola fatta con le radici dei trebbia maggiore e il sapone”.)
bruschetàre v. spazzolare
bruschi s. m. pl. germogli commestibili del pungitopo (Ruscus aculeatus)
brusco s. m. brufolo, foruncolo
brusìn s. m. odore di bruciato, sapore di bruciato
brusto(l)àre v. abbrustolire, arrostire sulla griglia
brustolàrse v. abbrustolirsi; prendere il sole per abbronzarsi
bubàna s. f. fortuna
bùco(l)a s. f. orecchino; anello posto al raccordo di tubi
buèa s. f. tratto di intestino
bueàda s. f. azione sbagliata, azione stupida
buèe s. f. pl. intestino
buèo s. m. stomaco; budello per insaccati; donna di “facili” costumi (termine legato a pregiudizi maschilisti); persona fortemente obesa e di cattivo aspetto; persona cattiva e perfida (un tempo l’appellativo con cui ci si rivolgeva a uno volendo dargli dell’infame, del crudele o del maligno era la seguente: buèo marso; se invece il tono non era volutamente offensivo si usava l’epiteto: buèo ranso)
buèi s. m. pl. budelli naturali per insaccati
buféto s. m. comodino
bugànse s. f. pl. geloni
bugèo s. m. falò
bugìre (bógere) v. bollire
bugnàre v. lavorare la superficie delle pietre con un martello apposito in modo da ottenere una superficie bugnata (ad esempio quella delle pietre sagomate che ancora delimitano i marciapiedi in vari paesi del Padovano)
bujàte s. m. bollilatte
buìjo s. m. fungo
bu(l)a s. f. pula
bu(l)ón s. m. bullone
bunìgo(l)o s. m. ombelico
buràna (nìbia) s. f. nebbia (“Ghe xe na buràna che te (l)a taji cól cortèo”.-“C’è una nebbia tanto fitta che si può tagliare con il coltello”.)
buratìn s. m. burattino; agg., s. m. frivolo, irresponsabile
burba s. f. varietà di prugna
bùrcio s. m. burchio (grande barca a fondo piatto con stiva usata per il trasporto fluviale-lagunare di merci; in zona i burci, dopo avere stivato grossi carichi di macigni silicei che arrivavano dalle cave di Turri e Valdimandria tramite carri e teleferica, prima percorrendo il Canale Battaglia e poi quelli inferiori, giungevano alla Laguna e al Delta del Po, i luoghi dove i massi venivano usati principalmente come frangiflutti o per costriure arginature
buregòto s. m. donna grassa e tozza
burìre v. snidare le lepri (da parte di un cane, dopo averne fiutato l’odore)
burón s. m. burrone, precipizio
burotàra s. f. madia
burùni s. m. pl. feccia del vino
busa s. f. buca; posto angusto; vallata tra i monti (“(L)a busa de Regassón có fiorìsse e saresàre xe tuta bianca”.-“La vallata di Regazzoni quando fioriscono i ciliegi è tutta bianca”.)
buso s. m. buco; ambiente molto ristretto
busaràda s. f. truffa, fregatura
busaràre v. truffare
buséta s. f. occhiello per i bottoni; (fig.: “I xe buséta e botón”.-“Sono due che vanno molto d’accordo”./“Sono conniventi”./“Hanno lo stesso modo di fare”.); piccola buca
busìa s. f. bugia
busiàro agg., s. m. bugiardo
buso s. m. buco
bùsso(l)a s. f. bussola
busso(l)à agg., a forma di ciambella; s. f. dolce a forma di ciambella
busso(l)òto s. m. barattolo; attrezzo vecchio e mal funzionante
busta (cartèa) s. m. cartella per scolari; busta s. f. busta; copricapo di fortuna in uso presso i muratori, fatto a mano con carta piegata
butàre v. gettare; germogliare, crescere (“Che bén che buta tó fiò(l)o” !- “Come cresce bene tuo figlio”!)
butàrse v. sdraiarsi, distendersi, gettarsi a terra, tuffarsi; andare a dormire; butàrse xo = deprimersi, lasciarsi andare, indebolirsi.
butà p. pass. gettato; steso, sdraiato, disteso; s. f. apertura delle chiuse dei corsi d’acqua per favorire la navigazione a valle (es: sistema Canale Battaglia-Vigenzone); germinazione plurima, fruttificazione plurima (“Stó ano gò fato na bèa butà de bisi”!-“Quest’anno i miei piselli hanno fruttificato abbondantemente”); butà xo = depresso
butìlia s. f. bottiglia
butìro s. m. burro
buto s. m. gemma, pollone
ca cong., rel. che (non viene usato come interrogativo e come esclamativo)
caciàna s. f. sberla
cade v. bisogna (“Nó cade miga”.-“Non bisogna ”./“Non si deve fare”.)
cadàvaro s. m. persona magrissima e ossuta; cadavere
cafeàte s. m. caffelatte
caéna s. f. catena; questione, lite, polemica
caenàsso s. m. catenaccio
caenèe s. f. pl. giostra a catenelle
caéssa s. f. cavezza; collottola
cagàre v. espellere le feci
cagaùra s. f. escremento di animale; fig.: idea stupida, idiozia
cagaùro s. m. gabinetto (solitamente a Regazzoni la parola si riferiva a un capanno all’aperto senza acqua corrente, composto da una buca di forma allungata con sopra una tavola messa di traverso e da pareti e tetto fatti di canne o di tavole
cagna s. f. gioco a rincorrersi e toccarsi; cane femmina
cagnàra s. f. chiasso
cagnàrse v. fare baruffa
cagnàto s. m. ragazzino
cagne s. f. pl. travi per armature in legno, da infilare sui muri come appoggio per le travi verticali
cagnéto s. m. lampreda (Lampetra planeri?; Lathenteron zanandreai?); cagnolino
cagnón s. m. malattia; odore o sapore nauseabondo
cagón agg., s. m. gradasso, vanitoso
caìbrio s. m. equilibrio
caìcia s. f. caviglia
caìcio s. m. zeppa, tappo per rubintti con chisura a pressione
caìjo (cavéjo) s. m. capello
caìsto p. pass. caduto
caìn s. m. catino
càisse s. m. calice
cajo (conàjo) s. m. caglio
cajà (chijà) agg., p. pass., coagulato, solidificato (un grasso)
cajàrse (chijàrse) coagulare, solidificare (un grasso)
ca(l)à s. f. discesa; declivio
ca(l)àgna s. f. capezzagna
ca(l)amaro s. m. calamaio; calamaro europeo (mollusco della famiglia Loliginidae: Loligo vulgaris)
ca(l)àre v. diminuire, scendere giù, dimagrire; fig.: ca(l)àre e réce = abbassare la cresta
calca s. f. affollamento molto stretto
calméto (pl. calmìti)s. m. rametto munito di gemme usato per l’innesto a spacco
ca(l)o s. m. (pl. cai) callo; calo
calséto s. m. calzino
calsón (pl. calsùni) s. m. calzettone
caltràme s. m. catrame
ca(l)ùsine s. m. fuliggine (“Va tòre él sabión só (l)a Soiva pa’ fregàre ia él ca(l)ùsine dal calièro”!-“Vai a prendere la breccia rilitica sul M. Alto per sfregare il paiolo e togliere la fuliggine”!)
calsìna s. f. calce
calsinàssi s. m. pl. calcinacci
calto s. m. rio perenne o temporaneo che scende dalle colline
caltràme s. m. catrame
càmara s. m. camera da letto
camarón s. m. stanzone
camarièro s. m. cameriere
camèo s. m. cammello; dispettoso, antipatico
camiéto s. m. camioncino
camìn s. m. camino, focolare
caminà p. pass. camminato; agg. percorso (con frequenza)
caminàre v. camminàre; espandersi, invadere uno spazio (“La gramègna xe drio caminare”.-“La gramigna si sta espandendo”.)
caminàda (caminà) s. f. camminata, passeggiata
càmio s. m. camion
camìsa s. f. camicia
camisòto s. m. camice
camomìa s. f. camomilla (Matricaria chamomilla)
camòssa s. f. daino (nome usato per indicare i daini (Dama dama) della riserva di caccia del Cataio
can s. m. cane (Canis lupus familiaris); can da pajàro, can pùmari/pumarèo = cane da guardia non di razza, bastardino; cagnéto = cagnolino
canàe s. m. canale
canàgoe s.f. pl. gola
canàja agg., s. m. canaglia; monello
canàjada s. f. canagliata
canarìn s. m. canarino
canarìna s. f. bugia; canarino femmina
canastrèo s. m. ligustro (Ligustrum vulgare)
canavèra s. f. canna domestica (Arundo donax); canna da pesca fatta con fusti di canna domestica o di bambù
canbiàrse v. indossare nuovi vestiti
càncaro s. m. neoplasia; s. m., agg., avaro, egoista; s. m., agg., persona di bruttissime sembianze
candéa s. f. candela; sole ardente (“Come fèto stare sóto sta candéa”? -“Come fai a stare sotto un sole così cocente ”?)
canèa s. f. canna di palude (Phragmites australis); cannella (Cinnamomum verum); diatriba, polemica (“Él ga tacà na canèa che nó finìa pi”.- “Ha incominciato una discussione polemica che non finiva più”.)
cànego s. m. canapa (pianta da cui si ricava la nota fibra tessile, un tempo estesamente coltivata in zona: Cannabis sativa)
canestrèi s. m. pl. canestrelli (Chlamys varia)
càneva s. f. cantina
canevàro s. m. cantiniere
canevàssa s. f. canovaccio da cucina, strofinaccio
canevèra s. f. canna domestica (Arundo donax)
càno(l)a s. f. grande rubinetto in legno per le botti, che si apre e si chiude attraverso un tappo avvitato a pressione
cano(l)òti s. m. pl. pettinatura con larghi riccioli tra i capelli
canoìn s. m. piccolo rubinetto in legno per le botti, che si apre e si chiude attraverso un tappo avvitato a pressine
canòto s. m. supporto per il pennino; s. m. tubo orizzontale della bicicletta
canpanàro s. m. sagrestano
canpanàsso s. m. campanaccio
canpanèa s. m. campanella
canpanèe s. f. pl. bucaneve (Galanthus nivalis ); canpanèe ricamà = campanellini (Leucojum vernum)
canpanìe s. m campanile
canpiòn s. m. campione
cansón s. f. canzone
canta s. m. canto, canzone
cantarèa s. f. insetto appartenente ai generi: Melonantha, Palomena, Cetonia, …
cantón s. m. angolo
cantonsèo s. m. posticino, posto dove metttersi
canutièra s. f. canottiera
cao s. m. (pl. cai) tralcio di vite (“Dino xe drio oltàre ia i cai”- “Dino sta sistemando ad arco i tralci fruttiferi potati sui tiranti del filare”); capo, fine, punto estremo (“Vao al cao de (l)à”./“Vao al cao de (l)a ia”.-“Vado dall’altro capo”.)
capa s. f. conchiglia
capàra s. f. caparra
caparèa s. f. chiacciolina [il termine caparèa, oltre che indicare una qualsiasi chiocciolina terrestre o acquatica, viene comumente riferito alla chiocciolina terrestre dal polimorfismo cromatico (Cepaea nemoralis); si usa, invece, il termine importato: bovoéto per designare la chiocciolina commestibile delle dune (Teba pisana)]
càparo s. m. chiocciola [nome usato per definire due diverse specie: Helix pomatia (molto ricercata a scopo alimentre) e Cornu aspersum]; él mal del càparo = dinfunzione erettile, impotenza sessuale
capèa s. f. cappella; errore nel comportamento o nella conduzione di un’operazione; glande
capeàn s. m. cappellano; marito che vive in casa dei genitori della moglie (“Gijio va par capeàn”.-“Luigi va a vivere insieme ai genitori della propria moglie”.)
capeàro s. m. cappellaio
capèo s. m. cappello
capeòto s. m. cappuccio di un arnese; glande
capeón (pl. capeùni) s. m. mazza di tamburo (nome generico usato per indicare specie appartenenti al genere Macrolepiota, solitamente riferito a Macrolepiota procera o a Chlorophyllum rachodes ); grande cappello
capète s. f. pl. orlatura decorativa
capetón s. m. detonatore della cartuccia del fucile; capsula esplosiva per pistole da bambini
capitèo s. m. capitello
capón s. m. cappone; agg., s. m. evirato, impotente
caponàra s. f. gabbia, stia per i polli o per i conigli; fig.: casa piccola e di aspetto miserevole
capotàrse v. cadere in avanti o all’indietro compiendo una capovolta; capovolgersi
capùcio s. m. cappuccio; tappo
capùsso s. m. cavolo cappuccio (varietà di Brassica oleracea)
caradóre s. m. costruttore o riparatore di carri
caramèa s. f. caramella; schiaffo in faccia
caranpàna s. f. donna brutta e trascurata
carantàn s. m. pugno
carèga s. f. sedia; careghéta = piccola sedia, sedia per bambini
careghéta s. m. (pl. careghéta) costruttore e impagliatore di sedie e costruttore di piccola mobilia rustica (di solito proveniente dall’Agordino e presente nella zona euganea, durante i mesi invernali, fino agli Anni ’60 dello scorso secolo)
careghéte s. f. pl. steli di specie appartenenti al genere Plantago: Plantago lanceolata, Plantago major s.l., Plantago media
caregón (pl. caregùni) s. m. seggiolone (sedia alta con sponde per i bambini)
carèo s. m. carrello
caresà s. f. capezzagna
caresìn s. m. carice (nome generico dato a varie specie di carici spondicole con le foglie da essiccare, adatte all’impagliatura delle sedie: Carex acuta, Carex acutiformis, Carex elata, Carex riparia)
carèssa s. f. carezza
caressàre v. accarezzare
caretèo s. m. botticella
caréto s. m. carro a due ruote
caretón s. m. stato di spossatezza, sfiancamento, mal di schiena, sofferenza dovuta a malattie reumatiche o dell’apparato respiratorio, difficoltà nel mantenere la corretta postura causata da malattie o da eccessivo affaticamento (“So de caretón”!-“Sono spossato”!-“Ho difficoltà posturali a causa di…..”!-“Sto male perché……”!)
carga s. f. carico pesante; grande quantità; estenuazione, fastidio insopportabile, fardello gravoso (“Ghe ne gò na carga”!- “Non ne posso più”!)
cargàre v. caricare; oberare
cargo agg., s. m. carico; cargo (carico) s. m. carta che vale 11 punti (l’asso) o 10 punti (il tre) nel gioco a briscola
cariò(l)a s. f. carriola
cariò(l)o s. m. girello
cario(l)ón s. m. carriola munita del solo piano orizzontale, solitamente adibita al trasporto del letame
carità s. f. elemosina; ndare carità = chiedere l’elemosina
caro agg. costoso, eccessivamente costoso; caro; vère caro = avere piacere, provare soddisfazione (“Gò caro che sìpii vegnù catàrme”.-“Ho piacere che che tu sia venuto a farmi visita”.; “Gavarìa tanto caro ndare ba(l)àre domàn”!-“Mi piacerebbe molto andare a ballare domani”!)
caròba s. f. carruba (frutto del carrubo: Ceratonia siliqua); un tempo il frutto si trovava normalmente in vendita ed era di largo consumo
carobàro (mato) s. m. spino di Giuda (Gleditsia triacanthos); caròba mata = frutto dello spino di Giuda
carò(l)o s. m. tarlo
caro(l)à agg. cosparso di tarli
caròssa s. f. carrozza
carossèa s. f. carrozzina, passeggino, sedia a rotelle
càrpane s. m. carpino (nome generico attribuito a due diverse specie della famiglia delle Corylaceae: Carpinus betulus e Ostrya carpinifolia)
carteón s. m. l’insieme dei muscoli addominali; cartellone
cartón s. m. cartone, confezione in cartone; pugno (“Te dao ón cartón che te destìro”!-“Ti do un pugno che ti stendo”!)
cartuìna s. f. cartolina
casa s. f. casa, abitazione; famiglia
casamentà agg., p. pass. accasàto
casamentàrse v. accasarsi
casìn s. m. caos, confusione, questione difficile da dirimere (Él xe ón bèl casìn”.-“È una questione difficile e ingarbuglita”.; “Te si só(l)o drio fare ón bèl casìn”.-“Stai solo facendo una grande confusione”.); postribolo, casa di tolleranza
casoìn s. m. negozio di generi alimentari (un tempo sparsi nelle borgate di campagna e attualmente ormai scomparsi)
casón s. m. capanno costruito usando legno, paglia e canne di palude, adibito a ricovero di attrezzi agricoli o a deposito di damigiane e botti; abitazione dei contadini poveri o dei pescatori di valle, in legno o parzialmente in muratura, con il tetto coperto di canne di palude o di paglia di segale; nella zona di Caorle per coprire i tetti dei “casoni”, invece, si usava una ciperacea abbondante in zona: il falasco (Cladium mariscus), per la maggiore resistenza all’azione delle muffe e all’opera demolitrice degli insetti
casòto s. m. capanno in legno con pareti e tetto fatti di canne palustri, fusti di mais e paglia, usato per gli appostamenti venatori; caos, confusione, baccano
caspo s. m. cespo
cassa s. f. mestolo a sezione rettangolare; cassa; cassa da morto = bara
cassàre (ia) v. buttare via, scartare, cacciare via
cassalièvore s. m. lattuga rupestre (Lactuca perennis)
cassèa s. f. cassetta, cassa atta a contenere frutta, verdura e cereali
casseòto s. m. macchinario o elettrodomestico mal funzionante o di bassa categoria
cassetìn s. m. cassetto
casso s. m. pene
cassò(l)a s. f. cazzuola
cassò(l)o s. m. mestolo a sezione circolare
cassón s. m. grande cassa per la raccolta di verdura e frutta; cassone del camion
castagnàra s. f. castagno (Castanea sativa)
castagnìn s. m. colorazoine e gusto che rendono imbevibile il vino messo in botti nuove non adeguatamente preparate e pulite dal tannino contenuto nelle doghe
castagnòe s. f. pl. finocchio acquatico comune (Oenanthe pimpinelloides); dolce carnevalesco
castèo s. m. castello
casteàn (fare cofà casteàn) s. m. bizzarria infantile (“El ghe ne fa cofà Casteàn”!-“Ne combina sempre di tutti i colori”!)
catàre v. raccogliere frutta o verdura, spontanea o coltivata (“So nda catàre i bisi in órto”.- “Sono andato a raccogliere i piselli nell’orto”.); trovare (“Gò catà sénto franchi par tèra”.-“Ho trovato cento lire per terra”.; fare visita (“So nda catàre me nòna”.- “Sono andato a trovare mia nonna”.)
catarissóe s. f. pl. solletico
catàrse v. ritrovarsi in compagnia; capacitarsi; catàrsea = andàrsene (“Né toca catàrsea”.-“Siamo costretti ad andarcene”.)
cata(l)ògna s. f. cicoria (varietà coltivate di Cichorium intybus)
cautèrio s. m. persona antipatica; persona brutta o di aspetto sgradevole
cavalièri s. m. pl. bachi da seta [larve del bombice della seta (Bombix mori)]
cavaéta s. f. cavalletta [nome generico solitamente attribuito agli ortotteri del sottordine dei celiferi (Caelifera); vengono chiamate “cavaéte” anche gli insetti appartenenti all’ordine delle mantidi (Mantidae)
cavaéto s. m. cavalletto (solitamente si intende un cavalletto dove appoggiare i panni lavati prima di stenderli); cavallino
cavà(l)o s. m. cavallo
cava(l)àro s. m. allevatore di cavalli, gestore di un maneggio, cavallerizzo
cava(l)óna s. f. ragazza alta e magra
cava(l)ùni s. f. pl. carota selvatica (Daucus carota subsp. carota); onde alte sul mare
cavaòci s. f. sfinge colibrì (Macroglossum stellatarum)
càvara s. f. capra (Capra hircus); cavalletto con sponde dove posare la legna da segare con la sega a mano
cavàre v. togliere, estrarre, dissotterrare (“I ga cavà mé nòna pa’ métare i òssi sól colonbàro”.-“Hanno dissotterrato la tomba di mia nonna per mettere le ossa in un loculo”.); ricavare
cavaréto s. m. capretto
cavarón s. m. capra maschio; s. m., agg. screanzato, sfacciato, poco sensibile, egoista
cèa s. f. cella; cella frigorifera
cecàre v. centrare un bersaglio; abbagliare
ceèste agg., s. m. celeste, azzurro
ceeràda s. f. accelerata
ceeràre v. accelerare
cèere s. f. celere (reparto mobile della Polizia di Stato)
ceestìni s. m. pl. anemone epatica (Hepatica nobilis)
céo (sièo) s. m. cielo
cesùra s. f. terreno agricolo circondato da alberature, fondo agricolo chiuso
cépa s. f. cheppia (Alosa fallax)
cèra s. f. cera per i pavimenti, cera d’api
cèrega s. f. chierica (rasatura circolare che in passato veniva praticata sull’apice della testa dei religiosi); calvizie alla sommità della testa
cèsa s. f. chiesa
cesarò(l)o agg., s. m. assiduo frequentatore delle funzioni religose; bigotto
che pron. rel., escl., ind. che
cheàltro ind. quell’altro
chechéta s. f. gallina nana
chèno s. m. vino
chietàre v. calmare, tranquillizzare (“Cuna él putèo, cussita te (l)o chièti ón fiatìn”.-“Culla il bambino così lo calmi un po’ ”.); chietàre e ciàco(l)e = smorzare le chiacchiere
chièto agg. calmo, tranquillo
ciàco(l)a s. f. chiacchierata; pettegolezzo; diceria; eloquio, oratoria (“Él ga na ciàcola che te incanta”.-“Ha un’oratoria che ti avvince”.)
ciaco(l)àre v. chiacchierare, conversare, parlare
ciaciaràre v. parlare a sproposito
ciacolón agg., s. m. prolisso; loquace
ciacolóso s. m. pettegolo, chiacchierone
ciamàre v. chiamare; richiamare; richiedere
ciàmo s. m. avvertimento vocale
ciapàre v. acchiappare; raggiungere qualcuno che sta davanti (“Él jera siè metri davanti de mi ma gò corso forte e (l)o gò ciapà”.-“Era sei metri davanti a me ma ho corso forte e l’ho raggiunto”.); prendere (“(L)o gò ciapà in man mi”.-“L’ho preso in mano io”.); attecchire (“Gò piantà ón persegàro e gò isto che ‘l ga ciapà parché él ga butà dó foje”.-“Ho piantato un pesco e ho visto che ha attecchito perché sono spuntate due foglie”.); ciapàre e bòte, ciapàrle = essere picchiati (“Fórse quando che vao casa me tóca ciapàre e bòte da me mama parché gò fato tardi”.-“Forse quando tornerò a casa mia mamma mi picchierà perché ho ritardato”; “Vuto ciapàrle”?-“Vuoi essere picchiato”?/“Vuoi prendere delle botte”? ); ciapàre schèi = guadagnare (“Mario laóra de note ma ’l ciapa anca tanti schèi”.- “Mario lavora di notte, però guadagna molto”); ciapàre sòno = addormentarsi; ciapàr(l)a in cu(l)o = prendre una fregatura
ciapàrse v. prendersi; attaccarsi
ciapìn s. m. presina
ciàra s. f. albume dell’uovo; Ciara stéa = canto della Chiarastella
ciàro s. m. luce (“Varda che ciàro che fa quel lanpadario”!-“Guarda che luce che emette quel lampadario”!), chiarore (“Che bèo él ciàro del sièo a(l)a matìna”!-“Che bello il chiarore del cielo al mattino”!); chiarezza (“Dèsso parlàndome té ghe fato ciàro e gò capìo bén”.-“Adesso parlando mi hai chiarito le cose e ho capito bene”.); spazio (“Ghemo fato ón pòco dé ciàro”.-“Abbiamo creato un po’ di spazio”.); s. m. fanale, lampada (ciàro déa bicecléta = fanale della bicicletta, ciàro a carbùro = lampada ad acetilene; ciàro a petròlio = lampada a petrolio); agg. chiaro (“Quel vestìto xe massa ciàro par mi”.-“Quel vestito è troppo chiaro secondo me”.); rado (“I bisi xe nati ciàri”.-“I piselli sono spuntati radi”.)
ciaréto s. m. lumino; agg. (diminutivo di ciàro), un po’ chiaro; poco addensato, poco fitto
ciavàda s. f. fregatura, truffa; atto del coito
ciavàre v. sottrarre una cosa a qualcuno, rubare; dare una fregatura; compiere l’atto del coito
ciàvesa s. f. chiavica
ciavesèo s. m. chiavistello; piccolo attrezzo più o meno utile
cìcara s. f. tazza; isolante in ceramica (a forma di tazza) per i fili delle linee elettriche fissati su pali
cicaréta s. f. tazzina per caffè
cichéto s. m. cicchetto (sorso di bevande alcoliche); romanzina
cicìn s. m. carne cotta (termine con cui veniva chiamata la carne cotta rivolgendosi ai bambini: “Vuto él cicìn”?-“Vuoi la carne”?)
cìcio s. m. pene; ragazzino
cición agg., s. m. ciccione
cico(l)àta s. f. cioccolata
cico(l)atìn s. m. cioccolatino
cincionàre v. tentare di fare un lavoro che, palesemente, si dimostra di non saper fare; perdere tempo facendo lavori inutili
cinghiàe s. m. cinghiale
ciò s. m. assiolo (Otus scops) (“Có canta él ciò nó xe pi ora de fare fiò”.-“Quando canta l’assiolo non è più la stagione del filò”.); ciò!? inter. (“Bèn ciò”!-“Ma cosa mi tocca sentire”!/“Ma guarda un po’ ”; “Ciò, ti còssa uto”?-“Oh, cosa vuoi tu”?)
ciòca s. f. chioccia; ciocca di capelli
ciochìti s. m. pl. (rosetta basale) pianta del semprevivo (Sempervivum tectorum aggr., Sempervivum arachnoideum)
ciòdo s. m. chiodo
ciodìn s. m. chiodino; fungo del genere Armillaria (ciodìn da rubina = Armillaria mellea; ciodìn de róare
= Armillaria tabescens)
ciòpa s. f. pagnotta
ciosòto s. m. nativo di Chioggia
ciucéto s. m. dolcetto di marzapane, dolcetto alla liqurizia, dolcetto a base di zucchero, ecc.
ciùci (ciuciàre) s. m. pl. falsa ortica mora (Lamium orvala)
ciuciàre v. succhiare; trarre scorretto giovamento da una situazione; essere servili
ciùcio s. m. succhietto; poppatoio; abitudine, vizietto
ciución s. m. intenso bacio sensuale sulla pelle; succhiata di un lattante sulla pelle di qualcuno; livido lasciato da un bacio o da una succhiata
có prep. con; avv., cong. quando
cóa s. f. coda; fila
coà s. f. covata
coàja s. f. quaglia (Coturnix coturnix )
coàjo (coajòto) s. m. ingenuo, sempliciotto
coalónga (coéta lónga ) s. f. capinera (Sylvia atricapilla)
coàre v. covare
coàro s. m. contenitore per la mola manuale da falce (solitamente era un corno di bue che veniva appeso alla cintola dietro la schiena)
coarò(l)a s. f. scolapasta, gocciolatoio
coàto s. m. riparo temporaneo della lepre
còco s. m. ovolo buono (Amanita caesarea)
cocón s. m. tappo della volta superiore delle botti;
coconèo (cocón) s. m. pettinatura a capelli annodati dietro (chignon)
còe (col) s. m. colle
coéga s. f. pezzo di cotica di maiale; epitelio e capelli del corpo umano sotto la nuca
coeghìn s. m. insaccato di maiale di scarso valore composto con parti grasse e cotica
coégo s. m. cotica erbosa
còera s. f. situazione di risentimento e rottura di rapporti personali dopo un litigio
coèra s. m. colera; acciacco, bronchite (“Gò ciapà él coèra”.-“Ho preso la bronchite”.)
coèrcio s. m. coperchio
coercéto s. m. tappo corona
coèrta s. f. coperta; il dare a una cagna (o altro animale) in calore un maschio per la monta
coèrto s. m. tetto di un edificio; agg., p. pass. coperto
coertùro s. m. copriletto
coèrxare v. coprire (“Gò coèrto él fén parché romài xe drio piòvare”.-“Ho coperto il fieno perché la pioggia è imminente”.)
coéto s. m. colletto
coéta s. f. colletta; codina
cofà cong., avv. come
cògna s. m. acquavite di vino
cògno (cotogno) s. m. melo cotogno (Cydonia oblonga)
cògo s. m. cuoco
cogó(l)o s. m. rete da pesca a camere che viene ancorata sul fondo dei fossi
cógoma s. f. caffettiera (tegame per fare il caffè tipo “greco” largamente in uso fino agli anni ’50)
cojonàre v. prendere in giro
cojón agg., s. m. balordo; coglione; s. m. testicolo
co(l)a s. f. colla
co(l)arìn s. f. collarino, collare
co(l)arò(l)a s. f. scolapasta
colcòssa ind. qualcosa
colgàre v. stendere a terra una persona
cólgarse v. sdraiarsi in un giaciglio; andare a letto (“Toni jèra stufo e xe nda colgàrse ón tochèto”.-“Antonio era stanco ed è andato un po’ a coricarsi”.)
colgà p. pass. sdraiato; agg., p. pass. ozioso; rassegnato, incapace di reagire di fronte alle difficoltà della vita
cólme s. m. sommità; massimo
colmèo s. m. pilastro; paracarro
cò(l)o (pl. còi) s. m. collo
co(l)onbàra s. f. colombàia; torre colombaia
co(l)onbàro s. m. loculo
co(l)onbàsso s. m. colombaccio (Columba palumbus)
co(l)onèo s. m. colonnello
co(l)ostòrto s. m. torcicollo (Jynx torquilla)
cólsara s. f. trapunta
coltrìna s. m. tendina appesa al telaio della finestra
comànda s. f. commissione di merci; ordinazione al ristorante
comàndo s. m. ordine da eseguire
comàre s. f. levatrice; madrina, testimone di nozze, moglie del padrino o del testimone di nozze
comarò s. m. chiacchiericcio amichevole, chiacchiericcio malevolo
conbàtare v. lottare; affrontare una situazione difficile nelle relazioni; affrontare una malattia; fare conbàtare = creare disturbo-creare seccature (“Nó sta pi farme conbàtare”!-“Non arrecami più alcun disturbo”!; “Me fiòi me fa senpre conbàtare”-“I miei figli mi fanno spesso innervosire per il loro comportamento disubbidiente”.)
conbinàre v. mettere d’accordo; combinare un affare = concludere un affare; conbinàrghene = fare marachelle, fare guai
cóme avv., cong. come
coméssa s. f. proda dell’orto
comìn s. m. aiuto cameriere
comodàre v. sistemare o mettere in funzione un qualsiasi oggetto in modo da adattarlo a un certo uso o a essere contenuto in un determinato spazio; dare una sistemazione a qualcuno in un determinato ambiente
comodàrse v. sistemarsi in un ambiente, mettersi comodo
conciàre v. picchiare, provocare volutamente lividi evidenti durante un litigio (“(L)o gò concià pa’ e fèste”.-“L’ho picchiato ben bene”.); conciare
conciàrse v. sporcarsi, vestirsi in modo ridicolo
condàna s. f. condanna; costrizione; sofferenza a cui non ci si può sottrarre
condanà p. pass, s. m. condannato; agg. costretto
conejina s. f. poligono centinodia (Polygonum aviculare aggr.)
conéjo (pl. conìji) s. m. coniglio (termine solitamente riferito a varie razze di coniglio domestico (Oryctolagus cuniculus)
confessión s. f. confessione; segreto rivelato, informazione riservata
confìn s. m. confine; confino
confórme avv. a condizione, a seconda
congeà agg. p. pass. congelato
conóssare v. conoscere, sapere
conossénsa s. f. conoscenza (conoscente)
conossìo (conossùo) agg., p. pass. conosciuto, noto; risaputo
conpàgno agg. uguale; s. m. convivente; compagno di classe
conpagnàre v. accompagnare (“Gò compagnà me fiò(l)o fin scò(l)a”.-“Ho accompagnto mio figlio fino a scuola”.); appiare (“Gò conpagnà i calsìti”.-“Ho appaiato i calzini”.)
conpanàdego s. m. companatico (solitamente carne)
conpassión s. f. compassione; fastidio, repulsione
conpàre s. m. testimone di matrimonio, padrino del proprio figlio
conpìo agg. giunto a maturazione
conpìre (i ani) v. compiere gli anni (“Maria ga conpìo vinti ani”.-“Maria ha compiuto vent’anni”.)
conpòsta s. f. modo di conservazione delle foglie di cavolo verza (Brassica oleracea cv.); le foglie venivano prima prebollite e poi immerse intere in acqua e aceto, dentro a un contenitore a chiusura ermetica
cónsa s. f. concia
consà p. pass., agg. condito; conciato
consàda s. f. insaporimento di un cibo mettendo del condimento (solitamente riferito all’aggiunta di sale, olio e aceto alle verdure crude)
consàre v. condire
consièro s. m. condimento
conta s. f. atto del contare; racconto
contàre v. raccontare (“Mama, mé cóntito na storia”?.-“Mamma mi racconti una storia”?); contare; valere
contentàre v. accontentare
convùlso s. m. stato di agitazione con spasmi
convìnsare v. convincere
cópa (copìn) s. f. zona del corpo umano tra il collo e la nuca.
copà p. pass. ucciso; agg. stanchissimo; copà xo = debole, sfibrato a causa della febbre o di una malattia, depresso
copanèa s. f. schiaffetto sulla nuca
copacàn s. m. sasso (di natura silicea) di media pezzatura ottenuto dalla frantumazione di grossi blocchi di pietra
copàre v. uccidere (“Ghemo copà él màscio”.-“Abbiamo ucciso il maiale”.); arrecare un grave danno morale, arracare un grave turbamento
cópo s. m. coppo, tegola; misura per granaglie o farine
coradìna s. f. coratella
córare v. correre
còrba s. f. grande cesto solitamente costruito intrecciando polloni di castagno, munito di manici laterali, adatto a contere verdure, frutti duri e pollame
corbo(l)àro s. m. sorbo domestico (Sorbus domestica)
cordèa s. f. fettuccia, fettuccia elastica
cordìn s. m. miccia a combustione lenta usata nelle cave
cordón (pl. cordùni) s. m. laccio delle scarpe
còre s. m. cuore
coresìn s. m. parte interna e tenera delle verdure da foglia; cuoricino (di un bambino piccolo)
cornéte s. f. pl. cornette [baccello immaturo del fagiolo dell’occhio (Vigna unguiculata)]
cornéto s. m. ciascuna delle due parti appuntite di cui è formato un particolare tipo di pagnotta
còrno (pl. corni) s. m. corno; calzascarpe; tradimento amoroso
corno(l)àro s. m. corniolo (Cornus mas)
còro s. m. limo; coro
coronèa s. f. arginello terroso all’interno di uno stagno, sbarramento con accumuli di limo di un tratto di fosso
córte s. f. cortile, aia; cortile comune con varie abitazioni (solitamente appartenenti allo stesso stabile) che vi si affacciano
corteà s. f. coltellata
corteàsso s. m. coltellaccio (grande coltello largo e piatto a lama dritta, usato per tagliare legna da ardere, rami e tronchi)
cortèo s. m. coltello
cortìe s. m. cortile della scuola
cossàta s. f. coscia
cossiénsa s. f. coscienza
cossón s. m. coscia macellata di bovini, ovini, equini e suini
còsta s. f. costola; fianco di un’altura; litorale
còste s. f. pl. bietola da coste (varietà di Beta vulgaris subsp. vulgaris)
costesìna s. f. costicina di maiale
costièra s. f. zona esposta a sud; sotto il sole (“Él xe in costièra al sóe”.-“ È esposto ai raggi solari”.; “Él xe in costièra del sóe”.-“ È posto in una zona soleggiata”.)
còto(l)a s. f. gonna
cotórno s. m. coturnice (Alectoris graeca)
cradénsa s. f. credenza (mobile da cucina o soggiorno)
crèa s. f. argilla (nell’area Volti-Caposeda gli stagni che si osservano ancora oggi sono gli ultimi rimasti delle decine e decine, originati durante gli Anni ’50 dalle cave di argilla per laterizi esistenti i zona)
creàro s. m. luogo in cui l’argilla emerge in superficie diventando l’elemento pedologico dominante
cradénsa s. m. credenza (mobile da cucina)
crècoe s. f. pl. muco secco all’interno delle narici
crèco(l)a s. f. marzaiola (Anas querquedula)
crepàre v. incrinare, fendere, fendersi, incrinarsi; morire
crèpo s. m. crepa
cressìre (créssere) v. crescere; aumentare; ingrossare; maturare
criàda s. f. pianto prolugato
criàre v. piangere
cristiàn s. m. essere umano; cristiano
crivèo s. m. setaccio
cròcano s. m. persona ottusa e ignorante
crògno s. m. leggera botta sulla nuca con le nocche delle dita (solitamente quale rimbrotto amichevole)
crosàra s. f. crocevia
crose s. f. croce; sopportazione duratura di una grave sofferenza fisica o psicologica
croséta s. f. covone (composizione di fasci frumento sovrapposti messi a essiccare); piccola croce
croséte s. f. pl. piccole croci in legno che si mettevano ai lati dei campi durante le rogazioni
cròsso(l)a s. f. stampella
cròssoe(scròssoe) s. f. pl. germogli di vitalba (Clematis vitalba) usati come verdura cotta
crost n s. m. rammendo fatto male; sutura di una ferita da taglio eseguita in modo poco accurato
cruo agg. acerbo; infantile, piccolo (in senso di età)
cùbia s. f. coppia di oggetti; na cùbia de salàdi = una coppia di salami appesi con il medesimo spago (solitamente, per occupare meno spazio in lunghezza, i salumi venivano legati a due a due con il medesimo spago, fatti passare uno da una parte, uno dall’altra, sopra un supporto orizzontale (stanga) e appesi asimmetricamente in modo tale da impedirne il contatto e permetterne, anche in un piccolo spazio, la completa areazione e lo scolo dei liquidi in tutta la superficie
cubiare v. appaiare
cubiàrse v. andare a convivere senza sposarsi; accoppiarsi (gli animali)
cucàre v. sorprendere in fallo, prendere uno che scappa, scoprìre uno che si è nascosto; colpire; ricevere, prendere; rubare; compiere l’atto sessuale
cucàrse v. impadronirsi; prendersi; subire (“Me so cucà pa’ dó ore e ciàcoe de me suòcera”.-“Ho subito per due ore le chiacchiere di mia suocera”.); compiere l’atto sessuale
cùcia (cùciò) s. f. cuccia (“Màrcia cùcio can”!-“Cane vai a cuccia”!)
cùcio s. m. posto dove dormono o sostano abitualmente gli animali; posto dove mettersi; fig.: letto
cuco s. m. cuculo (Cuculus canorus); pene; gioco a nascondino; agg. sciocco
cufo agg. ingobbito a causa dell’età
cugìn s. m. cugino
cugnà s. inv. cognato, cognata
cuigràssi s. m. pl. grespignolo (Lapsana communis subsp. communis )
cu(l)àta s. f. natica
cu(l)atón s. m. omosessuale (in senso offessivo)
cuéto s. m. parte finale di un insaccato; sedere di un bambino
cu(l)o s. m. ano; fortuna; fondo di una buca o di un fosso
cuna s. f. culla
cunàre v. cullare
cunéta s. f. cunetta
curàme s. m. cuoio
curàre v. curare; pulire dalle interiora gli animaali domestici e il pesce, mondare legumi o altri tipi di verdura; pulire gli alvei dei corsi d’acqua dallo strato di fanghiglia accumulato, con il passsare del tempo, nel fondale
curièra s. f. corriera
curiò(l)o (curiàto(l)o) s. m. canaletta di raccolta degli escrementi degli animali chiusi nella stalla
curto agg. corto; breve
cusidùra (gaso) s. f. cucitura
cusìna s. f. cucina
cusinàre v. cucinare
cusìo agg., p. pass. cucito
cusìre v. cucire
cussìn s. m. cuscino
cussìta (cussì) avv. così
dacào avv. daccapo
dadìo (da Dio) avv. molto bene
danà agg., s. m. costretto a una situazione sofferenza (“Él se ga róto (l)a schina e él xe danà in vita”.-“Si è rotto la colonna vertebrale (si è ferito alla schiena) ed è costretto a soffrire per tutta la vita”.)
danòvo (da nòvo) avv. daccapo
dare v. dare; picchiare (“Ghe gò dà”.-“L’ho picchiato”.); dare indrìo = restituire (“Ghe gò inprestà (l)a cariò (l)a a Joani e nó ‘l mè (l)a ga dà pi indrìo ”.-“Ho prestato la carriola a Giovanni e lui non me l’ha più restituita”.)
dadrìo (dedrìo) avv., prep. di dietro; él dedrìo = il didietro, ilsedere
dafàre s. m. incombenza; lavoro frenetico
damònio s. m. Diavolo; stato di irrequietezza, vivacità (“Él ga él damònio intorno”.-“È sempre irrequieto”./“È vivacissimo”.)
danàre v. penare per colpa del comportamento di qualcuno (“Gò du putèi che me fa danàre tuto él dì”.-“Ho due figli che mi fanno penare tutto il giorno”.); soffrire a causa di una ferita o di una malattia
dapartùto avv. ovunque, dappertutto
darèsto avv. tuttavia
dassàre v. lasciare
dàssio s. m. dazio
dassiàro s. m. funzionario alle imposte addetto alla riscossione del dazio
dàtaro s. m. dattero
de prep. di
déa (pl. dée) prep. della
deàto(l)o s. m. guaina protettiva del dito indossata in caso di ferite
déboe agg., s. m. fragile; fiacco; debole, senza carattere
debito(dabòto) avv. tra poco, per poco (“Debòto xe mesodì”.-“Tra poco sarà mezzogiorno”.; “Debòto te me ciapài”.-“Per poco non mi colpivi”.)
dedrìo (de drio) avv., prep., dietro; dedrio s. m. fondo schiena
deentàre (deventàre) v. diventare (“Par deentàre siùri nó basta laoràre tanto”.-“Per arricchirsi non è sufficiente lavorare molto”.)
deìssia s. f. delizia
deìto s. m. delitto; colpa; fig.: errore
dél (pl. dii) prep. del
delupià agg. divoratore in modo anormale, vorace
dénte s. m. (pl. dinti) dente del cavo orale (“Gò mae i dinti”.-“Ho il mal di denti”.); dente di un ingranaggio
déo (pl. dii) s. m. dito; déo grosso = pollice, alluce; déo menèo = mignolo (“Gò frédo i dii dii piè”.-“Ho freddo alle dita dei piedi”.; “Gò fredo i dii dée man”.-“Ho freddo alle dita delle mani”.)
depòni s. m. pl. depositi di un liquido (“Él vin ga fato i depòni sól cu(l)o déa caràfa”.-“Il vino fa fatto dei sedimenti nel fondo del boccale”.)
derìto s. m. diritto, dovere
deróto p. pass. interotto nel sonno, in difficoltà nel prendere a dormire
derucà agg. abbattuto per la stanchezza, spossato e indolenzito, sfibrato
desbaucàre v. far comprendere a qualcuno che è stato ingannato; fare diventare smaliziata una persona ingenua; dare una forte lezione a uno in modo che sia di monito a non ripetere un un comportamento offensivo o errore commesso
desbaucàrse (descantàrse) v. rendersi conto di un inganno, farsi furbi
desbituarse v. perdere un’abitudine, non essere più in grado di usare efficacemente un metodo
desbotonàre v. sbottonare
desbotonàrse v. sbottonarsi; confidarsi, sfogarsi
desbratàre v. sparecchiare la tavola, fare ordine
desbrocàre v. risolvere una situazione (insoluta a causa della burocrazia)
desbrocàrse v. confidarsi
descàlso agg. scalzo (“A marso ogni mato va descàlso”.-“Chi incomincia a camminare a piedi nudi per la strada già dall’inizio di marzo è un mattacchione”./“Bisogna essere un po’matti per camminare scalzi a marzo”.)
descantàre (desbaucàre) v. disincantare, rendere furbi, fare aprire gli occhi
descantàrse v. disincantarsi; fare attenzione rispetto a una situazione in cui può succedere qualcosa di negativo, fare tesoro di un’eperienza per non rifare gli stessi errori, farsi scaltri, farsi furbi (“Descantabaùchi-svejamacàchi”.-“Potevi pensarci prima”.-“Dovevi farti furbo”./“Dovevi stare più attento a non farti fregare”./“Potevi stare attento a dove mettere i piedi”. …….)
descargàre v. scaricare
descargàrse v. liberarsi di un peso; defecare
descatijare v. sbrogliare un groviglio, scilogliere un nodo, slegare
descatijàrse v. liberarsi da un groviglio in cui si è finiti accidentalmente, districarsi; tirarsi fuori da una situazione complicata
desciavàre v. aprire una serratura con la chiave
desciodàre v. togliere i chiodi conficcati in un oggetto qualsiasi; mettere fine a un’impasse
desciodarse v. schiodarsi; porre fine a un’esitazione, vincere la propria insicurezza agendo concretamente
desco(l)àre v. togliere la colla
descomodàre v. creare disturbo (farsi largo tra le persone per potere avviarsi a un’uscita alla propria fermata durante una calca in autobus o in treno, interpellare una persona altolocata o un superiore, ecc.)
descomodàrse v. scomodarsi
desconpagnà agg. non abbinato, disgiunto
descondìo agg. scondito, insipido
descusìre v. scucire
descusìo agg., p. pass. scucito
desfà agg., p. pass. distrutto, disfatto, sfasciato, sciolto (“Él giàsso se ga desfà”.-“Il ghiaccio si è sciolto”.); spossato (“So desfà (derfà) pa’ (l)a fadìga”.-“Sono distrutto per la fatica”.);
desfantà agg. attenuato o dissolto (riferito a un gonfiore)
desfantàrse v. attenuarsi o scomparire di un gonfiore della pelle
desfàre (derfàre) v. demolire, sfasciare, rompere (“Gò fato ón sbaro e gò desfà (l)a màchina”.-“Ho avuto un incidente e ho demolito la mia automobile”.); disfare, smontare (“Me opà ga desfà (l)a caponàra dii coniji”.-“Mi papà ha smontato la gabbia dei conigli”.) snodare
desfàrse, v. sciogliersi; impegnarsi fino ad arrivare allo sfinimento (“Me mama se ga desfà pa’ i fiòi”. “Mia mamma ha impegnato ogni sua energia, fino all’esaurimento, per i figli”.)
desfrìto s. m. soffritto
desgràssia s. f. disgrazia, incidente, lutto
desgrassià s. m., agg. persona con evidenti anormalità fisiche; sfortunato, miserando; sciagurato, mascalzone
desgropàre v. snodare
desgorgàre v. disintasare
desìo s. m. caos, baraonda, disastro, catastrofe
deslatàre v. svezzare
desligàre v. slegare
desmentegàre v. dimenticare
desmentegón agg., s. m. di scarsa memoria
desmèsso agg., p. pass. dismesso
desmétare v. dismettere
desmissiàre v. svegliare
desmissiàrse v. svegliarsi
desmontàre v. scendere da un piano rialzato o da un veicolo; finire un turno
desnotàre v. cancellare un nome da una lista di preonotazione o di iscritti
desnotàrse v. ritirare la propria iscrizione
desparàre v. disapprendere
deso(l)assión s. f. desolazione
despensièro s. m. dispensiere
desperà agg., s. m. disperato, depresso; miserabile; delinquente
desperàrse v. disperarsi
desperassión s. f. disperazione, rovina
despèrso agg. confuso, privo di lucidità mentale
despetenà agg., p. pass. spettinato
despetenàrse v. spettinarsi
despiàsere (p. pass. despiàsso, despiasésto) v. provare dispiacere; non avere piacere (despiasérse)
despiasèrse v. dispiacersi
despiassère (dispiassère) s. m. dispiacere
despiasùo agg. dispiaciuto, addolorato
despojàre v. togliere i vestiti; portare via tutto
despojàrse v. spogliarsi
dessaìo agg. mancante di sale
dessipàre v. rovinare, sciupare, sprecare, dilapidare
dèsso avv. adesso, subito, ora
dessóra (de sóra) avv. di sopra
dessóto (de sóto) avv. di sotto
destacàre v. staccare; finire un turno o una giornata di lavoro
destego(l)àre (sgraneàre) v. separare a mano i semi delle leguminose dai relativi baccelli; togliere le cariossidi del mais dall’asse dello spadice (tutolo della pannocchia) a mano o com attrezzi rudimentali
destermìnio s. m. altissimo numero di cose, piante o anomali; sterminio
destìn s. m. destino
destiràre v. stendere, srotolare
destiràrse v. sgranchirsi; sdraiarsi, stendersi (“Me so destirà i ossi”.-“Mi sono sgranchito le ossa”.; “Me so destirà par tèra”.-“Mi sono steso a terra”. )
destòlto p. pass. distolto, dissuaso; distratto
destrigàre v. mettere in ordine, sistemare e sgomberare un posto dagli oggetti che ci sono sopra o dentro (un tavolo apparecchiato, una stanza); liberare un oggetto dalle cose che gli stanno intorno per poterlo togliere da dove si trova (“Gò destrigà él peón dai buti che nassìa sóto e (l)o gò tajà”. “Ho liberato il tronco dai polloni e l’ho tagliato”); liberare uno da un impiccio; liberare da un maleficio (“I frati de Rua me ga destrigà”-“I monaci dell’Eremo Camaldolese di M. Rua mi hanno liberato da un maleficio”)
destrigàrse (desbrigàrse) v. sbrigarsi, fare presto; liberarsi da un impegno; cavarsela in un lavoro da fare
dessù avv. di sopra; (l)à dessù = lassù
destrùsare v. distruggere, rompere
dì s. m. giorno (“Al dì de incò ghe xe oncóra xente che crede a e strighe”.- “Al giorno d’oggi c’è ancora gente che ancora crede che esistano le streghe”.)
diaèto s. m. dialetto
diavoìti s. m. pl. intorpidimento con sensazione di calore alle mani o ai piedi causata del freddo
dièse num. dieci
diesèna num. decina
difarénte (pl. difarénte) agg. differente, diverso
difarénsa s. f. differenza
difàti cong. infatti
difìssie agg. difficile
dii prep. dei; s. m. pl. dita
diicàto agg. fragile; morbido; fine; cagionevole
diinquénsa s. f. delinquenza
diinquénte agg., s. m. delinquente
dimànda s. f. domanda; richiesta scritta
dire v. dire, raccontare (“Se no’ te (l)o disi ti (l)o digo mi”!-“Se non lo dici tu lo dico io”!; -“Dime”!-“Dimmi/racccontami”!; “Disìme”!-“Ditemi/raccontatemi”!)
diressión s. f. direzione
discórare v. conversare; parlare; discutere (“I xe (l)à che i discóre par gnente”-“Stanno discutendo inutilmente per futili motivi-stanno discutendo senza cercare di trovare un accordo”.); avere una relazione affettuosa, accettata dai genitori della donna interessata, che può portare al successivo fidanzamento (gli incontri avvenivano durante giorni fissi della settimana nella immediate vicinanze dall’abitazione della donna corteggiata: “Me opà ga tacà discórare có me mama co ’l ghéa vinti anni. Prima de poère ndare in casa de me nòni xe passà siè misi e so(l)o dopo che i xe nda dal prète a informàrse”.-“Mio padre ha incominciato la relazione con mia mamma quando aveva vent’anni. Prima di essere accettato a casa dei miei nonni materni sono passati sei mesi e solo dopo che i nonni sono andati a chiedere informazioni su di lui al parroco del suo paese”)
disdòto mum. diciotto
disgràssia s. f. disgrazia
disgrassià agg., s. m. sciagurato, farabutto; sfortunato, miserando; affetto da minorazioe fisica e intellettiva
disiàe s. m. ditale
disnòve. mum. diciannove
dispiassère s. m. dispiacere, rimorso, cordoglio; mortificazione, torto
dissémbre s. m. dicembre
dissète mum. diciassette
dito s. m. detto, diceria
divìdare s. m. dividere, fare le parti; separare
dó num. due (riferito a sostantivo femminile: dó fémene)
doàe s. m. grosso tronco di castagno o di quercia, diritto e senza rami laterali
dóe s. f. pl. doghe della botte; fig.: èssare in dóe = essere in uno stato di grande spossatezza fisica (“So in dóe; nó so pi bón stare in piè ”.-“Sono sfinito per la stanchezza e la fatica; non sono capace di stare in piedi”.)
dò(l)o s. m. dolo
dólse agg. dolce; s. m. dolce, torta; (l)a dólse = sangue di maiale raccolto durante l’uccisione e cotto immediatamente.
domàn avv. domani
domanpassàndo s. m. dopodomani
doménega s. m. domenica
domìnti avv. per poco, tra poco (“Quando rìveo él treno”? “Domìnti él riva”!-“Quando arriva il treno”? “Tra poco arriva”!)
doparàre v. adoperare, usare
dòsso avv. addosso; contro
dòta s. f. dote
dotàre v. adottare (fare un’adozione)
dotrìna s. m. insegnamento religioso
dovésto (doésto) p. pass. dovuto (per esprimere i concetti relativi a dovere solitamente si usano le voci del verbo avere (“Dèsso te ghè ndare casa”.-“Ora devi andare a casa”.; “Domàn te ghè da inbearàre l’orto”.-“Domani devi innaffiare l’orto”.; “Ghio da partìre domàn”? “Dovete partire domani”?; “Màrica ga da fare e lessión prima de xugàre”.-“Màrica deve fare i compiti per casa prima di giocare”.)
drénto avv. dentro
drio prep. dietro; unito alle voci del verbo essere acquista il significato di: sto per, stavo per.… (“So drio magnàre”.-“Sto mangiando”.; “Jèro drio córare”.-“Stavo correndo”.; “Sarìa drio laoràre”!.-“Starei lavorando”!; “Jèrimo drio cantàre”.-“Stavamo cantando”.)
drito agg. rettilineo; (l)a man drita = la mano destra; in piè drito = in posizione verticale; s. m. scaltro
drita s. f. suggerimento, consiglio
drugo agg., s. m. poco intelligente, stupido
du num. due (riferito a sostantivo maschile: du òmani = due uomini)
dùpio num. doppio
dupión s. m. doppione; particolare tipo di trippa
durèo s. m. ventriglio
duro agg. duro; duro de suca = poco intelligente, ostinato; duro de récia = sordastro, poco incline ad ascoltare consigli, richiami o minacce
durón (pl. durùni) s. m. varietà tardiva di ciliegia di grossa pezzatura; callosità
e cong. e (“Mi e ti semo amìssi”.-“Io e te siamo amici”.; art. le (“Vao sunàre e sarèse”.-“Vado a raccogliere le ciliegie”.); pron. loro, esse (“E xe nda ba(l)àre”.-“Esse (loro) sono andate a ballare.”); pron. le (“Se cato castagne sól tròso e tòo su”.-“Se trovo castagne lungo il sentiero le raccolgo”.)
ee (e óre, eóre) pron. loro (riferito al femminile)
èco avv. ecco
educassión s. f. educazione
él art. il; pron. lui, egli; él xe = è; talvolta al posto di Él XE si usa dire L’È o ÉL È (“Él xe ón èbete/él è ón èbete”.-“È uno stupido”.)
éngoa s. f. lingua
engoàssa s. f. malalingua
éo pron. lui
éa pron. lei
eh inter. eh; eh puìto = eh bene
ehm inter. ehm-mah
èrba s. f. pianta erbacea; l’èrba = insieme di piante erbacee, in particolare poacee, coprenti il suolo; (l)a èrba = insieme di piante da sfalcio; èrba dólse = romice acetosa (Rumex acetosa subsp. acetosa); romice acetosella (Rumex acetosella subsp. acetosella); èrba grata = millefoglio acquatico (Myriophyllum spicatum); èrba naransàta = melissa (Melissa officinalis ); èrba grassa (Hypotelephium maximum); èrba tajina = paleo comune (Brachypodium rupestre); èrba rua = ruta (Ruta graveolens); èrba menta = menta (mentha sp. pl., solitamente: Mentha spicata); èrba porseìna (specie del gruppo di Porcellana oleracea), èrbe mòre = fiordaliso nerastro (Centaurea nigrescens s.l., èrba da pòri = celidonia (Chelidonius majus); èrbe mate = erbe non coltivate in genere
erbàssa s. f. erbaccia
ère s. m. soluzione, spiegazione
èsare (lèsare) v. leggere
esca (vesca) s. f. impagliatura delle sedie fatta con foglie di carice essiccate
èssare v. essere
estro s. m. creatività, inventiva
evàre v. allevare
fachìn s. m. facchino
fadìga s. f. fatica
fadigàda s. f. faticata
fadigóso agg. faticoso
faegnàme s. m. falegname, ebanista
fagàro s. m. faggio (Fagus sylvatica)
fagòto s. m. fagotto; peso sulla coscienza; tribolazione
faìre v. fallire; mancare il bersaglio
faiménto s. m. fallimento
faìva s. f. favilla; fiocco di neve
faivàre v. fioccare leggero di radi fiocchi di neve
fajàn s. f. fagiano (Phasianus colchicus)
fajo s. m. faggio (Fagus sylvatica)
fajò(l)o (fassiò(l)o) s. m. piccolo fascio di legna; fascio di canne
fa(l)àre v. non colpire un bersaglio
falchéto s. m. gheppio (Falcus tinnunculus)
falsa (falsìn) s. f. falce
fameja s. f. famiglia
famejòla s. f. famigliola; ciuffo di funghi della stessa specie
fanèa s. f. maglietta da indossare sotto la camicia durante la stagione fredda al posto della canottiera
fanfugnàre v. parlottare, confabulare
fangàra s. f. distesa di suolo fangoso
fanghìn s. m. fanghino
fangùsso s. m. fanghiglia
fantoìn s. m., agg., piccolino, neonato, poppante; poverino
fare v. fare; costruire; partorire (“(L)a vaca xe drio fare”.-“La mucca sta partorendo”; s. m. atteggiamento, comportamento
farfà s. f. manciata
farfòjo (strafòjo) s. m. trifoglio (nome generico solitamente attribuito a Trifolium pratense subsp. pratense e a Trifolium repens subsp. repens)
farina s. f. farina; farinèa castagna = farina di castagne (si comprava chiusa dentro a bustine di carta e si mangiava avvolgedola un pizzico per volta intorno a un bastocino di liquirizia che veniva infilato e fatto girare dentro all’incarto
farse v. maturare, crescere (solitamente riferito a frutti: “I pèrseghi xe drio farse”.-“Le pesche stanno maturando”.); acquisire delle abilità (“Mario, come muràro, xe drio farse bén”.-“Mario, come muratore, sta imparando bene il mestiere”.); costruirsi (“Nani xe drio farse (l)a casa”.-“Giovanni sta costruendo la propria abitazione”.)
farsùra s. f. padella
fasò(l)o s. m. seme della pianta del fagiolo
faso(l)àro s. m. pianta del fagiolo (Phaseulus vulgaris cv.)
fassa s. f. benda, garza idrofila
fassaùra s. f. fasciatura
fàssie agg. facile
fassiità s. f. facilità
fassiitón agg., s. m. facilone, superficiale
fassìna s. f. fascina
fassinàro s. m. deposito di fascine accatastate
fasso s. m. fascio di legna
fassoéto s. f. fazzoletto
fastìdio s. m. ripugnanza; intolleranza verso particolari atteggiamenti
fati s. m. pl. lavori domestici (Me mama (l)a va fare fati”.-“Mia mamma fa la collaboratrice domestica”.); accadimenti; fati mii = fatti miei, questioni personali
fato p. pass., fatto; s. m. fatto; agg. maturo (“Él pómo xe fato”.-“La mela è matura”.), capace, esperto, abile, maturato (“Él xe ón muràro fato romài”.-“ È un muratore esperto ormai”.; s. m. accadimento (“Te conto ón fato”. “Ti racconto una cosa successa realmente”.); fig.: agg. ubriaco (“Él xe fato duro”.-“È ubriaco fradicio”.)
faturà agg., p. pass. adulterato; messo in conto con emissione di fattura
faturàre v. adulterare prodotti alimentari
fatùra s. f. maleficio; ricevuta
fava s. f. lupini cotti
fàvaro s. m. fabbro
favéte s. f. pl. dolce carnevalesco fatto con grumi di un impasto compatto di farina, uova e zucchero, fritto in olio bollente
febràro s. m. febbraio
fémena s. f. donna; (l)a fémena = moglie (“Casa gò (l)a fémena che me speta”.-“A casa c’è mia moglie che mi aspetta”.)
femenéta s. f. donna gracile e di bassa statura; bambina responsabile e matura rispetto alla propria età; femminuccia (riferito a uomo debole di carattere e pauroso)
fén s. m. fieno
fènico s. m. spicciolo
fenòcio s. m. finocchio (Foeniculum vulgare); omosessuale (dispregiativo); fenòcéto salvègo = finocchio selvatico
feràe s. m. fanale
feràre v. applicare i ferri agli zoccoli degli equinii
fèro s. m. ferro, ferro da calze
fèrsa s. f. morbillo
ferùme s. m. residui di fieno o di paglia
féta s. f. fetta; fetèa = fetta sottile; fetón/fetóna = grossa fetta
fetàre v. affettare
fetàto s. m. affettato
fetón (pl. fetùni) s. m. piede grande;
fia s. f. fila
fià s. m. fiato (“Fame tiràre él fià”!-“Fammi riposare un attimo”!/“Fammi tirare il fiato”!); alito (“Te ghè él fià che spussa”.-“Hai l’alito cattivo”); ón fià = un po’ (“Dàmene ón fià”!-“Dammene un po”!; “(L)a bistèca xe ón fià dura”.-“La bistecca è un po’ dura”.)
fiàca s. f. svogliatezza, stanchezza; có (l)a fiàca = un po’ alla volta, piano piano
fiantìn (ón) avv. un pochino
fiàpo agg. poco energico, con tono muscolare debole; appassito
fiàre v. filare
fiàsca s. f. damigiana
ficàre v. conficcare, far penetrare, spingere dentro, mettere da qualche parte
ficàrse v. finire in qualche posto, infilarsi, andare (“Marino se ga ficà fin Mosséese a piè”.-“Marino è andato a piedi fino a Monselice”.)
ficón s. m. talea
fidà agg., s. m. affidabile, fidato
fièra s. m. fiera, situazione gioiosa
fiéto s. m. taglio di carne bovina; frenulo del pene
fifón agg., s. m. timoroso
figa s. f. vagina; fig.: donna bella e formosa
figà s. m. fegato
figaìn s. m. varietà di siconio commestibile di fico (sodo, non acquoso e di piccola pezzatura, adatto alla conservazione)
figàro s. m. pianta di fico (Ficus carica); figàro mato = varietà selvatica di fico (Ficus carica var. caprificus)
figarò(l)a s. f. asta con sopra inchiodata una lattina tagliente con cui recidere il peduncolo dei fichi e farli cadere dentro
figo s. m. fico (nome generico dei siconi commestibili di Ficus carica)
figurìn s. m. persona vestita con abiti ben indossati
fin agg. sottile, fine; prep. fino; avv. perfino; fin che = mentre, nel frattempo
finaménte avv. finalmente; perfino
finco s. m. fringuello (Fringilla coelebs); finco subiòto = ciuffolotto (Pyrrhula pyrrhula)
finéto (fino) agg., s. m. fine, raffinato, di buone maniere
fintón agg., s. m. ipocrita, insincero
finìo p. pass., agg. completato, portato a termine (“Gò finìo de fare (l)a casa”.-“Ho portato a termine il lavoro di costruzione della (mia) casa”.); esaurito (“Gò finìo él pan! Va sùbito tòrlo dal fornàro”!-“Ho esaurito (finito) il pane (che ho in casa)! Vai subito dal panettiere a comprarlo”!); andato a finire (“So sbrissà xó pa’ l monte e so finìo inte ón russàro”.-“Sono scivolato giù per un pendio sono andato a finire in mezzo a un groviglio di rovi”.); indebolito, fisicamante, spossato, con pessime prospettive di vita (a causa di malattie, di debiti insolvibili); capace di padroneggire completamente un determinato mestiere
fiò(l)o s. m. figlio; fiò(l)o de ànema = bambino o ragazzo dato temporaneamente in affido volontario presso parenti o amici
fiò s. m. filò
fiòco s. m. fiocco; fig.: sedere, didietro (“Ghe (l)a gò messa sól fiòco”.-“Gliel’ho messa nel sedere”./“Gli ho dato una fregatura”./“L’ho battuto”.)
fión s. m. filone di pane
fiondà s. f. lancio con una fioda
fióre (pl. fiùri) s. m. fiore, infioerescenza; pianta erbacea fiorita
fiòssina s. f. fiocina
fiòsso s. m. figlioccio (bambino che viene accompagnato dal tutore al Battesimo o alla Cresima); figlio della persona che è stata accompagnata alle nozze dal testimone
fìscio (vìscio) s. m. fischio
fisciàre (visciàre) v. fischiare
fìsime s.f. pl. fissazioni, paure, timori, inquetudini
fisso agg. denso; tonico di muscolatura; saldo
fista s. f. pispola (Anthus pratensis)
fitàre v. affittare
fituàe s. m. affittuario
fiùri s. m. pl. velo biancastro che si forma sulla superficie del vino di bassa gradazione alcolica a causa del contatto con l’ossigeno dell’aria
fòdro (fòdaro) s. m. fodero
fòdra s. f. fodera
foetón s. m. macchina ad aria usata per liberare i chicchi di grano dalla impurità residue, azionata a mano
fòfano s. m. mestolone (Anas clypeata)
fogàra s. f. caldano (veniva posto all’interno della “mùnega”)
fògo s. m. fuoco
fogo(l)àro s. m. focolare, camino
fòja s. f. foglia
fojo s. m. foglio
fo(l)à s. f. folata
fò(l)aga s. f. folaga (Fulica utra)
fo(l)àre v. pigiare l’uva; fo(l)àre e végne = spruzzare con il mantice (follo) lo zolfo in polvere sulle viti per prevenire le infestazioni fungine
fo(l)àda s. f. pigiatura dell’uva
fólco s. m. grande quantità (“A(l)a sagra che jèra ón fólco de xente”-“ Alla sagra c’era tantissima gente”)
fò(l)o s. m. mantice
fólpo s. m. polpo (Octopus vulgaris); poco intelligente, imbranato
fondèo s. m. fondo schiena (“Te dao na peàda sól fondèo”. -“Ti do un calcio nel sedere”)
fónfo agg. obeso e legato nei movimenti
fontanàsso s. m. rivolo d’acqua che sale in superficie dal sottosuolo creaado un piccolo vortice
fòra avv. fuori (“Vao fòra”.-“Esco”/“Esco di casa (per divertirmi)”; prep. eccetto (“I xe tuti ma(l)à in casa, fòra che mi”.-“Sono tutti ammalati (febbricitanti, influenzati) a casa mia, eccetto io”; “Risi e bisi e mostacèi tuti quanti xe persèi, fòra che mi, fòra che ti; fiòl de ón can, fiòl de ón béco, mòri séco”!. Riso, piselli e gatti, tutti quanti sono dei porci; eccetto mè, eccetto tè; figlio di un cane, figlio di un cornuto, crepa”!)
foraìa (foramàn) agg., avv., s. m. fuorimano; denaro dato oltre la normale busta paga
foràto s. m. mattone forato
fórca s. f. forca (attrezzo agricolo composto di un manico e di un ferro con con tre denti usato perinforcare fieno, erba, fogliame, paglia, fascine )
forcà s. f. forcata (quantità di fieno, erba o paglia che si può raccogliere infilando una forca; colpo, a scopo di ferire o uccidere, inferto con una forca)
forcón s. m. forca con più denti ravvicinati adoperata a mo’ di pala per inforcare letame, terra, ghiaia grossolana
forèsto agg., s. m. straniero; sconosciuto
fòrfe s. f. forbici (termine solitamente riferito alle forbici per potature)
fòrfese s. f. forbici (termine riferito solitamente alle forbici da sartoria)
formàja s. f. forma di formaggio
formàjo (fromàjo) s. m. formaggio
formajàro s. m. venditore di formaggi
forménto s. m. frumento (solitamente varietà di Triticum aestivum)
formentón s. m. mais (Zea mais), nome generico usato per indicare il mais senza particolare riferimento delle varietà coltivate localmente che avevano nomi specifici, come, ad esempio: sinquantìn (mais a crescita e maturazione veloci )
formentùni s. m. pl. campi di mais
formìga (frumìga) s. f. formica [imenotteri appareneneti alla famiglia dei formicidi (Formicidae), in particolare Lasius niger]
formigàro (frumigàro) s. m. formicaio
fornàro s. m. fornaio, panettiere ambulante
fornàsa s. f. fornace (nella zona di Regazzoni il sostantivo indicava le fornaci per laterizi)
fornèo s. m. focolàre all’aria aperta; fornello a gas, fornello elettrico
fracàre v. comprimere, premere, spingere dentro; fig.: “Ghe (l)a gò fracà inte ‘l cu(l)o”-“Gli ho dato un fregatura”
fradeàsso s. m. fratellastro
fradèo s. m. fratello
frago(l)àra s. f. fragola comune (Fragaria vesca); fràgo(l)ara masso(l)àra = fragola verde (Fragaria viridis)
franco s. m. soldo, lira (“Él cósta sénto franchi”.-“Costa cento lire”.; “Nó gò gnan ón franco in scarsèa”.-“Non ho nemmeno una lira in tasca”; “Gò ciapà ón bèl franco”.- ”Ho guadagnato bene”./“Ho venduto la merce a un ottimo prezzo”; “Gò messo ia ón franco” “Ho messo da parte un po’ di soldi”.)
franchéto s. m. gruzzolo, denaro risparmiato
franxa (franxéta) s. f. frangia (tipo di taglio dei capelli); franxa s. f. frangia (guarnizioni per capi di abbigliamento o di arredamento tipo tende o tappeti
frapolàre v. spiegazzare, rovinare, lacerare
frasca s. f. ramoscello staccato dall’albero; bettola
fràssane s. m. frassino [nome generico dato a due specie appartenenti al genere Fraxinus presenti in zona: l’orniello (Fraxinus ornus ) e il frassino ossifillo (Fraxinus oxycarpa subsp. angustifolia)]
frassión s. f. frazione di un paese
fratìni s. m. pl. pansè, viola del pensiero (Viola tricolor subsp. tricolor)
fratón s. m. frattazzo del muratore
fratonsìn s. m. frattazzino
frégna s. f. alto cumulo compatto e stratificato di fieno, a forma di cono, con al centro un lungo e solido palo di sostegno, ben fissato al suolo (praticamente fatto come un pagliaio) .
frégo(l)a s. f. briciola
frèn s. m. freno
frendìgo(l)o s. m. fionda
frésa s. f. motocoltivatore condotto a mano
fresàre v. lavorare il terreneno con il motocoltivatore
frève s. f. febbre
frìsare v. friggere
frisón (pl. frisuni) s. m. frosone (Coccothraustes coccothraustes)
fritàja (fortàja) s. f. frittata
frìto(l)a s. f. frittella dolce preparata e consumata durante il periodo del carnevale (“Go instanpà e frìtoe”.-“Ho preparato l’impasto per le frittelle”.); fig.: frìto(l)a = persona paurosa e lagnosa (“Te si na frìtola”.-“Sei lamentoso e fifone per nulla”.)
fròta s. f. schiera, gruppo numeroso
fruà agg. rovinato, consunto
fruàre v. rovinare, logorare (rendere consunto)
frunfignàre v. spiegazzare un qualsiasi oggetto di stoffa stirato
frutarò(l)o s. m. fruttivendolo
frutàro s. m. rosacea arborea da frutto
fugàssa s. f. focaccia
fugassón agg., s. m. impacciato, goffo, di scarso nerbo
fuìa s. f. apparato ovarico della gallina
fuìn s. m. ragazzo svelto e sempre in movimento
fumàna s. f. irritazione (riferita a stato d’animo), impeto di rabbia; vampata di calore nel viso o in tutto il corpo creata da un malessere
fumarò s. m. polverone; caos; azione che crea scompiglio
fumegàra s. f. fumo intenso che invade un ambiente
fuminànte s. m. fiammifero
furbàda s. f. azione a scopo di inganno
furbìre v. togliere la polvere con un canovaccio
furbìssia s. m. astuzia
furbón agg., s. m. furbacchione, malizioso
furegàre v. rovistare; frugare; prendere in mano delle cose senza uno scopo chiaro; fare lavori inutili
fureghìn (fureghìti) agg., s. m. furbastro, persona che nella vita se la cava con vari espedienti
furegón s. m. maldestro, incapace di fare bene un lavoro
furìssio s. m. dolcetto che fa gola ai bambini
furlàn s. m. friulano
fusiàre v. fucilare
fusiassión s. f. fucilazione
fustàgno s. m. tessuto di cotone
fustegàre v. provocare (nel senso di provocazione)
gàbia s. f. gabbia, stia per volatili; prigione
gabìna s. f. cabina di guida di un treno, cabina di comando di una gru, spogliatoio in spiaggia, cabina per i passeggeri di una nave, cabina elettrica, ecc.
gaèra s. f. prigione; fig.: bambino molto vivace
gaìna s. f. gallina (Gallus domesticus ), gaìna ovarò(l)a = gallina ovaiola
gainàro s. m. venditore ambulante di pollame; furbo, furbacchione
gainèa s. f. gallinella comune (Valerianella locusta)
gainéta s. f. giovane gallina
ga(l)àni s. m. pl. chiacchiere (dolci di carnevale)
ga(l)antòmo s. m. galantuomo, onesto
ga(l)o s. m. gallo (Gallus domesticus); persona arrogante; persona che cerca costantemente avventure amorose; gaeto de montagna = upupa (Upupa epops)
gainàssa s. f. beccaccia (Scolpax rusticola)
gaìti s. m. pl. fiori del dente di cane (Erythronium dens–canis ); viti del mozzo della bicicletta
gajàrdo agg. traboccante, sovrabbondante, troppo largo, eccessivo; esuberante, gagliardo
gamèa s. f. schiaffo
ganàsse s. f. pl. ganasce (mascella e guancia); elementi del morsetto, dei freni, ecc., atti a stringere
gànbaro s. m. gambero di fiume (Austropotamobius pallipes); attualmente il termine va riferito anche al gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii), una specie alloctona invasiva
ganso s. m. gancio; agg., s. m. furbo, scaltro (“Él xe ón ganso”.-“ È un tipo furbo”.)
garansìa s. f. garanzia
garéjo s. m. gheriglio (seme del noce comune, parte commestibile della noce)
gardeìn s. m. cardellino (Cardelius cardelius)
garbo agg. di sapore aspro, acerbo
gargàto s. m. gola
garìpo(l)o s. m. trappola per uccelli
garìto(l)o s. m. garretto
garòfo(l)o s. m. garofano (specie e cultivar della famiglia delle cariofillacee appartenenti al genere Dianthus (a Regazzoni i garofani spontanei sono i seguenti: Dianthus armeria, Dianthus hyssopifolius e Dianthus carthusianorum subsp. carthusianorum; sembra mancare Dianthus sylvestris s.l. una specie frequente in altre zone dei Colli); ciòdi de garòfo(l)o = chiodi di garofano (boccioli fiorali essiccati di Syzygium aromaticum)
garxa s. f. gazza (Pica Pica); benda di garza idrofila
garxanèa s. f. cesena (Turdus pilaris )
garxéta s. f. garzetta (Egretta garzetta)
gatagnào s. m. andatura a gattoni
gatàro s. m. catarro bronchiale; miagolio dei gatti in amore
gatèi s. m. pl. infiorescenze dei salici del gruppo del salice delle capre (Salix caprea, Salix cinerea, Salix apennina)
gatèo (pl. gatèi) s. m. gattino
gato s. m. gatto domestico (razze varie di Felix catus); gato in gatàro = gatto in amore (distinguibile per il particolare miagolio); gatèo = gattino
gèmo s. m. gomitolo
genàro s. m. gennaio
generassión s. f. generazione
getàre v. fare colate di calcestruzzo
gevo(l)àre v. agevolare
ghé pron. gli, le, loro, ci c’ (“Varda! Ghé xe na soéta sól camìn! Ghé femo na fotografia”? “Guarda! C’è una civetta sopra il comignolo! Le facciamo una fotografia”?; “Me nòni sa che semo in vacànsa in Sardégna, se te ghè vòja ghé mandémo na cartuìna”.-“I miei nonni sanno che siamo in vacanza in Sardegna, se hai voglia spediamo loro una cartolina”. “Ghé xe colcòssa che ti nó te ghè”?-“C’è qualcosa che tu non hai”?)
ghénga s. f. accozzaglia di persone, cricca, combricola
ghèto s. m. ghetto (“Ghèto isto él ghèto de Venèssia”?-“Hai visto il ghetto di Venezia”?)
giànda s. f. ghianda (frutto delle specie appartenenti al genere Quercus)
giaón s. m. giavone (solitamente: Echinochloa crus-galli, la specie più comune del genere Echinochloa; da qualcuno venivano chiamate giaón tre specie di pabbio comuni in zona: Setaria viridis, Setaria pumila, Setaria verticillata)
giassà agg., p. pass. ghiacciato
giassaròto s. m. ambiente freddissimo, ghiacciaia
giassàrse v. raggelarsi, ghiacciarsi
giàsso s. m. ghiaccio
giassò(l)o s. m. ghiacciolo; piro(l)òti de giàsso = ghiaccioli che si formano in in natura (coni allungati di ghiaccio tipo stalattiti)
girasóe s. m. girasole (Helianthus annus); persico sole (Lepomis gibbosus)
giavascàro s. m. groviglio di erbacce
gie! inter. comando di procedere per gli animali da tiro
giè s. m. gilet
gilio s. m. giglio
giustàre v. aggiustare
gnàgno(l)a s. f. influenza, bronchite, malessere, febbriciattola
gnago(l)àre v. miagolare
gnanca (gnan) avv. neanche, nemmeno
gnancóra avv. non ancora
gnaro s. m. nido (di uccelli, di vespe, ecc. )
gnente avv. niente
gnòco s. m. gonfiore in una parte del corpo, bernoccolo; bozzo; gnocco; agg., s. m. sciocco, duro di comprendonio
gnòca s. f. bozzo; botta in testa; donna bella, procace e appariscente
goaìvo agg. livellato, piatto
goantàre v. agguantare, afferrare
goantièra s. f. vassoio
goànto s. m. guanto
goardiàn s. m. guardiano
goarìre v. guarìre
gòdare v. godere (“Él va gòdarse”.-“Va a divertirsi”.)
goernàre v. accudire, badare, governare, gestire; goernàre e bestie = occuparsi dell’igiene delle mucche in stalla allo scopo di mantenerle in buona salute; goernàre i canpi = fare i lavori agricoli adatti; fig.: dare una una punizione verbale o fisica (“Se te ciàpo te idi come che te goèrno”-“Se ti prendo vedrai come ti punisco”.)
goldón s. m. preservativo
gomitàre v. vomitare
gomitaùre s. f. pl. resti di cibo rigurgitati con il vomito
gòmito s. m. vomito
górna s. f. grondaia; condotta del molino a copedello
gòsso s. m. gola, gozzo
gotesìn s. m. bicchiere di vino
gòto s. m. bicchiere
gramégna s. f. gramigna (solitamente: Cynodon dactylon ma anche Elymus repens)
gran (granèo) s. m. acino d’uva; cariosside (chicco) di varie poacee coltivate (mais, frumento, orzo)
granàro s. m. granaio
grando agg. grande, alto; adulto; pi grando = maggiore in età
granèo s. m. granello (di sale, di sabbia, di polvere)
grapégio(l)a s. f. vinaccioli
graspa s. f. grappa
graspe s. f. pl. vinacce
graspìa s. f. bevanda fatta con i residui della pigiatura delle vinacce messi a macerare in acqua
graspo s. m. grappolo (infruttescenza a pannocchia della vite)
graspón s. m. raspo (residuo del grappolo d’uva, privato degli acini, dopo la pigiatura)
gràssia s. f. grazia; cortesia, favore (“Toni fame na gràssia! Nó sta pi fumàre có ghé xe i putèi”.-“Antonio fammi una costesia! Non fumare più quando ci sono i bambini”!)
gràssie s. f. pl. grazie; inter. grazie
gratarò(l)a s. f. grattugia; superficie ruvida
grataròe s. f. pl. gesto del grattare allo scopo di alleviare il prurito
gratón s. m. leggera pacca sulla testa a pugno chiuso
gravarón (pl. gravarùni) s. m. calabrone (Vespa clabro)
grea s. f. griglia
grèbani s. m. pl. zone impervie
grèna s. f. crina
gréjo s. m. grillo (nome più frequentemente riferito al grillo domestico: Acheta domesticus)
grìncani (gréntani) s. f. pl. lattugaccio (Chondrylla juncea)
grìngo(l)a s. f. eleganza nel vestire
grìpo(l)a s. f. gromma
gròpo s. m. nodo; inquietudine
gropón s. m. groppone
gruìjo s. m. groviglio
grùpia s. f. mangiatoia
grupo s. m. difterite; gruppo
guciàro s. m. cucchiao
guciarò(l)o s. m. specie di tubo ove infilare il ferro da calze per tenerlo fermo sotto il braccio.
guinèe s. f. pl. tratto dell’intestino tenue del maiale usato per insaccare parti di poco pregio
gùmio s. m. gomito
gusèa s. f. ago per cucire
gussàre v. affilare; atto del coito; gussàre drio = fare pedinare, fare inseguire (“Ghé gò gussà drio él can”.-“L’ho fatto inseguiere dal cane”.)
i art. i, gli; pron. essi, loro, li
ia (via) avv. via, altrove (“Vao ia”!-“Vado via”! )
ibaràre v. liberare
ìbaro agg. libero
ibertà s. f. libertà
ibro s. m. libro
ignorantìsia s. f. ignoranza
ima s. f. lima
imàre v. limare
inboressàrse v. ridere a crepapelle senza riuscire a trattenersi
imonàro s. m. pianta del limone (Citrus limon)
imèga s. f. limaccia [termine riferito a varie specie della famiglia dei limacidi (Limacidae)]
imegóso (limegóso) agg. attaccaticcio, appiccicoso
in s. m. pianta del lino (Linum usitatissimum); tessuto di lino; prep. in
inà avv. in là (“Tirte inà”!-“Spostati”!/“Fatti da parte”!)
inàbie agg., s. m. inabile
inalboràrse v. infuriarsi, adirarsi
inalfabéto agg., s. m. analfabeta
inbastardàre v. ottenere prole da razze diverse di animali della stessa specie o frutti da varietà di piante della stessa specie
inbachetà agg. rigido; tronfio
inbainà p. pass. colpito da pallini di fucile; divenuto vittima della ritorsione di qualcuno; agg. in evidente fase di ingrossamento (riferito all’acino d’uva)
inbainàda s. f. impallinata; fregatura; licenziamento, ……
inbainàre v. colpire con una scarica di pallini di fucile; prendere qualcuno come vittima di un’azione; dare una fregatura, mandare via dal posto di lavoro
inbainàrse v. processo attraverso cui gli acini dell’uva si ingrossano
inbalbàrse v. avere delle pause e delle ripetizioni di pezzi di parole durante un discorso a causa della balbuzie
inbarcàre v. far entrare delle cose o delle persone in una barca o in una nave; fare andare via qualcuno di cui si è stanchi (con qualche scusa) (“Go inbarcà (l)a me madòna”.-“Ho mandato via la suocera”); fare entare qualcuno in società o in un’impresa
inbarcàrse v. imbarcarsi; incominciare a fare una cosa impegnativa; storcersi, piegarsi un po’, curvarsi
inbaretàre v. dare degli schiaffi, picchiare (“(L)o gò inbaretà”.-“L’ho preso a schiaffi”./“L’ho picchiato”.); coprire il capo con il berretto
inbastìre v. dare una prima cucitura rada provvisoria a un capo di abbigliamento per dare la pssiblità di provarlo prima della cucitura definitiva; preordinare al momento un discorso, improvvisare gli argomenti di cui discutere durante una conversazione, incominciare una discussione
inbatonìo agg., p. pass. svenuto, anestetizzato, privo momentaneamente di sensibilità; molto distratto, addormentato in piedi; stupefatto, impietrito
inbatonìre v. anestetizzare
inbaucà agg. istupidito, svampito
inbaucàre v. influenzare negativamente, plagiare
inbautà agg., p. pass. ben coperto contro il freddo, infagottato
inbautàre v. coprire bene il corpo con vestiti pesanti
inbeetàrse v. incipriarsi, truccarsi il viso
inbessìe agg. imbecille
inbirà agg., p. pass. privo momentaneamente di sensibilità e pervaso di formicolio (un arto)
inbiràrse v. avere un arto momentaneamente privo di sensibilità, avere il formicolio a un arto (“Gò na ganba inbirà”.-“Ho una gamba insensibile e pervasa di formicolio”.)
inbonbegà agg., p. pass. intriso, inzuppato, grondante (“So tuto inbonbegà de suóre”!-“Sono grondante di sudore”!)
inbonìre v. imbottire, farcire, riempire un buco fino a colmarlo; condizionare con frasi d’effetto
inboressàrse v. ridere a crepapelle
inbotonà agg., p. pass. abbottonato; introverso
inbotonàda s. f. truffa, fregatura; sconfitta al gioco (nel gioco a carte, nel gioco d’azzardo)
inbotonàre v. abbottonare; truffare
inbrassàre v. abbracciare
inbriagàre v. ubriacare, intontire, stordire, plagiàre, provocare capogiri (“La curièra me ga inbriagà”!- “Il viaggio in corriera mi ha fatto venire dei giramenti di testa”!)
inbriàgo agg., s. m. ubriaco (“Tòni xe inbriàgo anca a(l)a matìna presto”.-“Antonio è ubriaco anche al mattino presto”.), stordito; infatuato (“Tòni se ga inbriagà de quea fénena”.-“Antonio si è infatuato di quella donna”.)
inbriagón s. m. ubriacone, alcolizzato
inbrincarse v. rimanere intrappolati in mezzo a grovigli di arbusti con terminazioni appuntite
inbrocàre v. azzeccare (il numero giusto a una lotteria), prenderci, dare la risposta giusta, indovinare
inbrojàre v. imbrogliare
inbrojón agg., s. m. imbroglione, truffatore, disonesto
inbrutìo agg., p. pass. imbruttito
inbrutìrse v. imbruttire
inbugàre v. nutrire forzatamente gli animali da cortile
inbugà agg., p. pass. nutrito forzatamente, riempito di cibo fino al collo, pieno come un uovo
inbugàrse v. mangiare a crepapelle fino a non riuscire più a tenere dentro cibo
inbusàre v. mettere una cosa in un posto senza fare la dovuta attenzione (e poi dimenticarsi dov’è); nascondere una cosa
inbusàrse v. finire in un posto strettissimo da cui è difficile uscire; intrufolarsi, ottenere una situazione di lavoro in cui si fa poco o niente
inbusso(l)otàre v. dare una fregatura
inbutiliàre v. imbottigliare
incaenàre v. mettere la catena
incagnìo agg. rugoso, rattrappito
incalcàda (incalcà) s. f. contusione ossea dovuta a pesante caduta, slogatura
incalcàre v. pressare le cose una contro l’altra per farle entrare in uno spazio ristretto
incalcàrse v. slogarsi, procurarsi una contusione ossea a causa di una caduta; entrare in un luogo e crare un affollamento molto fitto
incalmàre v. innestare piante
incàlmo s. m. innesto: era diffusa la pratica, soprattutto per i ciliegi, trapiantare il portainnesto selvatico preso nel bosco e, dopo il raggimento della dimensione ottimale del tronco, procedere con l’innesto (soprattutto a spacco) della varietà desiderata (“Go incalmà e saresàre”.-“Ho messo gli innesti ai ciliegi”. ); fig.: “Él xe incalmà có l’òco”.-“ È uno stupido”.
incaltramàre v. avvolgere di catrame, stendere catrame su una superficie
incancarìo agg., p. pass. fortemente dimagrito, divenuto antiestetico; invelenito, incattivito
incancarìrse v. imbruttire, intestardirsi, invelenirsi
incaponìrse v. ostinarsi
incantà p. pass. meravigliato; distratto momentaneamente, in modo inconsapevole, durante un’azione; agg. attonito, trasognato; stupido
incantonàre v. indurre qualcuno a finire in un luogo senza via d’uscita (minacciandolo per intimidirlo); incantonàre na fémena = tentare con determinazione un approccio amoroso con una donna
incaparàre v. accaparrare (dare la caparra per garantirsi un acquisto)
incapàrse v. smettere improvvisamente, per brevissimo tempo, di parlare durante un discorso a causa di dimenticanze; dire, durante un discorso, parole diverse da quelle pensate creando così intendimenti non corretti
incarnàre v. rimproverare aspramente, picchiare
incarnà p. pass. rimproverato aspramente, picchiato
incarnàda s. f. aspro rimprovero
incarnìre v. incarnire
incarnio (incarnà) agg., p. pass. incarnito
incarognìo agg. p. pass. ostinato, irremovibile, crudele; incattivito, incarognito
incartàre v. avvolgere qualcosa con la carta; convincere qualcuno con discorsi fasulli; dare una fregatura
incartàrse v. trovarsi in una situazione reale senza apparente via d’uscita; incartàrsea = rassegnarsia all’evidenza, prendere atto di una sconfitta o di un danno avvenuto nei propri confronti e mettersi il cuore in pace in quanto non è possibile farci niente
incassà agg. arrabbiato
incassàrse v. arrabbiarsi, adirarsi
incassaménto s. m. fastidi all’apparato respiratorio
incatijàda s. f. fregatura; darghe na incatijàda a na fémena = tentare di avvincere una donna forzando passionalmente, ma in modo non violento
incatijamento s. m. groviglio
incatijàre v. unire insieme facendo nodi senza un preciso piano esecutivo; spingere e bloccare qualcuno in un luogo senza via d’uscita
incatijàrse v. finire in qualche groviglio e non riuscire a liberarsi (“Me so incatijà só e russe e nó so pi bón vegnère fòra”.-“Sono finito in mezzo a viluppi di rovi e non riesco più ad uscire”.; fig.: avere una relazione affettiva che crea disagio (“Me so incatijà có na fémena”.-“Ho un rapporto con una donna che mi provoca delle difficoltà ma non riesco a staccarmi”.)
inciapetàre v. dare una fregatura
inciavàre v. chiudere a chiave
inciocà agg. fiacco, inebetito, tonto
inciocàrse v. diventare chioccia (riferito al momento in cui la gallina, dopo la deposizione completa delle uova, comincia a fare il verso tipico della chioccia (un tempo, se questo non avveniva spontaneamente, la gallina veniva fatta diventare chioccia ubriacandola con pane inzuppato nel vino e rigirandola varie volte)
incióstro s. m. inchiostro
incindià (incandìo) agg. arso a causa del calore del sole; p. pass. incendiato
incò avv. oggi
incoatàrse v. accucciarsi per nascondersi (“Pa’ scóndarse él se ga incoatà drio na sièsa e nó ‘l xe pi vegnù fòra”.-“Per nascondersi si è accucciato dietro una siepe e non è più venuto fuori”.)
incoconàrse v. riempirsi la bocca di cibo cercando di mangiare il più possibile
incoconàre v. infilare il cibo in bocca (si usa farlo con i capponi, le oche ed altri uccelli da ingrasso o con i bambini che incominciano a mangiare il cibo solido)
incoerciàre v. mettere il coperchio; picchiare; sormontare; sopraffare; sconfiggere
inco(l)orìre v. colorare
inconsàre v. imbrattare o sporcare con cose untuose
incoratàre v. sporcare di fango (solitamente l’acqua, muovendola in un fondale molto basso)
incoratà agg., p. pass. sporco di limo; p. pass. rifugiato in mezzo al limo (da parte di un pesce o di un anfibio)
incoratàrse v. sporcarsi di limo nell’acqua melmosa; atto del rifugiarsi in mezzo al limo da parte di un pesce o di un anfibio
incornàre v. violare la fedeltà coniugale (fare i còrni); colpire con le corna
incòrto agg. acccorto, giudizioso, astuto
incòrxarse v. rendersi conto, accorgersi, vedere (“Me gò incòrto che te si brao”.-“Mi sono reso conto che sei bravo”.; “Me so incòrto che xe passà na aquila”.-“Ho visto passare un’aquilla”.)
incòste avv. addosso, troppo vicino
incrosàre v. incrociare (incontrare, accavallare)
incuciàrse v. accovacciarsi
incu(l)àre v. tamponare con un veicolo; dare una fregatura; avere un rapporto sessuale anale
incucià p. pass. accovacciato
indemàre v. vendemmiare
indoensìo agg. indolenzito
indolsìre v. addolcire
indormessà agg., p. pass. dormiente, addormentato; stupido
indòrmia s. f. anestesia
indrìo avv., indietro; agg. acerbo; non ancora cotto a puntino; debole di mente
indrissàre v. rimettere in piedi; raddrizzare; correggere un comportamento
indrissàrse v. alzarsi in piedi; ritornare ad avere un giusto comportamento; rimettersi da una malattia; risollevarsi da una crisi debitoria
infarinàda s. f. infarinata
infassàre v. mettere le bende a una parte del corpo, fasciare un neonato; fig.: “Èl se ga infassà i òci”.-“Ha fatto finta di non vedere”.; -Él ghéa i òci infassà”.-“Non si accorgeva di niente”.
infenociàre v. raggirare, ingannare
infessión s. f. infezione
infiapìre v. appassìre
infiapìo agg., p. pass. appassito
infiochetàre v. adornare; imbrogliare, fregare
infissàre v. fissare, bloccare, conficcare
infissìre v. addensare
inforcàre v. afferrare con la forca; montare a cavalcioni stringendo con le gambe; inforcàre na strada sbalià = incominciare un percorso di vita sbagliato, sbagliare percorso durante un viaggio o una passeggiata
informigolà agg., p. pass. intorpidito (un arto)
informigolàrse v. intorpidirsi (un arto)
infrascàre v mettere sostegni vegetali (frasche) a piante erbace (piselli, fagioli, pomodori, ….)
infumegà agg., p. pass. affumicato, sporco di fuliggine, riempito di fumo
infumegàre v. sporcare di fuliggine; riempire di fumo, affumicare
inganbaràrse v. perdere il passo durante una corsa o una camminata, inciampare
ingansàre v. mettere il gancio, agganciare; avvicinare o coinvolgere qualcuno con successo
ignaràrse v. fare il nido (riferito a uccelli); nascodersi
ingiotìre (mandare xo) v. ingoiare
ingiaràre v. coprire di ghiaia una superficie (strade bianche, cortili
ingobà agg. incurvato, ingobbito
ingordìsia s. f. ingordigia, golosità; avidità
ingrejàre v. avvolgere di filo o di spago; coinvolgere, affascinare, accalappiare, (“Gò ingrejà na fèmena”.-“Ho affascinato una donna”.)
ingregiàrse v. rimanere intrappolato in qualche groviglio; mettersi in situazioni sgradevoli da cui è difficile uscire
ingrespare v. increspare
ingropà p. pass., agg. annodato; con gli arti rigidi; incapace di parlare per l’emozione; con il nodo alla gola
ingropàre v. annodare
ingropàrse v. emozionarsi e non riuscire a parlare, mettersi a piangere
ingrumàre v. stipare disordinatamente
ingruijare v. aggrovigliare
ingrumà agg., p. pass. calcato; deformato a causa di una forte pressione; sedimentato a grumi
ingrutoìo agg. rattrappito per il freddo
ìnia (ìnea) s. f. linea; comportamento; linea politica
ingusoìre v. invogliare, lusingare, promettere
inissiàre v. iniziare
inletà agg., p. pass. costretto permenentemente a letto per infermità
inletàrse v. essere stabilmente costretti a letto a causa di una malattia o di un forte trauma fisico
inmagà agg. attonito, imbambolato; affascinato, invaghito, innamorato (“Él xe inmagà drio na fémena”.- È innamorato di una donna”.)
inmanegà agg., p. pass. munito di manico; partecipe ad affari lucrosi, capace di trarre benefici con relazioni importanti; colluso, complice
inmanegare v. mettere il manico
inmanegarse v. riuscire ad avere importanti amicizie o appoggi in affari vantaggiosi
inmarsìre v. marcire
inmarsìo agg., s. m. marcito
inmasciàre v. unire due pezzi che si incastrano perfettamente
inloamàre v. mettere il letame sul terreno da coltivare
inmu(l)arse v. inpuntarsi, intestardirsi
inmusonà agg. immusonito, corrucciato
inorcà agg. rinbecillito
inpacare v. comprimere, ridurre, pressare
inpacà agg., p. pass. compresso, deformato, ridotto
inpacàda s. f. conseguenze dolorose temporanee alle ossa a causa di una caduta dall’alto
inpachetàre v. impacchettare
inpaciolà agg., p. pass. sporco di resti di cibo (sugo, cioccolata) soprattutto intorno alle labbra
inpacio(l)arse v. sporcarsi le labbra e il tratto del viso vicino con il cibo (“Él se ga inpacio(l)à có (l)a cico(l)àta”.-“Si è sporcato il viso con la cioccolata”.)
inpajàre v. impagliare
inpaltanà agg., p. pass. sporco di fango; bloccato
inpaltanàre v. sporcare di fango
inpaltanàrse v. sporcarsi di fango; restare momentaneamente immobilizzati in un suolo fagoso; rimanere bloccati in una situzione di difficoltà
inpapinà p. pass., agg. picchiato, preso a schiaffi; assorto, attonito
inpapinàre v. schiaffeggiare
inpassàrse v. impicciarsi; provocare qualcuno senza ragione
inpastrocià agg., p. pass. impiastricciato
inpastrociàre v. impiastricciare
inpasturàre v. gettare la pastura agli animali allo scopo di attirarli per catturarli
inpatàre (fare pata) v. chiudere alla pari una partita
inpatinàda s. f. lucidatura delle scarpe
inpatinàre v. dare il lucido alle scarpe
inpego(l)àrse v. mettersi in una situazione da cui è difficile uscire
inpenàda s. f. impennata
inpeneàda s. f. pennellata, pennellatura
inpeneàre v. pennellare
inpestà agg. afflitto da malattie veneree; infestato (“Él rosàro xe inpestà de piocìni”.-“La pianta di rose è infestata dagli afidi”.)
inpestàre v. trasmettere una malattia; infestare; inpestàre de paròe = rimproverare asparamente, insultare
inpiantàre v. piantare; conficcare
inpiegàre v. mettere in piega la biancheria
inpienàre (inpenìre) v. riempire; fig. (volgare): mettere incinta (“Gò impienà na fémena”.-“Ho reso incinta una donna”.)
inpignatàre v. picchiare
inpiràda s. f. fregatura
inpiràre v. infilare (“Gò inpirà la cartùcia só (l)a cana del sciòpo”.-“Ho infilato la cartuccia nella canna del fucile”.), introdurre (“Gò impirà la cartuìna só (l)a busa”.-“Ho introdotto la cartolina nella buca delle lettere”.); bucare
impiràrse v. bucarsi (procurarsi accidentalmente un buco nel corpo: “Me so inpirà na man”.-“Mi sono bucato una mano.”); indossare, calzare (“Me so inpirà e braghe”.-“Ho indossato i pantaloni”.)
inpìria s. f. imbuto
inpissàre v. accendere (“Gò inpisà él fògo”. “Ho acceso il fuoco”.); fig.: “Nó sta inpissàre fòghi”!-“Stai calmo, non provocare”!
inpissotà agg., p. pass. sporco di orina
inpiturìre v. tinteggiare, dipingere
inponaràrse v. appollaiarsi; assumere una posizione di riposo; andare a letto
inpontàrse v. intestardirsi, ostinarsi
inpostàre v. procedere a una prima fase di realizzazione o di risoluzione; tramettere una corretta tecnica di esecuzione, trasmettere un comportamento idoneo nell’affrontare le situazioni; fare apprendere un mestiere con il giusto metodo e la giusta mentalità; imbucare una lettera o un pacco nella cassetta delle lettere
inprestàre v. prestare; in prìstio = in prestito
inrabiàda s. f. arrabbiatura
inrabiàrse v. arrabbiarsi
inrusenìre (inrusenìrse) v. arrugginire
insacàre v. mettere dentro ai sacchi; insacàre (l)a carne = mettere la carne dentro ai budelli per fare salumi
insacàda s. f. impatto doloroso contro una superficie dura a causa di una caduta o di un urto
insangonà agg. insanguinato, sporco di sangue
insangonàrse v. sporcarsi di sangue
insaonàre v. passare una superficie con il sapone
inscartossàre v. avvolgere, accartocciare, incartare; piegare accidentalemente a causa di un forte urto
insemenìo agg., scemo, stolto; p. pass. frastornato, intontito
insemenìre v. intontire, inebetire; frastornare con chiacchiere o con insistenze troppo prolungate
insemenìrse v. istupidire
insenbràre v. mischiare a caso o accidentalmente (“Pa’ sbàlio gò insenbrà él sae cól sùcaro”.-“Accidentalmente ho mischiato il sale con lo zucchero”.); mettere insieme a caso (“Có gò lavà e strasse, sénsa pensàghe, gò insenbrà e mudànde de me fiò(l)o có quee de me marìo e nó me ricòrdo pi quae che e xe”.-“Quando ho hatto il bucato, senza pensarci, ho messo insieme le mutande di mio figlio con quelle di mio marito e non mi ricordo più quali sono le une e quali sono le altre”.)
inséndare (inséndere) v. avere un sapore molto amaro, avere un cattivo sapore
insendénte agg. amaro, dal sapore cattivo (“Stó siròpo xe insendénte”!-“Questo sciroppo è amaro”!)
insensà agg. insensato
insinganà agg. invaghito
insinganàrse v. invaghirsi
insonà agg. insonnolito
insoniàrse v. sognare
insossolàre v. lordare, imbrattare
intensión s. f. intenzione
instorsàre v. piegare, deformare
insùma avv. insomma
insupàre v. intingere, inzuppare
insustàrse v. arrabbiarsi, innervosirsi
intabarà agg. ben coperto con un cappotto pesante; p. pass. preso a schiaffi
intacà (séco intacà) agg. arso dal sole
intardigàre v. attardarsi nel fare una cosa, fare tardi, arrivare in ritardo
intavanàre v. picchiare (dare schiaffi, pugni, ecc.)
inte (int’) prep. dentro, in; inte ‘l = nel, inte (l)a = nella (“Él sórxe xe nda inte ‘l buso”.-“Il topo è andato dentro al (nel) buco”.)
inténxare v. sporcare di fuliggine
inténto (inca(l)usinà) agg., p. pass. sporco di fuliggine (Fòrsa de stare tacà él bugèo te ghè él muso tuto inténto”.-“Restando così a lungo vicino al falò ti sei sporcato tutto il viso di fuliggine; agg. occupato a fare un’azione
intièro agg. intero
intimèa s. f. federa del cuscino
intivàre v. indovinare, azzeccare
intorco(l)à agg., p. pass. attorcigliato, contorto
intorcolàre v. attorcigliare, contorcere
intórno avv. attorno, vicino; addosso; dentro di sè
intossegà p. pass. intossicato
intossegàre v. intossicare
intrigàre v. ostacolare o sbarrare un passaggio involontariamente, dare fastidio stando troppo vicino (“Tìrte in là che te me intrìghi”!-“Spostati che mi dai fastidio”!; “(L)a me cusìna xe cussìta streta che quando che se sentémo in tò(l)a sémo intrigà mòvarse da(l)a carèga”.-“La mia cucina è così stretta (piccola) che qundo ci sediamo a tavola facciamo fatica a muoverci-alzarci dalla sedia”.)
intrigàrse v. impicciarsi (“Intrigate dii afàri tui”!-“Impicciati degli affari tuoi-Pensa ai fatti tuoi”!); finire in un viluppo di ortiche
introsàre v. mettere uno nelle condizioni di agire correttamente, dare i primi rudimenti; fare andare via una persona che disturba o arreca danno
inturbiàre v. intorbidare un liquido trasparente; dare false versioni di accadimenti
inuvo(l)àrse v. annuvolarsi; cominciare ad arrabbiarsi
inveenà agg., p. pass. infuriato; avvelenato
inveenàre v. avvelenare; invelenire, fare infuriare
inverdegàre v. macchiare di erba
inverigo(l)à agg. contorto
invésse avv. invece
invidàre v. avvitare
inviàrse v. iniziare; mettersi in moto (riferito a macchinario o veicolo); procedere positivamente nella fase di avviamento di un’attività
inxegnarse v. ingegnarsi
inxenociàrse (inxanociàrse) v. inginocchiarsi
ìpara s. f. vipera (solitamente: Vipera aspis)
ìpia (erba ìpia) s. f. trebbia maggiore (Chrysopogon gryllus)
isièro agg. poco pesante, leggero; sottile
ismerdàre v. insudiciare con le feci; insozzare
ìspio agg., s. m. aspro; ruvido; rude
issa s. f. slitta (termine riferito sia alle slitte da carico da terra sia alle slitte da neve)
issegàre v. andare in slitta
issegarò(l)a s. f. pista sulla neve per le slitte
ìssia s. f. lisciva di cenere (“Gò fato (l)a ìssia ai nissòi”.-“Ho lavato le lenzuola con la lisciva di cenere”.)
issio agg. liscio
isso (ndare) non mettere briscole durante una mano del gioco a briscola
istà s. m. estate
istanpàre v. mettere insieme (amalgamare) i preparati per un prodotto (solitamente dolciario); fig.: “Ghémo istanpà ón putèo”.-“Abbiamo creato (accoppiandoci) il primo embrione di nostro figlio”.
istésso avv. ugualmente, lo stesso (“Xe istésso”.-“È la medesima cosa”./“È lo stesso”.)
isto (visto) p. pass. visto, osservato
istrigàre v. stregare; affascinare
iùri (i uri) pron. essi, loro
jachéta s. f. giacca
jachetón s. m. giaccone
jardìn s. m. giardino
jara s. f. ghiaia di fiume
jarìn s. m. ghiaino
jarón s. m. ghiaia grossolana di fiume; pietrame di piccola pezzatura ottenuto attraverso la frantumazione di grossi blocchi al frantoio (quello ottenuto dal basalto o dalla latite, data la plasticità e il contenuto in ferro, veniva impegato nelle linee ferroviarie)
jaonsèo s. m. vespa terricola della famiglia degli sfecidi (Sphecidae)
jèma s. m. catarifrangente della bicicletta
jèri avv. ieri; jèri altro = l’altro ieri
joèa s. f. forcella in un ramo, forcella per fionde
joata s .f. catena con cui fissare la trave verticale a quella orizzontale nelle armature in legno
jóssa s. f. goccia
jósso s. m. goccio, sorso
jostra s. f. giostra; questione che non finisce mai, polemica sterile che continua senza avere un motivo importante
jostraro s. m. giostraio
justaòssi s. m. persona capace di sistemare, tramite manipolazione, piccoli trumi ossei senza ricorrere a ingessature o a particolari terapie mediche
justare v. aggiustare; risolvere una questione dopo averla chiarita, risolvere un contenzioso grazie alla propria influenza (“É gò justà mi e ròbe”.-“Ho sistemato io la faccenda”.)
justo agg., s. m. giusto
jutare v. aiutare
(l)a art. la; pron. la; i nomi propri femminili di persona, sia quando hanno valore di soggetto sia quando fungono da complemento oggetto sono sempre preceduti dall’articolo determinativo (“ (L)a Marìa ga fato (l)a fugàssa”.-“Maria ha fatto la focaccia”.; “Go isto (l)a Rina”.-“Ho visto Rina”.)
(l)à avv. là
ladrùme s. m. ruberia, sistema di corruzione
(l)agna s. f. lamento continuo; agg., s. m. piagnucolone
lagnànsa s. f. rimostranza, lamentela
lagnàrse (agnarse) v. lamentarsi
(l)àgrema (àgrema) s. f. lacrima
lanpo s. f. battibaleno; lanpo
lanpión s. m. lampione
lanpoìn s. m. spruzzetto per oliare
lasàgne (asagne) s. f. fettuccine all’uovo per pastasciutte, larghe circa un centimetro
lasarón agg., s. m. mascalzone; furbastro; monello
latàre v. allattare
latarìa s. f. latteria
latarò(l)o s. m. lattaio (venditore e raccoglitore ambulante di latte)
late (ate) s. f., s. m. latte
lavàda s. f. lavata
lavandàra s. f. lavandaia
làvari (àvari) s. m. pl. labbra
leàndro s. m. olenadro (Nerium oleander)
léca (éca) s. f. ceffone
lechìn s. m. adulatore servile
léese s. m. leccio (Quercus ilex)
lège (pl. lége) s. f. legge
légne(egne) s. f. pl. legna (“Gò fato ón fassinàro de legne”.-“Ho allestito un deposito-una catasta di fasci di legna-di fascine”.)
léngoa (éngoa) s. f. lingua, lingua parlata; linguaccia (persona sfrontata o insolente); léngoa de vaca = romice (solitamante: Rumex obtusifolius susbp. obtusifolius, Rumex crispus, Rumex pulcher subsp. pulcher, Rumex conglomeratus); léngoa salmistrà = lingua in salmì
lengoàssa (engoàssa) s. f. malalingua
león s. m. leone; coraggioso
lèsena s. f. lesina (ago per cucire la suola della scarpa alla tomia)
lessión (essión) s. f. lezione (non in senso di docenza), castigo, punizione corporea; s. f. pl. compiti per casa per gli scolari
létara(étara) s. f. lettera
levàre v. allevare (riferito a persone)
levàrse v. alzarsi dal letto, alzarsi in piedi
levarìn s. m. cavachiodi, piede di porco
lévro s. m. grande quantità
lièvore (dièvore) s. m. lepre (Lepus europaeus: è ipotizzabile che negli anni ’50 fosse presente Lepus europaeus subsp. meridiei)
ligàre (igare) v. legare, allacciare; provocare una sensazine di asprigno nella lingua e nel palato (“I bronbiòi crui liga”.-“I frutti acerbi del prugnolo spinoso hanno un sapore asprigno”.; “I piri crui me ga ligà (l)a bóca”.-“Le pere acerbe mi hanno provocato una sensazione di asprigno in bocca”.); attecchire, fruttificare, svilupparsi (riferito al processo di trasformazione dell’ovario di una pianta in frutto o all’attecchimento di un innesto (“Stó ano i pumi ga ligà bén”.-“Quest’anno i meli hanno fruttificato in abbondanza”.;-“I calmìti ga ligà”.-“Le marze hanno attecchito”.)
ligaùra (igaùra) s. f. legatura
lilón agg., s. m. scansafatiche, perditempo, vagabondo.
limonàro s. m. pianta di limone (Citrus limon)
lissiàda s. f. levigatura; adulazione interesssata
lissiàre (issiàre) v. levigare, rendere liscio; adulare o ossequiare qualcuno allo scopo di trarne un vantaggio
listarèa s. f. listello
(l)ó-ó pron. lo (Nino, mi (l)ó sento domàn. Sperémo che ‘l vègna giustàrme i belcùni”!-“Severino, lo sento io domani. Speriamo che venga ad aggiustate gli scuri delle finestre”!)
locàe agg. locale, nativo; s. m. vano, stanza; ristorante, pizzeria, trattoria, ecc.
lòdo(l)a s. f. allodola (Alauda arvensis)
lògo s. m. orfanotrofio
lòghi s. m. pl. coltivi terrazzati in collina
(l)ontàn (distànte) avv. lontano
lolón agg., s. m. fannullone
(l)óngo (óngo) agg. lungo, alto; lento; fig.: ndare de (l)óngo = lamentarsi, rimproverare, polemizzare
lóra s. f. imbuto piatto con filtro, usato per travasare il vino novello e mondarlo dalle impurità più grossolane
(l)óre (eóre-e óre) pron. esse, loro
(l)u pron. lui, egli
ludro s. m. attrezzo lanciato dai “roccolari” a imitazione del volo del falco per costrinere gli uccelli a rifugiarsi in basso e così finire impigliati nelle reti poste intorno all’arconà, cioè nella zona alberata semicircolare antistante al roccolo; agg., s. m. sconcio
lunàrio s. m. almanacco (era in uso appendere il famoso Lunario di Poiana Maggiore per regolare le attività agricole sulle fasi lunari)
luja s. f. maiale femmina
lùlio s. m. luglio
luni s. m. lunedì
lusarò(l)a s. f. lucciola [coleotteri della famiglia dei lampiridi (Lampyridae)]
lusso s. m. luccio (Esox lucius)
(l)usso s. m. lusso
(l)ustràda s. f. lucidatura; incensamento, ruffianeria
(l)ustràre v. lucidare; incensare allo scopo di trarre un vantaggio
(l)ustro agg. tirato a lucido; pulito; senza soldi in tasca
luvión s. f. alluvione, bomba d’acqua
maca s. f. ammaccatura, livido
macàco agg., s. m. stupido
macàda s. f. pestaggio; sconfitta, batosta; ammaccatura
macàre v. ammaccare; picchiare (“Me opà me ga macà parché nó so nda dotrìna”.-“Mio padre mi ha picchiato perché non sono andato alla lezione di catechismo”.)
macarón (pl. macarùni) s. m. gnocco fatto con farina di frumento e patate; agg., s. m. sciocchino, cocciuto
macaùra s. m. ammaccatura
màcia s. f. macchia
maciàre v. macchiare
mación s. m., cespuglio arbusteto, cespuglieto (“In mèso ai maciùni de spini varise nó se pòe passàre, parché te te cavi (l)a pèe”.-“Tra i cespugli di spina di Cristo non si può passare perché ci si lacera completamente tutto il corpo”.)
màchina s. f. macchina, automobile (màchina da aràre = trattore, màchina da ua = pigiatrice, màchina da patate = schiacciapatate, ecc. )
machinàre v. trebbiare il frumento; raccogliere a macchina il frumento, l’orzo, il mais, il sorgo, la soia; pigiare l’uva con la deraspapigiatrice, ecc.
màco(l)a s. f. leggera ammaccatura
mae s. m., male, ingiustizia; dolore fisico, malattia (mae déa prìa = calcoli alle vie urinarie; mae de San Vaentìn = epilessia; mae del simiòto = rachitismo); avv. male
maedéto agg., s. m. odioso
maedìre v. maledire
maedissión s. f. maledizione, disgrazia
maeducassión s. f. maleducazione
maegràssie s. f. pl. azioni socialmente negative, reati; atti bizzarri dei bambini
magàgna s. f. acciacco, malattia; difetto
magagnà agg. acciaccato, rovinato, difettoso
magàsso s. m. moriglione (Aythya ferina)
magnà p. pass. mangiato; agg. eroso, rovinato
magnàda s. f. mangiata (termine riferito solitamente a una mangiata in compagnia)
magnàre v. mangiare
magnarìa s. f. ruberia, truffa, speculazione
magnón agg., s. m. mangione
mago agg., s. m. sciocco; s. m. mago, prestigiatore
magón s. m. malinconia, tristezza, nostalgia, groppo alla gola
mah inter. mah
maitón agg., s. m. grande e grosso (riferito a persona)
majo s. m. maggio; maglio (”Gò laorà al majo fin in majo e dopo so sta casa”.-“Ho lavorato al maglio fino a maggio e poi mi sono licenziato”.)
majón s. m. maglione
ma(l)à agg., p. pass. ammalato
ma(l)àn s. m. guaio, danno
ma(l)àrse v. ammalarsi
malco agg., s. m. stupido
malfidénte agg., s. m. sospettoso
malgherìta s. f. margherita (specie del gruppo di Leucanthemum vulgare)
malgoaìvo agg. sbilenco, non livellato
ma(l)òrsega s. f. malora
malstàre s. m. turbamento, sensazione di malessere fisico
maltèca s. f. pasta scotta; melma; impasto colloso
man (pl. man) s. f. mano; man morta = mano lasciata a penzoloni senza dare tono muscolare: era in uso fare un gioco con i bambini che consiteva nello scuotere loro più volte una mano e senza che facessero in tempo ad accorgesene dare con la mano stessa una leggera pacca sul viso e proferire le seguenti parole: “Man morta, man morta, péta só (l)a porta; na man de bianco = prima tinteggiatura di un muro, pestaggio
manco avv. meno, a meno (“Me tóca fare de manco de fumare”.-“Sono costretto di fare a meno di fumare”.; “Quanti ani ghèto”? “Ghé ne gò (n’ò) du manco de ti”!-“Quanti anni hai”?/“Ne ho due meno di tè”! )
mànega s. f. manica; combriccola, cricca
mànego s. m. manico; stelo fiorale (È malgherìte, pa’ métale sól vaso, bisogna che te è cati cól mànego pi longo che te pòi”.- “Per mettere i capolini delle margherite (Bellis perennis e Leucanthemum vulgare s.l.) nel vaso bisogna coglierli con lo stelo della massima lunghezza possibile”.); peduncolo di un frutto (“E sarèse, pa’ véndarle bisogna sunàrle cól mànego”.-“Per poter vendere le ciliege occorre raccoglierle con il peduncolo”.)
mandoìn s. m. mandolino
màndo(l)a s. f. frutto del mandorlo (Prunus dulcis); fig.: soldi ottenuti per favoritismi, mance
mando(l)àra s. f. mandorlo (Prunus dulcis)
mando(l)àto s. m. torrone
mando(l)ón agg., s. m. alto e magro; persona di acume non elevato e di presenza ordinaria
manoèa s. f. manovella
manòpo(l)a s. f. guantone; impugnatura
mantegnère (p. pass. mantegnù, mantegnuo) mantenere; conservare; tenere fede; nutrire, allevare, fornire i mezzi di sussistenza (il participio passato dei verbi della seconda coniugazione termina generalmente in U oppure in UO)
mantorno s. m. daffare
maón (pl. maùni) asse posteriore della sedia; pattino della slitta
maraéja s. f. meraviglia, bellezza, prodigio; giudizio negativo senza scopo (“Él xe uno che se dà sémpre maraèja dii altri”.-“È una malalingua”.)
marangón (faegnàme) s. m. falegname, ebanista
maràntega s. f. donna ribelle e litigiosa, vecchia megera
marcà s. m. mercato; p. pass. marchiato, annotato; fig.: chiasso, caos
marcansìa s. f. mercanzia
marcàre (marcà p. pass.) v. marchiare; annotare; annotare un credito (in una drogheria, in osteria, …: “Angiìna, pa’ incò marca él sùcaro che domanpassàndo te (l)o pago”!-“Angela per oggi segnati il mio debito per lo zucchero, che domodomani vengo a saldarlo”!)
marchése (e só ròbe) s. m. mestruazioni
marco s. m. contrappeso della stadera a piatti e ganci, della stadera a soli ganci e della “bassacuna”
maregoéta (marégo(l)a) s. f. topolino domestico (Mus domesticus)
mare s. f. madre, mamma; s. m. mare
marégna s. m. matrigna
marénda s. f. colazione, merenda, spuntino (”Stamatìna gò fato marénda ma ae dièse nò”.-“Ho fatto colazione stamattina ma non ho fatto lo spuntino delle dieci”.)
maressià(l)o s. m. maresciallo
maridàre v. sposare; far combaciare e attaccare perfettamente due pezzi
maridàrse v. sposarsi
marinèa (maràsca) s. f. varietà del frutto del visciolo: visciola, amarena, marasca
marineàra s. f. visciolo (Prunus cerasus)
marìo s. m. marito (“Màrio xe me marìo”.-“Mario è mio marito”.)
marissàndo(l)a s. f. salamandra pezzata (Salamandra salamandra)
maròide s. f. pl. emorroidi
marón s. m. marrone (parte edule del frutto di un castagno che ha subito innesti selettivi: viene detta marón indipendentemente dalla varietà); agg. marrone (colore); fare marón = fare la “spia” durante il gioco del nascondino, rivelare un patto o un fatto tenuto segreto (“Semo nda trare só la risèrva del Duca ma Miro, ón dì, inbriàgo, ga fato maròn in ostarìa e cussì e guardie xe vegnùe savèrlo e ghémo ciapà (l)a multa”.-“Siamo andati a caccia abusivamente nella riserva privata del Catajo ma Miro, un giorno, mentre era ubriaco, ha rivelato il fatto in osteria così le guardie sono venute a conoscenza del fatto e abbiamo preso la multa”.)
maronàro s. m. castagno da frutto oggetto di innesti selettivi
marsìre (inmarsìre) v. marcire
marso s. m. marzo; agg. marcio (“Pa’ sbàlio gò assà ón sa(l)ado só (l)a stanga inte ón buso sensa aria, fin in marso, e él xe deentà marso”.-“Per errore ho lasciato un salame appeso alla stanga in un posto angusto non aerato, fino a marzo, ed è diventato marcio”)
marsón s. m. scazzone (Cottus gobio)
marsùme s. m. marciume; depravazione morale, corruzione
martarèo s. m. faina (Mustela foina)
marti s. m. martedì
màsaro s. m. anatra maschio; uomo dalla corporatura prestante (“Varda che màsaro che ’l xe queo”!-“Guarda com’è grande e grosso quell’uomo”!); uomo che ci sa fare con le donne (“Él xe ón màsaro”!-“ È uno che con le donne ci sa fare e come”!)
masarò(l)a s. f. pl. cipollotto
mascàgna s. f. pettinatura maschile con i capelli rivolti all’indietro
màscara s. f. maschera
mascarà agg., p. pass. mascherato, travestito
màscio s. m. maschio (mascéto = maschietto: diminutivo di maschio, riferito a neonato o bambino di sesso a maschile); màscio s. m. maiale (“Ghémo copà él màscio”.-“Abbiamo ammazzato il maiale”.)
maségna s. f. grande blocco di trachite estratto dalle cave
masenàre v. macinare; rimuginare, escogitàre
masenéta s. f. femmina del granchio comune (Carcinus aestuarii) commestibile durante il periodo autunnale
masenìn s. m. macinino
massa avv., ind. troppo, troppi (“Me mama xe massa bòna”.- “Mia mamma è troppo buona”.; “Sti torteìni xe massa par mi. Nó so pi bón finìrli”. “Questi tortellini sono troppi per me. Non sono in grado di mangiarli tutti”.)
massagìn s. m. massaggiatore
massàre v. uccidere
massariòto s. m. agricoltore benestante
massèa s. f. guancia
massèaro (dente) s. m. molare
masseéta s. f. mezza superficie laterale dei frutti di alcune rosacee di forma rotondeggiante (mela, pesca, ciliegia); guancia di un bambino
massèo s. m. macello
masseòte s. f. pl. guance paffute
masséta s. f. piccola mazza per scalpellini; mazza per il gioco della lippa
massèto s. m. mazzolino (di fiori, di germogli di luppolo, di erbe commestibili); massetto
massière s. m. persona che tiene il mazzo e distribuisce le carte nel gioco a carte
massipàre v. rovinare della frutta (o altro cibo) e renderla immangiabile; sprecare, dilapidare (“Tòni ga massipà na fortuna”.-“Antonio ha dilapidato un patrimonio”.)
masso s. m. mazza (“Che mistièro fèto”? “Vao bàtare él masso”.-“Che mestiere fai”? “Faccio lo spaccapietre/vado a battere la mazza”.; mazzo (“Gò catà ón masso de fiùri pa’portàghii a(l)a maestra”-“Ho raccolto un mazzo di fiori per portarli alla maestra”.), fascio
massiò(l)o s. m. mazza di legno
massòca (penèa) s. f. pennellessa
mastèa s. f. mastello per vino
mastegàre v. masticare; escogitare; rimuginare
mastegà agg., p. pass. masticato, maciullato
mastèo s. m. mastello per lavare i panni
mastruciàre v. schiacciare in più parti una cosa cedevole e rovinarla
matàda s. f. mattata
matèria s. m. pus
materiàe s. m. materiale
mato agg., s. m. matto; non selezionato per coltivazione, selvatico (castàgne mate, radìcio mato); non commestibile (“Gò catà só(l)o buìji mati”.-“Ho trovato solo funghi non commestibili”.)
matón s. m. frutto delle prunoidee che non si sviluppa e diventa secco prima della maturazione; mattacchione, persona strana
matonèa s. f. mattonella, piatrella
màuche (nàuche) agg., s. m. tonto
me pron. io, mi (“Me so róto ón brasso”.-“Mi sono rotto un braccio”.); me poss. mio, mia, miei, mie (“Queo xe él me can”! “Nò, él xe él mio”!-“Quello è il mio cane”! “Nò è il mio”!)
meansàna s. f. melanzana (pianta di Solanum melongena o varità di frutto della stessa
meàssa s. f. melassa
mèdego s. m. medico
medegàre v. medicare; fig.: punire, dare una lezione
medesìna s. f. medicina
medìgo avv. probabilmente (“Medìgo de sì”.-“Forse sì”./“Probabilmente è così”./“Probabilmente è come dici tu”.)
megó(l)a s. f. midollo; seme delle cucurbitacee o delle prunoidee (“E megóe de angùria nó se manda xó”-“I semi dell’anguria non si inghiottono”.)
mejàro num. migliaio
mèjo avv. meglio (“Mi so bón fare mèjo de ti”.-“Sono capace di fare meglio di te”.); agg. migliore (“A burìre i dièvori él me can xe él mèjo”.-“A stanare le lepri il mio cane è il migliore”.); mejéto = un po’ meglio (“Come va(l)a? Te xéa passà la frève”? “Nó dal tuto, ma stao mejèto”.-“Come stai? Ti è passata la febbre”? “Non del tutto, ma sto un po’ meglio”. )
méjo s. m. miglio (Panicum miliaceum): cereale non coltivato in zona ma presente sporadicamente come pianta infestante (Él méjo ga inpestà él canpo de formentón; xe mèjo cavàrlo subito”.-“Il miglio ha infestato il campo di mais; è meglio levarlo subito”.)
mejo(l)àra s. f. pianale con sponde per la lavorazione del maiale e per fare insaccati
melièsa s. f. rigogolo (Oriolus oriolus)
menàra s. f. accetta, scure
menarìn s. m. ascia
menàre v. far girare un impasto o una cosa semiliquida (“Gò menà la poénta”.-“Ho fatto girare l’impasto per la polenta durante la cottura”.); accompagnare o portare qualcuno da qualche parte (“Gò menà scò(l)a él pìco(l)o”.-“Ho portato (accompagnato) a scuola mio figlio”.)
menàda s. f. rigirata
menaréto s. m. piccola scure
menarósto s. m. girarrosto; persona poco affidabile
menaùro s. m. pista collinare per le slitte da carico
menèstra s. f. minestra
menestràre v. versare la minestra nei piatti in tavola
menèstro s. m. mestolo
mendichéto agg., s. m. gracile, malaticcio
meón s. m. melone (varietà di Cucumis melo)
meonàra s. f. piantagione di meloni
meóna s. f. testa (“Còssa ghèto só (l)a meóna, che nó te capìssi gnente”?-“Cos’hai nella testa che non capisci niente”?)
mèrcore s. m. mercoledì
mésco(l)a s. f. mattarello, attrezzo per girare la polenta nel paiolo
mescolàda s. f. rimescolata
mesco(l)àre v. fare girare un liquido o un impasto acquoso, rimescolare
mesàn agg., s. m. mezzano (“Qua(l)o xeo él fiò(l)o che córe il bicecléta? “Él xe él mesàn”!-“Qual è, tra i tuoi figli, quello che fa il ciclista? “È il mezzano”!)
mesanòte s. m. mezzanotte
mesèna s. f. ciascuna delle due parti in cui viene tagliato un maiale o un bovino macellato
mèso agg. mezzo; in mèso avv. in mezzo
mesodì s. m. mezzogiorno; mèso bòto = le ore 12.30
mesòto s. m. contenitore in legno (poteva essere anche un “veturo”) dove si metteva il maiale ucciso per raderlo usando coltelli affilati dopo aver versato acqua bollente sulla pelle
messa s. f. messa
mésso p. pass. messo, posato, lasciato; agg. impostato, sistemato, posizionato
messonàre v. citare il nome di qualcuno durante un discorso, parlare casulamente di uno (“Toni, ma sito qua anca ti? Te ghémo péna messonà”-“Antono, ma sei qui anche tu? Ti abbiamo appena nominato/è appena venuto fuori il tuo nome durante un discorso”.); dire a qualcuno il nome di una persona in modo che venga tenuto presente in determinate circostanze di bisogno (“Gigio, ghe xe uno che ga bisògno de ón sa(l)adàro! Te ghémo messonà ti”. -“Luigi, c’è una persona che ha bisogno delle prestazioni di un norcino! Gli abbiamo fatto il tuo nome”.)
métare v. mettere; métare xó = mettere giù, riporre, posare (“Gò messo xó e matonèe”.-“Ho posato le mattonelle per fare il pavimento”.); métare su = istigare; métare su (l)a pignàta = mettere la pentola sul fuoco per le varie cotture (“Mèlia, ghèto mésso su (l)a pignàta”? “Sì, Tìlio”! “Vurìa bìgoi in salsa incò”.- “Amelia hai messo a bollire l’acqua”. “Sì, Attilio”! “Vorrei spaghetti in salsa di acciughe oggi”.)
métarse v. assestarsi (“(L)a tèra che ghémo messo pa’ inpienàre (l)a busa xe drio métarse”. “La terra che abbiamo messo per coprire la buca si sta assestando”.); accingersi; impegnarsi
mi pron. io (“Mi e Gusto semo amìssi”.-“Io e Augusto siamo amici”.; “Jèro (l)à da mi mi só(l)o”.-“Io ero là da solo”.; “Da putèo ndaséo scò(l)a da mi mi so(l)o”.-“Da bambino andavo a scuola da solo”. )
mia (pl. mie) poss. mia; mia (miga) avv. mica (“Nó (l)a xe mia mia quea blusa”.-“Non è mica mia quella maglietta”.)
mie num. mille (“Só (l)a tò(l)a ghé xe dó carte da mie. De chi xée”? “È xe mie”.-“Sul tavolo ci sono due banconote fa mille lire. Di chi sono”? “Sono mie”.)
miga (mia) avv. mica (“Nó so miga sta mi”.-“Non sono stato io”.)
mignògnoe s. f. pl. smancerie
miitàre s. m. servizio di leva; militare
minuéto agg. gracile
mio (pl. mii) poss. mio
mistieràre v. fare lavoretti senza grande impegno
mistièro s. m. mestiere
mistièri s. m. pl. lavori domestici solitamente svolti dalle donne (“Mé mama va fare i mistièri da na faméja”.-“Mia mamma va a fare i lavori domestici presso una famiglia”.)
mocàrse (a) v. andarsene via, svignarsela, filare via
móco s. m. resina (linfa) rappresa delle rosacee arboree
mòco(l)o s. m. mozzicone di candela (fig.: “Me toca tegnère él mòco(l)o”.-“Mi tocca fare il terzo incomodo”.); rivolo di muco sotto il naso.
moéca s. f. stadio vitale del granchio comune (Carcinus aestuarii) nel periodo che va tra la perdita dell’exuvia e la solidificazione del nuovo esoscheletro
moegàto agg. molliccio, flaccido, gelatinoso
moéna s. f. mollica del pane
moesìn agg. soffice
moestàre v. molestare, disturbare, dare fastidio (“Nó sta moestàre e brèspe che e te bèca”-“Non dare fastidio alle vespe perché possono pungerti”.; muovere, spostare
moestàrse v. muoversi, spostarsi da un posto, andare da qualche parte (“Có xe séra nó me moésto mai da casa”.-“Alla sera non mi muovo mai di casa”.); aumentare il ritmo, impegnarsi di più, darsi da fare (“Dai, moéstatate”!-“Forza, muoviti/datti da fare”!)
moéta s. m. arrotino
mòja s. f. ammollo (“(L)ó gò messo in mòja”.-“L’ho messo in ammollo”.)
mojàssa s. f. pozza permanente o semipermanente originata da sorgenti superficiali o da cadute d’acqua
mojéca (mojechéta) s. f. molletta per stendere la biancheria
mòjo agg. bagnato; s. m. bagnato (“Nó sta ndare sól mòjo che te te ónxi”!-“Non andare sul bagnato perché ti sporchi”!); s. m. umidità
mò(l)o (f. mò(l)a) agg. molle; poco tonico; abbacchiato, mogio
mò(l)a s. f. molla; ruota dell’arrotino; mola per arrotare falci e coltelli; macina in pietra del mulino; calo di richiesta di attività lavorative
mo(l)àre v. lasciare la presa, lasciare cadere; liberare qualcuno dalla detenzione, liberare un aninale dal guinzaglio o da una gabbia (“Gò mo(l)à él can”.-“Ho slegato il cane dal guinzaglio e l’ho lascito libero”.); desistere, non portare a termine un impegno (“Jèro stufo e ghé gò mo(l)à de córare tutti i dì pa’ fare (l)a gara”.-“Ero stanco e ho smesso di correre tutti i giorni per prepararmi per la gara”.)
mo(l)àrse v. mollarsi da una stretta o da un abbraccio; terminare un rapporto affettivo
moltón s. m. pecora maschio (Ovis aries) (“Me opà ga tòlto na piègora e ón moltón”.-“Mio papà ha comprato due pecore: un maschio e una femmina”.); parotite (“Mé fradèo ga ciapà él moltón scò(l)a”.-“Mio fratello ha contratto la parotite a scuola”.); agg., s. m. musone, taciturno (“Có te ghé parli, Dino gnanca él se òlta indrìo. Che rassa de moltón che ’l xe”.- “Quando gli parli, Dino nemmeno si volta. Ma che sorta di musone che è”.)
momón s. m. caramella, cioccolatino, confetto e simili (termine usato quando si parla con un bambino piccolo)
móna agg., s. m. stupido, poco serio; s. f. vagina
monàda s. f. discorso inopportuno, discorso sbagliato, discorso privo di vero contenuto; battuta, parole dette in modo non serio; azione sbagliata, azione inopportuna
mondìssie (scoàsse) s. f. pl. immondizie
montàre v. salire sopra; lievitare; compiere l’atto sessuale
montà p. pass. salito sopra, lievitato; avere (persona o animale) “accolto” un maschio; montà (l)a testa = esaltato
mónto agg., p. pass. munto; spremuto
mónxare v. mungere; spremere; spillare denaro il più possibile a qualcuno, sfruttare al massimo una persona; spiccare frutti senza gambo (ciliegie)
monxìna (munxìna) s. f. pozzetto di raccolta delle acque piovane; salvadanaio
moràe s. m. grossa barra di legno messa a sostegno, trave; morale
moràro s. m. gelso bianco (Morus alba; le segnalazioni recenti di M. nigra per gli Euganei (Masin, Tietto, 2005, 2006) vanno tutte ricondotte a M. alba)
morbìn s. m. frenesia, smania, agitazione; vivacità, grinta
mòrbio agg. rigoglioso (“Che bèi morbii che xe i me bisi stó ano”!-“Come sono rigologliose le mie piante di pisello qust’anno”!); morbido, liscio (“Sinti che morbio che xe él péo de stó gatèo”! “Senti com’è liscio il pelo di questo gattino”!)
mòra s. f. frutto delle specie appartenenti al genere Rubus (solitamente: Rubus ulmifolius); varietà di “frutti” del gelso bianco (Morus alba); mòro mato (beànte) = ailanto (Ailanthus altissima)
mòro agg., s. m. dai capelli neri; scuro di carnagione; furbacchione (“Nó sta mia fare él mòro có mi”! -“Non fare mica il furbo con me“; “Presto o tardi a te ciàpo, mòro”!-“Capiterà sicuramente che ti prenderò, furbacchione”!)
moréto (mòro) s. m. persona di colore
moróso s. m. fidanzato
morsegàre v. mordere
morsegón (pl. morsegùni) s. m. morso; boccone; forte dolore allo stomaco a o all’intestino; crampo dovuto alla fame
mòrta (de aqua) s. f. marea molto bassa
mortandèa s. f. mortadella
mòrto s. m. morto; agg., p. pass. morto; agg., p. pass. spento (“A xe morto él fògo! Inpìsseo da nòvo”!-“Il fuoco si è spento! Riaccendilo”! )
mosca s. f. pizzetto (sul mento); mosca (solitamente Musca domestica, ma anche vari insetti apparenti ad altre famigie di ditteri)
moscaròla s. m. moscheruola; attrezzo in vetro da mettere sott’acqua per catturare piccoli pesci da frittura
mósco(l)o s. m. trottola; muscolo
moscón s. m. pattino (natante); insetto della famiglia dei muscidi (Muscidae)
mòssa s. f. movimento, gesto; mòssa (de còrpo) s. f. diarrea
mostàci s. m. pl. baffi
mòta s. f. mucchio, catasta; dosso; grande quantità di cose
mòto s. m. cenno di avviso fatto con una parte del corpo; motocicletta; mòto de stómego = conati di vomito
mòto(l)o s. m. monticello, piccola altura
mòvare (p. pass. mòsso, movésto, moésto) v. muovere, spostare
mòvarse v. avviarsi, partire, andare, camminare, affrettarsi
movèsto (moésto) p. pass. mosso, spostato
muci s. m. silenzio (“Có (l)a maestra parla bisogna fare muci”.-“Quando la maestra parla bisogna fare silenzio”.; muci! inter. zitto!/silenzio!
mùcio (pl. muci) s. m. mucchio; ón mùcio = moltissimi, moltissimo, (“Gò fato ón mùcio de fadìga fare stó mùcio de pière cól masso; i blòchi de basàlto xe duri come él fèro. So agro e gò oncóra du muci da fare; ma in priàra: muci e via” ! -“Ho faticato moltissimo a fare questo mucchio di pietre con la mazza; i blocchi di basalto sono duri come il ferro. Sono stanchissimo e ho ancora due mucchi da fare; ma in cava: silenzio e via”! )
muciàre v. ammucchiare; accumulare, risparmiare, mettere da parte (“Gò mucià i schèi pa’ tòrme (l)a bicecléta”.-“Ho messo da parte i soldi per comprare la bicicletta”.)
mudànde s. f. pl. mutande
muèto s. f. carrello elevarore
mufa s. f. muffa; fig.: prima peluria sul viso degli adolescenti
mujère s. f. moglie
muìn s. m. mulino
muinàro s. m. mugnaio
muinèo s. m. gorgo; mulinello della canna da pesca
mujère s. f. moglie
mu(l)o s. m. mulo (Equus asinus × Equus caballus); figlio di ragazza madre del quale non si conosce la paternità
mùnega s. f. scaldaletto con braciere (caldano) da mettere sotto le coperte; monaca, suora
mùneghe s. f. pl. chicchi di mais abbrustoliti in padella, con un po’d’olio, fino a scoppiare e ad assumere, così, una vaga rassomiglianza con all’antico copricapo alato (cornetta) delle suore ospedaliere: i cosiddetti pop-corn
mura s. f. muro perimetrale di un parco, muro di contenimento di una scarpata
muràro s. m. muratore
muràssi s. m. sponde murate di un corso d’acqua
murèo s. m. salsiccia; murèi de ugànega = salsicce fatte con parti di maiale molli e di scarto
muréta s. f. muretto (solitamente a secco)
muro s. m. muro di un edificio
musarò(l)a s. m. museruola (veniva messa ai buoi durante il traino di carri o di aratri)
muséto s. m. insaccato fatto con le parti grasse e meno pregiate del maiale; faccino; musetto
musso s. m. asino (Equus asinus); persona ostinata (“Te si ón musso. Nó te vòi mai scoltàrme”.-“Sei ostinato. Non vuoi mai prendere in considerazione quello che ti dico”; persona di grande impegno nel lavoro (“Otàvio laóra come ón musso dièse ore al dì”.-“Ottavio lavora con grande impegno dieci ore al giorno”./“Ottavio sgobba dieci ore al giorno”.; “Él xe proprio ón musso quel (chel) òmo”.-“Quell’uomo è proprio un grandissimo lavoratore”.); musseto = giovane asino, piccolo asino
mussoìn s. m. moscerino (insetto dell’ordine dei ditteri): il riferimento principale va ai moscerini della frutta, appartenenti al genere Drosophila
na, n’, ón’ art. una (“Viénto dèsso”? “Nò! Vègno n’antra òlta”!-“Vieni adesso”? “Nò! Verrò un’altra volta”!)
naisare v. analizzare
nàise s. f., s. f. pl. analisi
nalbe s. f. pl. malva (Malva sylvestris; Malva neglecta)
nanarèo s. m., agg. molto basso e gracile
narànsa s. f. arancia (frutto di Citrus aurantiacum)
narabòto(l)o (snarabòto(l)o ) s. m. larva di anfibi anuri (Anura), solitamente: Rana x esculenta, Rana dalmatina, Bufo bufo, Bufo viridis
na(l)ùco s. m. gufo (Asio otus); agg., s. m. sciocco (“Te si ón na(l)ùco”.-“Sei uno sciocco”.)
nanaréa s. f. gallina nana; fig.: donna molto piccola
nane agg., s. m. tonto, ingenuo
nasièra s. f. sorta di pinza munita di sfere in punta, con cui bloccare un bue da lavoro durante la ferratura
nassìo (nato) p. pass. nato
nassìre (nàssere) v. nascere
nata s. f. cisti, rigonfiamento, bozzo
natùra s. f. vagina; natura
navegàre v. navigare fig.: nàvega, nàvega! = allontanati da me!/vai via da qui!
ndare (ndà p. pass.) v. andare; funzionare (“So drio ndare édare se (l)a caldaia xe drio ndare”.-“Sto andando a vedere se la caldaia funziona”.; “Va(l)a (l)a màchina da àrare”? “Sì che (l)a va”-“Funziona il trattore”? “Sì, funziona” ); “Có mi vao casa valtri ndè ia”.-“Quando io vado a casa voi andate via”.); fig.: ndare de (l)óngo/óngo = brontolare, polemizzare (“Me marìo, có ’l parla de ba(l)ón, él va senpre de óngo”.- “Mio marito quando parla di calcio è sempre polemico”.)
ndóe avv., cong. dove
ne pron. ne, ci, a noi (“Nó ne pare vèro”.-“Non ci pare vero”./“A noi non sembra che sia vero”.; “Varda che bèi pumi che ghé xe par tèra! Me ne tòo su ón pòchi”.-“Guarda che belle mele che ci sono per terra! Ne raccolgo un po’”.)
né cong. neg. (“Né mi e né eo”-“Né io e né lui.”)
negà p. pass., agg. annegato, bagnato fradicio, grondante di sudore; negato
negàre v. annegare; negàre
negarse v. annegare
negòssa s. f. rete da pesca dalla forma di un grande guadino
negossìn s. m. guadino
neódo s. m. nipote
neodéto s. m. nipotino
nèrbo s. m. nervo; energia di carattere
nèro agg., s. m. nero; él nèro = il colore nero; él vin nèro = il vino rosso
nervìti s. m. parti adiposo cartilaginee commestibili del maiale
nespo(l)àro s. m. nespolo (Mespilus germanica)
nèspo(l)o s. m. nespola (frutto del nespolo)
nessùn ind. nessuno (“Gò catà (l)a portèa del saràjo vèrta e e gaìne xe scanpà. Nó xe sta nessùn de valtri assàrla vèrta; vèro putèi”? “Nò, Nò. Nó xe sta nissùni”.-“Ho trovato la porta del recinto aperta e le galline sono scappate. Non è stato nessuno di voi a lasciarla aperta; vero bambini”? “Nò, Nò. Non è stato nessuno”.)
netàda (snetàda) s. f. pulita; mondatura dalle impurità; diradamento
netàre (snetàre) v. pulire, mondare; diradare
néto agg. pulito; privo di impurità; squattrinato; s. m. neto (él) pulito
nève s. f. neve
nevegàda s. f. nevicata
nevegàre v. nevigare
nibià agg. fosco, annebbiato (“Vedo tuto nibià”.-“Vedo tutto annebbiato.”/“Vedo tutto torbido”.)
nino s. m. maiale (nome di richimo per il maiale al momento del pasto: “Nino! Nino!”; nome con cui il veniva indicato il maiale ai bambini piccoli)
nissò(l)o s. m. lenzuolo
nissùni ind. nessuno
nó avv. non; nelle esoratazioni imperative che esprimono divieti, l’avvervio di negazione NON è sempre preceduto dalle voci dell’imperativo del verbo stare: STA (sta-stai) (“Nó sta magnàre massa dólsi”!-“Non mangiare troppi dolci”!) e STÈ (state) (“Nó stè córare forte in màchina”!-“Non correte forte con l’automobile”!)
nò avv. no (“Nó se pòe dire senpre nò”.-“Non si può dire sempre nò”.)
noàda s. m. nuotata
noàntre pron. noi (riferito a femmine)
noàntri pron. noi (riferito a maschi)
noàre v. nuotare
noesìn s. m. taxi
nogàra s. f. noce comune (Juglans regia)
nòna s. f. nonna; demenza senile, rimbambimento (“Me nòna taca vère (l)a nòna”.-“Mia nonna comincia a dare segni di demenza senile”.); sbadataggine, svogliatezza, indolenza (“Ghèto (l)a nòna intorno”?- “Ma sei rimbambito”?“Ma guarda come sei svogliato/sbadato/fannullone”!)
nonèto s. m. vecchietto
nòni s. m. pl. nonni; pantofole chiuse
nòno s. m. nonno; num. nono
nósa s. f. noce (varietà del frutto di Juglans regia); fig.: fastidio, questione, rottura di scatole (“Xe drio piantàre na nósa”.-“Sta sollevando inutilmente una questione”./Sta insistendo a sproposito”.)
nosèa s. f. nocciola (varietà del frutto di Corylus avellana e di Corylus maxima); endocarpo delle prunoidee; nosèa del xenòcio = rotula
noseàra s. f. varietà coltivate e selvatiche del nocciolo comune (Corylus avellana ); s. f. nocciolo lungo (Corylus maxima), specie presente solo come pianta coltivata
nòsse s. f. pl. matrimonio; s. f. festa nuziale, pranzo nuziale
nostràn agg., s. m. locale, casereccio
notàre v. annotare; iscrivere; tenere il conto di un credito (un tempo si andava al negozio di generi alimentari o in osteria a credito e il commerciante teneva nota (notava) in un libretto del debito del cliente: “Sandra, nòta che te pago la setimàna che vién, có tiro i schei” !-“Sandra, annota il mio debito che ti pago la settimana prossima, quando prendo lo stipendio”!);
notàrse v. annotarsi, prendere appunti; mettersi in nota, iscriversi (“Me so notà ai sindacati”.-“Mi sono iscritto al sindacato”.)
nòte s. m. notte
nòvo agg., s. m. nuovo; novizio, principiante
nomerassión s. f. pl. tabelline
nùmaro (pl. nùmari) s. m. numero; fig.: dare i nùmari = fare discorsi sconclusionati/fare gesti insensati
nùvo(l)o agg. nuvoloso
òca s. f. oca selvatica (solitamente Anser anser)
ocasión s. f. occasione; offerta
ocèto s. m. gemma (in un ramo); occhio di un bambino; fare l’océto = fare l’occhiolino
ociàda (ocià) s. f. breve occhiatina; occhiataccia; sguardi momentanei allo scopo di tenere sotto controllo una situazione (“Daghe na ociàda ai putèi fin che i xuga”!-“Sta un po’attento i bambini mentre giocano”!)
ociài s. m. pl. occhiali
ociaìti s. m. occhialuto; s. m. pl. piccoli occhiali
ociàre v. adocchiare (darghe ón òcio = tenere sotto controllo/non perdere di vista )
òcio s. m. occhio (bae dii òci = iride e pupille); èssare all’òcio = essere senza carte per tagliare (briscole) nel gioco a briscola ; capacità di fare un lavoro, attitudine, ingegno; capacità di attenzione; ocio! avv. neg. nò!/non è vero!/ma va’; ocio! Inter. Attenzione!
òco s. m. oca [razze di oca domestica (Anser anser)]
ofèndare v. offendere
oféso p. pass., agg. offeso; riportante danni o invalidità permanenti
oh inter. oh
òja (voja) s. f. voglia, desiderio; angioma nella cute
ojare v. oliare; corrompere
òjo s. m. olio (òjo de pomèa = olio d’oliva); òjo terèno = loglio (Lolium perenne, Lolium multiflorum)
òlsia! inter. comando di svoltàre per gli animali da tiro
òlta avv. volta (“Sta òlta lavo mi i piàti”.-“Questa volta lavo io i piatti”.)
oltàda s. m. curva
oltàrse v. voltarsi
omàjo s. m. omaggio
omanéto (omèto) s. m. uomo di scarso coraggio, uomo dal carattere debole; uomo inaffidabile, superficiale
òmo (pl. òmani, òmeni) s. m. uomo
omèto s. m. uomo di bassa statura; ragazzino responsabile e maturo; persona solitamente presente in situzioni in cui c’è bisogno di un controllore generico (bigliettaio, portiere, guardiano)
ón art. un, uno
onàro s. m. ontano nero (Alnus glutinosa; manca in zona l’ontano bianco: Alnus incana) (“Él légno de onàro nó fa né fògo né ciàro”.-“Il legno di ontano non è adatto né a riscaldare né a illuminare”.)
ónbra (ónbrìa) s. f. ombra (“Ndémo a (l)’ónbra”!-“Andiamo all’ombra”!; “Ndémo sóto na onbrìa”! “Andiamo sotto a un’ombra”!); ónbra (onbréta) s. f. bicchiere di vino (nell’accezione più comune l’ónbra corrisponde alla misura di un bicchiere che contiene poco meno di un ottavo di litro (“Ndemo tòre ón (na) ónbra”?-“Andiamo a prendere un bicchiere di vino”; “Vuto/uto béare na (ón) ómbra”?-“ Vuoi bere un bicchiere di vino”?)
onbrarò(l)o agg., s. m. ubriacone
onbrèa s. f. ombrello
onbreàro s. f. ombrellaio
oncò (incò) avv. oggi
oncóra avv. ancora, nuovamente
onfegà agg., p. pass. lievemente sporco o macchiato di sostanze untuose (solitamente un capo di abbigliamento)
onfegàre v. sporcare leggermente (“Cól suóre te ghè onfegà él coéto déa camìsa”. -“Sudando hai lievemente sporcato il colletto della camicia”.)
ondà s. f. ondata; inondazione
óngia s. f. unghia; dàmene na óngia = dammene una piccolissima quantità
ongià s. f. unghiata
ónta (onxàda) s. f. ingrassatura, lubrificata, oliata; lusinga, adulazione (“A eo bisògna darghe na ónta e na pónta”.-“Con lui bisògna usare alternativamente la lode e il rimprovero”./“Con lui bisogna usare alternativamente la lusinga e l’avvertimento”.); ónta s. f. in alcuni cotesti il termine può assumere il significato di rimprovero aspro, percossa, pestaggio (“Ghé gò dà na ónta”.-“L’ho picchiato”.; “Ghé dao mi na ónta”.-“Lo sistemo io per bene”.)
ontìsia s. f. sporcizia
ónto agg. sporco; p. pass. sporcato; s. m. sporco, sporcizia; p. pass. lubrificato, unto, oliato; s. m. strutto di maiale; p. pass. picchiato; agg., s. m. depravato, osceno
ónxare v. sporcare; ungere, lubrificare, oliare; picchiare; corrompere
opà (popà) s. m. papà (“Me ga ciamà me opà”.-“Mi ha chiamato mio papà”.)
òpara (ndare a ) s. f. lavoro bracciantile a chiamata
operassión s. f. operazione (calcolo matematico); intervento chirurgico
oràda s. f. orata (Sparus aurata)
oràro s. m. alloro (Laurus nobilis)
orassìon s. f. (pl. orassion) preghiera
orbàre v. offuscare momentaneamente la vista, abbagliare
orbo agg., s. m. cieco; molto distratto, poco attento alle cose o agli accadimenti
orbarò(l)a s. f. leggero mancamento
òrca inter. urca
òrgano s. m., agg. poco intelligente; s. m. organo
òri s. m. pl. gioielli
óse s. f. voce
osèo s. m. uccello; pene
ospeàe s. m. ospedale
òssi s. m. pl. ossa
ossìti s. m. pl. costicine di maiale
osmarìn s. m. rosmarino (Rosmarinus officinalis )
òsso (pl. òssi) s. m. osso; nocciolo dei frutti delle drupacee
ossocò(l)o s. m. ossocollo, coppa
ostarìa s. f. osteria, trattoria
òstia inter. urca, ecc.; s. f. bestemmia
òsto s. m. oste
òto num. otto (“Tè ghé xa òto capèi. Còssa òto/uto tòtene n’antro”?-“Hai già otto cappelli. Perché vuoi comprartene un altro; cosa te ne fai”?; “Còssa òto/uto pi de òto inte (l)a interrogassión”?- “Cosa vuoi più di otto nell’interrogazione./Non ti basta un otto nell’interrogazione”?)
otón s. m. ottone
ou inter. oh? (ma cosa dici?, ma dove vai?, ma cosa fai?)
ovarò(l)a s. f. gallina da uova
òvo (pl. òvi) s. m. uovo; òvo sgoaratón = uovo andato a male; òvo suà = uovo semicotto da bere; òvo duro = uovo cotto
òvi s. m. pl. testicoli
paca s. f. botta, ammaccatura; na paca-na bòta = una grande quantità (“(L)a màchina che me so tòlto costa na paca de schèi”.-“L’automobile che ho comperato costa moltissimo”; “Al marcà ghé jèra na bòta de xente”.-“Al mercato c’era tantissima gente”.)
pàcara s. f. macchina a movimento terra
pàcia s. f. ulcerazione alle labbra
paciarèa s. f. fanghiglia molto acquosa
paciocón agg., s. m. tranquillo, bonario
pàcio(l)a (ciàco(l)a) s. f. parlantina, eloquio; pettegolezzo
pàciole, (ciàco(l)e) s. f. pl. chiacchierate; chiacchiere, pettegolezzi
pacio(l)àre (ciàco(l)àre) v. chiacchierare, parlare
pacio(l)óso (ciacolóso) agg., s. m. chiacchierone
padoàn agg., s. m. padovano
paéja (paìja) s. f. piccola falena [specie varie di lepidotteri (Lepidoptera)]
paèri s. m. pl. rivoli di muco che scendono dalle narici (“Nétate i paèri”!-“Pulisciti il naso”!)
paèro s. m. proboscide; caruncola (vistosa escrescenza carnosa sopra il capo del tacchino maschio)
paèstra s. f. palestra
paetò s. m. soprabito invernale, paltò
pagnòca s. m. pagnotta (“Él va ciapàrse (l)a pagnòca”.-“Va a lavorare per vivere”.); fig. organo sessuale femminile
paijón s. m. libellula [specie varie di odonati (Odonata) appartenenti ai generi: Calopterix, Plactynemis, Ischnura, Orthetrum, ecc.]
paìre v. sopportare le conseguenze di un’azione che si ritorce contro chi l’ha fatta
paja s. f. paglia
pajàro s. m. pagliaio
pajassàda s.f. pagliacciata
pajàsso s. m. spaventapasseri, pagliaccio (da circo), pupazzo di neve; agg., s. m. ridicolo, mancante di serietà
pajasséto s. m. abito per bambini costituito da pantaloncini, corpetto e bretelle uniti insieme
pajarìsso s. m. pagliericcio
pajèa s.f. pagella
pajéta s. f. paglietta (per strofinare le pentole); pagliuzza
pajón s. m. saccone imbottito con brattee della spiga femminile (pannocchia) del mais su cui stendersi
pa(l)a s. f. pala (pala di legno per raccogliere granaglie)
pa(l)ànca s. f. robusta tavola in legno usata come piano calpestabile nelle impalcature; moneta in rame in uso anticamente in Veneto (fig.: “Me so mucià dó pa(l)ànche pa’ cronpàme/tórme (l)a mòto”.-“Ho messo da parte un po’di soldi per comperarmi la motocicletta”.)
palmón (pl. palmùni) s. m. polmone
pa(l)o s. m. (pl. pai)
palpéto s. m. pesca con le mani dentro un fosso con l’acqua bassa
paltàn s. m. fango
paltanèa s. f. fanghiglia
pa(l)ù (pl. pa(l)ù) s. f. palude
pan s. m. pane
pana s. f. panna; s. f. lentiggine
panàda s. m. zuppa di pane raffermo
panadóra s. f. mobile dei ristoranti in cui si mette tutto l’occorrente per preparare i tavoli
pancianàda s. f. stupidaggine
pàndare v. rivelarè la verità, confessare, tradire un patto
pandò(l)o agg., s. m. stupido, imbranato
panèe s. f. pl. capelli radi e deboli
panèo s. m. pannello
panesèo s. m. pannolino
panéto s. m. ciascuna delle due metà di una pagnotta composta da due pezzi uniti
panìn s. m. panino imbottito
pano s. m. tessuto morbido
panòcia s. f. spiga femminile del mais, detta comunemente pannocchia
panpa(l)ugo agg., s. m. stupido, buono a nulla, ottuso; il fante di spade nel gioco con le carte trevigiane
pànpano s. m. pampino; pànpano agg., s. m. sciocco, insignificante, stupido (“Te si ón pànpano”-“Sei uno sciocco”.)
panpe agg., s. m. inetto, stupido, incapace
pansa s. f. pancia
panséta s. f. pancetta (insaccato di maiale); addome dilatato
pansièra s. f. pancera
pansón agg., s. m. ciccione; s. m. grossa pancia
pantàsso s. m. stomaco; persona pesante, pigra e lenta (“Te si ón pantàsso! Mòvete ón fià ”!-“Sei pesante e lento! Mettiti a fare un po’ di moto”!)
pantegàna s. f. ratto delle chiaviche (Rattus norvegicus)
paón s. f. pavone (Pavo cristatus)
paonàsso (infogonà) agg. paonazzo
paonsìna (paonsèa) s. f. pavoncella (Vanellus vanellus)
pàpari s. m. pl. labbra
papatàso s. m. papataccio [termine riferto a piccoli insetti che pungono a sciami provocando fastidiosissime irriazioni persistenti, non identificati con certezza; forse ditteri ceratopogonidi (Ceratopogonidae)
papàvara s. f. schiaffo sulla bocca
papàvaro s. m. papavero (specie appartenenti al genere Papaver)
papìna s. f. sberla
papón s. m. forte ceffone
papùssa s. f. pantofola da camera
par (pa’) prep. per
paràise s. m. paralisi (del corpo)
paraisà agg., s. m. paralizzato
paràre v. furioso latrare di un cane durante l’inseguimento della preda; provocare l’avanzamento di una una barca conficcando dei pali sul fondale; eseguire un’azione difensiva in risposta a un colpo; paràre (ia) scaccire (“Pàreo ia”!-“Caccialo via”!; “Parèo ia”!-“Cacciatelo via”! ); paràre su = spingere dentro o in alto; paràre xo = spingere giù, ingoiare-mangiare-tracannare (“Gò parà xo quatro litri de vin ma nó so mia inbriàgo”.–“Ho tracannato quattro litri di vino ma non sono ubriaco”.); paràrghe él cu(l)o = coprire un errore o una malefatta a qualcuno, tutelare qualcuno da un rischio (economico), proteggere qualcuno da chi vuole arrecargli un danno
paràrse v. ripararsi (“Me so parà dal fredo”.- “Mi sono riparato dal freddo”), proteggersi
parché avv., pron., cong., s. m. perché
parco s. m. parroco; parco
parcòssa avv., pron., cong., perché
pare s. m. padre, papà
parè s. m. sottile parete divisoria all’interno di un vano
pareciàre v. preparare; apparecchiare
parécio s. m. completo di tazze, bicchieri, piatti, ecc.
parégno s. m. patrigno
parénte (pl. parìnti) s. m., s. f. parente
parère v. sembrare; parére stranio = essere vestiti in modo tale da suscitare commenti negativi, fare brutta figura (“Varda che te pari strànio ndare ia có é braghe tute ónte”!-“Guarda che fai brutta figura ad andare i giro con i pantaloni sporchi”! )
parfìn avv. perfino
parfùmo s. m. profumo, fraganza
paro s. m. paio (“Gò ón paro de scarpe nòve”.-“Ho un paio di scarpe nuove”.); a paro = appaiati (“I va ia in bicecléta a paro”.-“Vanno via in bicicletta appaiati”.)
parón s. m. proprietario (“Gìdio xe parón de sénto canpi”.-“Egidio è proprietario di cento campi”.); datore di lavoro (“I operài ga fato tri dì de siòparo parché él parón vòe assàrli casa”! “Brai! I ga fato bén! Sperèmo che i vinsa”!-“Gli operai hanno fatto tre giorni di sciopero perché il datore di lavoro vuole licenziarli! “Barvi! Hanno fatto bene! Speriamo che vincano”!; signor (titolo allocutivo di rispetto: “Parón Tòni, ghémo finìo de sunàre tuta (l)a ua; domàn él passa védare che (l)a pestémo! Él vedarà che mosto bón che ‘l fa”!-“Signor Antonio, abbiamo finito di raccogliere tutta l’uva! Domani passi a vedere la pigiatura, vedrà che mosto di qualità ne ricaverà”!); signore (titolo allocutivo generico che veniva usato soprattutto quando ci si rivolgeva a un anziano: “Come va(l)a parón”? “Bén sióra, ma vurìa vère i só ani”!-“Came va signore”? “Bene signora, ma mi piacerebbe essere giovane come lei”.)
parongròsso s. m. proprietario di terre molto agiato
paronsìn s. m. figlio di un datore di lavoro o di un proprietario di terre
parpanèa s. f. ceffone
parsìmo(l)o s. m. prezzemolo (Petroselinum crispum)
parsóna s. f. persona
parsóra avv. di sopra (per); s. m. dal comportamento eccessivo; ndare parsóra = traboccàre (“(L)a late xe drio ndare parsóra”.-“Il latte sta traboccando dal pentolino”)
parsùto s. m. prosciutto
parte (pl. parte) s. f. parte; s. f. pl. zona, territorio (“Da e tó parte sta anca me nòna”.-“Nella tua zona abita anche mia nonna”./“Dalle tue parti abita anche mia nonna”.)
partìa s. f. quantitativo; gara
partìco(l)a s. f. ostia benedetta
partìo p. pass. partito; messo in moto; bloccato, interrotto nel funzionamento (“Xe partìa (l)a corénte”.-“Si è interrotta la corrente elettrica”.); ammattito
pase s. f. pace (“Me fiòi se ga dà, ma dòpo sinque minuti i ga fato pase; cussìta xe i putèi”.-“I mie figli si sono picchiati, ma dopo cinque minuti hanno fatto pace; così sono i bambini”.)
passà agg. troppo maturo; p. pass. passato, trascorso
passàda s. f. pulizia veloce e sommaria; coito veloce; percosse
passàjo s. m. passaggio
passamàn s. m. passaggio di un oggetto di mano in mano, tra più persone in fila; diniego delle proprie responsabilità e attribuzione di una colpa ad altri
passante s. m. ago di sicurezza
passàre v. attravarsare uno spazio; l’attenuarsi di un fenomeno o di un dolore; non rispondere più alla moda o ai gusti di un determinato periodo; setacciare (“So drio passare él sabión parché él xe pién de porcarìe”!-“Sto setacciando la sabbia perchè è piena di impurita”!; mondare, (“So drio passàre i fasòi”.-“Sto mondando i fagioli”.), filtrare, depurare
passarìna s. f. passera (Platychtys flexus)
passiénsa s. f. pazienza
passìn s. m. colino
pàssio s. m. liturgia pasquale con lunghe soste di preghiera davanti alle icone raffiguranti la passione di Gesù; fig.: “Te si (l)óngo come él pàssio”! “Sei lento come……” !
passión s. f. passione; preoccupazione, timore (“Gò na passión grande intórno”.-“Sono molto preoccupato”.)
passùo agg. sazio; pasciuto
pasta s. f. pasticcino (“Gò magnà dó paste”.-“Ho mangiato due pasticcini”.)
pastassùta s. f. pastasciutta
pastèa s. f. pastella per fritti
pastìsso s. m. timballo, pasticcio
pasto s. m. pasto; ón pasto = molto, una grande quantità (“Ghémo magnà ón pasto”.-“Abbiamo mangiato molto”.)
pastón s. m. impasto di crusche e farine per animali
pastràn s. m. pastrano (est. soprabito)
pastrociàre v. fare lavori malfatti, fare pastrocchi, scarabocchiare
pastròcio s. m. lavoro fatto male, situazione ingarbugliata, pastrocchio
pastroción agg., s. m. pasticcione, disordinato
pastùra s. f. odore degli animali al pascolo annusato dai cani da caccia; esche per attirare pesci o uccelli
pasturàre v. portare gli animali al pascolo; disporre esche per attirare pesci o alti animali da catturare o cacciare
patàca s. f. articolo contraffatto passato per autentico
passùo agg. pasciuto, sazio
patàcada s. f. fregatura
patatón s. m. agg. goffo, impacciato
pàtina s. f. lucido per calzature
pato s. m. accordo
patìo agg. dimagrito, provato; patìo p. pass. patito, sofferto
patòco avv. del tutto, completamente (“Mario xe inbriàgo patòco”.-“Mario è completamente ubriaco”.)
patùrnia s. f. ossessione, ipocondria
peà p. pass. scuoiato (“Gò peà él conejo”.-“Ho scuoiato il coniglio”.), sgusciato (“Gò peà i ovi”.-“Ho sgusciato le uova sode”.), sbucciato (“Gò peà i pumi”.-“Ho sbucciato le mele”.); rasato a zero
peàda s. f. rasatura (dei capelli); asportazione della buccia; pedata (colpo inferto con il piede), zampata (“Gìgio ga ciapà na peàda só (l)a pansa da na vaca. I ga dovésto operàrlo de urgénsa, se nò él morìa”.-“Luigi ha preso una zampata sulla pancia da una mucca. Hanno dovuto operarlo d’ urgenza, se nò moriva”.); calcio al pallone (“Silvio ga tirà na peada da metà canpo e él ga fato gol”.-“Silvio ha tirato un calcio da metà terreno di gioco e ha fatto rete”.)
peadón s. f. calcio
peàgra s. f. pellagra; fig.: svogliatezza (“Él ga (l)a peàgra intórno”.-“È un fannullone”.)
peàre v. scuoiare, sgusciare, sbucciare, scortecciàre (“Gò peà e patate”.- “Ho sbucciato le patate”.; “Gò peà i pai”.-“Ho scortecciato i pali”.), spennare (“Gò peà i toresani”.-“Ho spennato i piccioni”.)
péare (pévare) s. m. pepe (Piper nigrum)
pearìn s. m. contenitore atto a versare il pepe sulle vivande; agg,. s. m. dal carattere vivace e un po’ ribelle
pearón s. m. peperone (pianta di Capsicum annum o varietà del frutto della stessa)
peàta s. f. capelli rasati a zero, mancanza di capelli in testa
pecà! interiezione peccato! (“Che pecà”!-“Che peccato”!; “Pecà”!-“Mi dispiace che sia successo” !; “Pecà”!-“Purtroppo non è successo”! ); pecà s. f. compassione; fastidio, disgusto
pèca s. f. orma (“Nó sta fare pèche sól paiménto, che (l)o gò pena lavà”.-“Non lasciare orme sul pavimento perché l’ho appena lavato”.), traccia (“(L)a Sunta ga isto e pèche déa bolpe, só (l)a nève, tacà él ponàro; che nó (l)a vègna magnàrne e gaìne come l’ano passà”! “Assunta ha visto le tracce di una volpe, sulla neve, accanto al pollaio; non vorrei che venisse a predare le nostre galline come l’anno scorso”!); pecca, difetto; colpa (“Se gò na pèca inte (l)a me vita xe quea de èssare sta massa bòna có me fiòi. Dèsso che i xe grandi fasso fadìga a farme scoltare”.-“Se c’è una colpa nella mia vita è quella di essere stata un po’ troppo permissiva con i miei figli. Ora che sono grandi faccio fatica a farmi dare ascolto”.)
pecó(l)o s. m. gambo di un frutto
pecòsso s. m. coscia di pollo o di un altro volatile domestico usata a scopo alimentare
pèe s. f. pelle; ribelle, ostinato
peegrìn s. m. inaffidabile, incoerente; poveretto (nel senso del comportamento)
pégno s. m. muschio; pegno
pégo(l)a s. f. pece (“Vito queo? Él xe tachénte come la pégo(l)a. Staghe distante”! -“Vedi quello? È appiccicoso come la pece. Evitalo”!)
peìcia s. f. pellicia
peiciàro s. m. pellicciaio
péna s. f. penna; piuma; compassione; disgusto; avv. appena
penèo s. m. pennello
penèa s. f. pennellessa
penigìte s. f. appendicite
péno(l)a s. m. cuneo di legno; zeppa; scalpello a due punte; péno(l)a de formàjo = taglio di formaggio a forma di cuneo
penìn s. m. pennino; piede di un bambino; piede di maiale cotto
penòti s. m. pl. piloreazione, pelle d’oca (“Che fredo! Me vien i penòti”.-“Che freddo! Mi viene la pelle d’oca”.); penne in formazione (“Varda quel co(l)onbìn! Él xe drio fare i penòti”!-“Guarda quel giovane piccione! Gli stanno spuntando le prime penne”!)
pentìo p. pass. pentito, preso dal rimorso per aver commesso un danno nei confronti di qualcuno; rammaricato, dispiaciuto per non avere o per avere compiuto un’azione (Me so pentìo de vèrte jutà, parché nó te ghè i mèriti”.-“Provo rammarico per averti aiutato perché non te lo meriti”.; “Me so pentìo de nó vère fato (l)a dimànda quea òlta. Dèsso gavarìa tirà i schèi pa’ (l)a tenpèsta”.-”Sono dispiaciuto per non avere fatto la richiesta di risarcimento quella volta. Adesso avrei preso i soldi per i danni subiti a causa della grandinata”.)
péo s. m. pelo
peòcio s. m. pl. mitilo (Mitilus galloprovincialis )
peón s. m. tronco (“Quea castagnàra ga él peón largo du metri”.-“Quel castagno ha il tronco con il diametro di due metri”.)
peràro s. m. pero (varietà coltivate di Pyrus communis subsp. communis), peraro mato = perastro (Pyrus communis subsp. pyraster)
pèrdare v. perdere
peréta s. f. clistere
peréte s. f. pl. frutti di azzeruolo
perèto s. m. interruttore della luce a filo da letto, pulsante; piccola pera
pèrgo(l)o s. m. poggiolo
pèrgo(l)a s. f. pergolato (solitamente coperto da rami di vite)
permètare v. permettere
péro s. m. pera (varietà del frutto del pero coltivato: Pyrus communis subsp. communis)
persegarìa s. f. coltivazione di peschi
persegàro s. m. pesco (varietà di Prunus persica)
pèrsego s. m. pesca, varietà del frutto del pesco (Prunus persica)
pèrtega s. f. pertica; agg., s. f. spilungone
pertegàre v. camminare lestamente, correre velocemente
perùca s. f. parrucca
pescare v. pescare; cogliere sul fatto
pèso avv. peggio; agg. peggiore; s. m. peggio (il peggio)
péso s. m. peso
pèssa s. f. pezza, straccio, scampolo, fazzoletto
pessarèa s. m. vagina
pessarèi s. m. pl. piccoli pesci adatti alla frittura (solitamente si tratta del latterino (Atherina boyeri)
pessàro s. m. pescivendolo (termine solitamene riferito al venditore ambulante di pesci, crostacei e molluschi (non esistevano, durante gli anni ’50, le pescherie nei piccoli paesi)
pésse s. m. pesce
péssegato s. m. pesce gatto (Ictalurus melas)
péssenono s. m. gambusia (Gambusia holbrooki)
pesséta s. f. pezzo di stoffa usato come strofinaccio
pésso s. m. legno di abete rosso
pestèo s. m. pestello
pésto s. m. pesto; grande quantità (“Quanta xente ghé jèra édare i fòghi”? “Ón pésto”!- “Quanta gente c’era a vedere i fuochi d’artificio”? “Tantissima”!)
pestón s. m. pestata molto forte
pestugnàre v. deambulare o battere i piedi senza scopo preciso
petabróse s. m. ranuncolo (specie appartenenti al genere Ranunculus)
petàre v. attaccare a caso, mettere a caso (“(L)o gò petà là cussìta”!-“L’ho messo lì senza pensare”!; trasmettere una malattia (“Él me ga petà (l)a fèrsa”!-“Mi ha trasmesso il morbillo”!); petare su = attaccare in alto, mettere sopra, affibbiare della merce di scarsa qualità (Él becàro me ga petà su déa carne pièna de grasso e de nervìti”.-“Il macellaio mi ha rifilato della carne piena di grasso e di parti dure”); petàre xo = cadere (“Xe petà xo ón cópo dal coèrto”.-“È caduta una tegola dal tetto”.)
petarèo s. m. pettirosso (Erithacus rubecola)
petenà agg., p. pass. pettinato; fig.: picchiato
peténada s. f. pettinata; sconfitta
peténare v. pettinare; picchiare
pètene s. m. pettine
petenèa s. f. schiaffo
petenèe s. f. pl. forbicine (nome generico usato per indicare i frutti delle specie del genere Bidens; solitamente: Bidens frondosa, Bidens tripartita subsp. tripartita, Bidens bipinnata)
peteniéra s. f. mobiletto da camera per la toilette
petenùni s. m. pl. involucro bratteale del capolino della bardana minore (Arctium minus)
pèto s. m. petto; seno
péto(l)a s. f. escremento di lepre, coniglio, capra, …; pétoe de càvara = bella di notte [pianta ornamentale di origine sudamericana (Mirabilis jalapa)]
peto(l)òto s. m. segmento delle feci prodotto dalla loro rottuta durante la defecazione
peto(l)àro (spin biànco) s. m. biancospino (specie del genere Crataegus: Crataegus monogyna, Crataegus laevigata)
petufàre v. picchiare
pi avv. e agg. più, di più
pia s. f. persona piagnucolosa
piàgno s. m. palo con appoggi laterali mobili, messo a guisa di ponte sopra un piccolo corso d’acqua
piàgo(l)o agg., s. m. polemico, lamentoso e inconcludente
piago(l)àde s. f. pl. polemiche di nessuna importanza
piàn avv. piano; s. m. pianura; agg. piano
piantà s. f. filare di alberi da frutto (in particolare di viti)
piànta s. f. vegetale legnoso (mome generico significante albero o arbusto); piànta s. f. attrezzo su cui appoggiare e martellare leggermente la parte tagliente della falce per poterla meglio affilare
piantàsene s. f. pl. piantaggine (Pantago lanceolata, Plantago media, Plantago major s.l.); mercorella comune (Mercurialis annua)
pianterèn s. m. pianterreno
piànxare (sigàre, criàre) v. piangere (“Él putèo piànxe (siga, cria)”.-“Il bambino piange”.)
pianxòto agg., s. m. piagnucolone
piàssa s. f. piazza
piassarò(l)o agg., s. m. frequentante i bar della piazza del paese; ozioso
piassère s. m. piacere; favore, cortesia
picà p. pass. appeso; impiccato
picàre v. appendere; impiccare
picàrse v. impiccarsi; restare appesi
picenìn s. m., agg. piccolo, piccolino, bambinello
piciarèo s. m. pene di un bambino; piciarèo de (l)ugànega = salsiccia fatta con parti di poco pregio e insaccate nello stesso budello del maiale ucciso
pico s. m. piccone
pìco(l)o agg., piccolo; s. m. ragazzino; figlio
piconà s. f. picconata
piè (pl. piè) s. m. piede
pién agg. pieno; pién s. m. ripieno; pienéto = quasi pieno
pienìn (pl. pienìni) s. m. piedino
piègora s. f. pecora (Ovis aries)
piegoràro s. m. pastore, allevatore di pecore
pièra (pria) s. f. pietra
pierón s. m. macigno
pignàta s. f. pentola
pignatèe s. f. pl. pentolini con cui, secondo la fantasia popolare, le cosiddette streghe preparano le pozioni con le quali compiere malefici (“(L)a Ida xe na striga! Gò isto mi e pignatèe”!-“Ida è una strega”!-“Ho visto io i suoi pentolini”!); piccole pentole
pignatèo s. m. pentolino
pignatón s. m. pentolone; forte schiaffo
pigo s. m. pigo (Rutilus pigus)
pigòsso s. m. picchio [nome indicato per le specie dei generi Picus e Dendrocopos, probabilmente riferito maggiormente al picchio rosso maggiore (Dendrocopos major) distinguibile, rispetto al picchio verde (Picus viridis), per il suo tipico tambureggiare sui tronchi alla cerca di cibo]; s. m. gola (“Ma (l)o màndito xo pa ‘l pigòsso cussìta caldo quel brodo”? Tento che te te brui!-“Lo ingerisci/lo mandi giù per la gola, così caldo quel brodo”?Attento che ti puoi ustionare!)
pìgrafe s. f. epigrafe, lapide; iscrizione
pin s. m. nome generico attribuito a varie specie di conifere usate a scopo ornamentale (solitamente: Pinus nigra subsp. austriaca, Pinus pinea, Pinus pinaster, Pinus sylvestris, Cedrus libani, Cedrus deodara, Cupressus sempervirens); pin (pién) s. m. ripieno per uccelli da arrostire
pinciàda s. f. compimento dell’atto sessuale
pinciapùe agg., s. m. omettino di poco nerbo, fannullone, buono a nulla
pinciàre v. atto del coito
pinpianèo (pinpiàn) avv. piano piano, con calma, lentamente
pinsa s. f. pinza
pinsièro s. m. pensiero; opinione; preoccupazione
piòcio s. m. pidocchio (Pediculus humanus capitis) “(L)a maestra (l)o ga mandà casa da scò(l)a parché él ga i piòci in testa”.-“La maestra l’ha sospeso delle lezioni perchè è affetto da pediculosi”.); fig.: persona di infimo valore
piocìni s. m. pl. afidi delle piante [insetti dell’ordine dei rincoti omotteri (Homoptera)]; acari (solitatamente: Dermanyssus gallinae), pidocchi (mallophaga) e pulci (Ceratophyllus gallinae, Echidnophaga gallinacea) delle galline
piocióso agg., s. m. avaro; meschino, egoista
piò(l)a s. f. pialla
pio(l)àre v. piallare
piónba s. f. sonnolenza profonda
pionbà agg., p. pass. piombato (una rete da pesca, un galleggiante); sigillato
pionbare v. regolare l’immersione di un galleggiante da pesca con la quantità di piombo appropriata
pionbéto s. m. piombino da pesca
pionbìn s. m. martin pescatore (Alcedo atthis)
piòva s. f. pioggia
piòvare v. piovere
piovéta (piovesìna) s. f. acquerugiola
pipà s. f. quantità di tabacco contenuto in una pipa; piccolissima quantità
pipóna s. f. leggero e schersoso sfregamento con il mento non rasato sulla cavità oculare di un bambino
piriciò(l)o s. m. elemento da premere di una qualsiasi macchina o di un qualsiasi attrezzo
pìro(l)a s. f. conetto di carta
pirolòto s. m. conetto sottile e appuntito di materiale vario
pirón s. m. forchetta
piropò(l)o (pieropò(l)o) s. m. polipodio [specie appartenenti al genere Polypodium (Polypodium vulgare, Polypodium interjectum, Polypodium cambricum)
pisocà agg., p. pass. addormentato; in dormiveglia
pisocàre v. dormire; stare in una situazione incerta di torpore fra l’essere desto e il sonno
pissa s. f. pizza
pissacàn s. m. tarassaco (specie del genere Taraxacum: Taraxacum sect. Taraxacum presente più frequentemente nei prati e nei vigneti; Taraxacum erythrospermum presente più raramente nei luoghi erbosi aridi dei versanti solatii dei Colli; Taraxacum Sect. Palustria, probabilmente Taraxacum tenuifolium presente eccezinalemente nei luoghi umidi)
pissàda s. f. emissione dell’orina
pissàre v. orinare
pissarìna s. f. patta dei pantaloni
pissarò(l)a s. f. bisogno frequente di orinare; frequenza anomala nell’orinare
pissaròto s. m. caduta d’acqua, percolazione, piccola sorgente in un pendio
pissegàda s. f. schiacciamento del corpo; s. f. multa; truffa
pissegàre v. pizzicare; lacerare una superficie molle comprimendola contro una superficie dura
pissegón s. m. pizzicotto, legggera pizzicata accidentale
pisséto s. m. pizzetto
pissìn s. m. pipì di un bambino
pissìna s. f. piscina; pozzanghera
pissinàra (pissìna) s. f. pozzanghera
pisso s. m. orina
pitàro s. m. vaso per piante vive; fig.:“Te fasso ón cu(l)o come ón pitàro”!-“Ti picchio di santa ragione”! /“Ti batto senza darti alcuna possibilità di vittoria”! )
pìtima s. m. lamentoso, affetto da vittimismo
pito s. m. tacchino domestico (termino generico indicante razze di Meleagris ocellata)
pitòche s. f. pl. piattello (Hypochaeris radicata)
pitóre s. m. imbianchino, pittore
pitòsto avv. piuttosto, abbastanza, quasi (“Él saco xe pitòsto pién”.-“Il sacco è quasi (abbastanza) pieno”.); cong. anzi; pitòsto che = invece, anziché
piva s. f. zufolo fatto con la corteccia dei rametti giovani di castagno; piccolo zampillo d’acqua di sorgente, percolamento di acqua sorgiva
pivasóna s. f. stelo fiorifero cavo di piante appartenenti al genereTaraxacum, generalmente: Taraxacum sect. Taraxacum (steli su cui i bambini erano soliti soffiare per ottenere un suono simile a quello di una trombetta)
po’ avv. dopo, poi, inoltre
póareto (pl. poarìti) agg., s. m. povero; s. m. mendicante; agg., s. m. meschino
pociàre v. pucciàre
pòcio s. m. lavoro di poca entità (soprattutto in edilizia); pòcio (tòcio) s. m. condimento, sugo, salsa (“Pòcia quel tòcio cól pan, che ’l xe bón”!- “Puccia con il pane il sugo dal piatto, che è saporito”!)
poénta s. f. polenta di farina di mais
poentón agg., s. m. fannullone
poère v. s. potere (il participio passato dei verbi servili termina in ESTO: “Chi ga voésto ga poésto”!-“Chi ha voluto ha potuto”!)
pòese s. m. cardine della porta
pója s. f. poiana (Buteo buteo)
pò(l)a s. f. ricaccio di una pianta dopo il taglio raso
po(l)astrèo s. m. pulcino di gallina (Gallus domesticus)
po(l)àstro s. m. pollo; persona poco furba
poltrèa s. f. putrella (trave in acciaio)
poltrón s. m. fannullone
polxàra s. f. luogo misero e sudicio
pólxe (pl. polxe, pulxi) s. m. pulce [insetti della famiglia dei sifonatteri (Siphonaptera) “Él vive in mèso ai pólxe/Él vive só na polxàra”!-“Vive in un ambiente misero e sudicio”!]
pomarìa s. m. coltivazione di meli
pomàro s. m. melo (Malus domestica nelle numerose varietà coltivate); venditore ambulante di frutta e verdura; pomàro mato = melo selvatico (Malus sylvestris e Malus pumila inselvatichito)
pomàrse v. sdraiarsi, sistemarsi comodamente in un posto; il decantare di un liquido
pomèa s. f. oliva
pómo (pl. pumi) s. m. mela; pómo ingranà = melagrana [varietà della balausta del melograno (Punica granatum)]
ponàro s. m. pollaio
poncàrse v. trovare un sistemazione adeguata e gradita; accucciarsi, sedersi
pónta s. f. punta; scalpello a due facce per scalpellini; pizzico, venatura (Él ga na pónta de dólse”.-“Ha una punta/vena di dolce”./“Ha un certo grado di dolce”.); fig.: “Pare che ‘l gàbia na pónta de dólse”!-“Pare che abbia tendenze omossesuali”!
pontàra s. f. porzione di terreno che termina ad angolo acuto
pontàre v. puntare (prendere la mira); scommettere; pontàre xo = appoggiare, mettere giù
pontàrse v. impuntarsi (ostinarsi); pontàre i piè = puntare i piedi
pónte s. m. ponte
ponteàre v. puntellare
pontèo s. m. puntello
pontesèo s. m. ponticello
pónto s. m. punto; rammendo provvisorio con ago e filo
pontón s. m. calcio del pallone con la punta del piede
porcarìa s. f. impurità minute presenti in prodotti commestibili; sporcizia minuta, rifiuti in genere (“Scóa par tèra parché xe tuto pién de porcarìe”!-“Scopa il pavimento/per terra perché e tutto pieno di sporcizia minuta”!; azione truffaldina, canagliata, azione indegna; lavoro fatto male; porcarìe = oscenità
porcàsso s. m. bestemmia
porchesàre v. bestemmiare, imprecare
pòrco s. m. bestemmia (“Go tirà ón pòrco”!-“Ho bestemmiato”!); infame; porcaccione (persona di costumi lascivi)
porseàro (sa(l)adàro) s. m. norcino; porseàro s. m. venditore di maiali
pòro s. m. verruca; porro (Allium polyanthum); grumo di farina non cotta nella polenta o negli impasti in generale
porocàn s. m. poveruomo, miserabile; meschino, spregevole (persona da disprezzare per la sua insulsaggine o per la sua arroganza)
porsèo s. m. maiale (Sus scrofa); agg., s. m. lussurioso, sconcio, depravato; poco pulito; porseéto = maialino; porseéto risso = riccio (Echinaceus europaeus)
porséon s. m. porcellone (persona scostumata, rispetto alla comune morale sui comportamenti in ambito sessuale)
portèo s. m. cancello (“Él portèo xe só(l)o sarà in sbajo”.-“Il cancello è solo accostato”.)
pòrtego s. m. portico
portinàro s. m. portinaio, custode
posadóre s. m. pavimentista, piastrellista
posàre v. mettere sopra, appoggiare, deporre
posàrse v. appoggiarsi; fare assegnamento
posà p. pass. appoggiato, deposto, messo; agg. serio, equilibrato
possàda s. f. coltello usato a tavola per mangiare
pósso s. m. pozzo (“Nó pòsso netàre él pósso; ghé xe oncóra massa aqua”.-“Non posso pulire il pozzo; c’è ancora troppa acqua dentro”.)
pòsta avv. per finta, per scherzo (“Ma xe vèro che te ghè vinto sento miliùni a(l)a loterìa”? “Nò! Gò fato pòsta”.-“Ma è vero che hai vinto cento milioni di lire alla lotteria”? Nò! L’ho detto per scherzo”.); s. f. luogo di appostamento in attesa del passaggio di un animale da cacciare; luogo di sosta di diritto di una bancarella al mercato, luogo che un venditore ambulante occupa periodicamente in attesa dell’arrivo dei clienti; ufficio delle Poste Italiane, materiale postale in genere; apòsta (pòsta) avv. apposta, di proposito (“Ghèto vendù él can parché él te magnàa e gaìne”? “Pòsta par queo (l)o gò fato”.-“Hai venduto il cane perché ti mangiava le galline? “Apposta per quello l’ho fatto”.)
postàrse v. posizionarsi/sistemarsi bene; occupare/raggiungere una posizione di un certo rilievo all’interno di un gruppo sociale (“Rino se ga postà bén; él xe deentà diretóre de banca”.-“Rino si è sistemato bene; è diventato direttore di banca”.); fare un lavoro ben retribuito ma che richiede poco impegno; appostarsi
postà agg., p. pass. ben sistematato-ben posizionato; ben inserito socialmente, affermato; appostato in attesa del passaggio di una preda da cacciare (“Me so postà drio ón róare e gò spetà dó ore, sóto él ciàro de (l)una, prima che rivàsse na camòssa. Sól pi bèo che jèro drio traghe (l)a ga fato ón salto e (l)a xe scanpà ia in mèso ai maciùni fissi de spini varìse”.-“Mi sono appostato dietro il tronco di una rovere e ho aspettato due ore, al chiaro di luna, prima che arrivasse un daino. Quand’ero sul punto di sparargli questo ha fatto un balzo e si è dileguato tra i fitti cespugli di marruca”.)
postesìn s. m. posticino
postìn s. m. portattere
postìsso agg. posticcio (non fisso e stabile)
potàcio s. m. piccola cosa da fare; piccolo insetto finito nel cibo, piccola macchia in un vestito, moscerino o piccolo insetto finito dentro ad un occhio; fig.: “Te si ón potàcio”.-“Sei un uomo da nulla”.
pòvo(l)a (povoéta) s. f. pioppo (specie varie appartenenti al genere Populus (Populus nigra, Populus alba, Populus tremula, Populus canescens, Populus x canadensis)
pra s. m. prato
pranso s. m. banchetto
premóso (promóso) agg. derideroso
presón s. f. prigione
presonièro agg., s. m. prigioniero
prèssa s. f. fretta; pressa
pria s. f. roccia; pria da gussàre = mola da falce
priàra s. f. cava di pietre
priarò(l)o (cavadóre) s. m. lavoratore delle cave
primaròi s. m. varietà a maturazione precoce di frutti di una determinata specie vegetale
primarò(l)a s. f. donna o altra femmina di mammifero al primo parto
primièra s. f. combinazione della maggioranza dei sei e dei sette di segno diverso, nel gioco a scopa, con valore di un punto
prinsìpio s. m. inizio
prìstio s. m. prestito
proàre v. provare, collaudare, mettere alla prova; indossare un qualsiasi capo per vedere se è della giusta misura
processión s. f. processione; continuo viavai
pruncinèa s. m. inaffidabile, irresponsabile
pua s. f. bambola
puàto s. m. bambolotto
puìna s. f. ricotta (fig.:“Te ghè e man de puìna”!-“Hai poca forza nelle mani”!/“Sei fiacco”!)
puissìa s. f. pulizia; polizia
puìto avv. bene
pulièro s. m. puledro
pultròpo avv. sfortunatamente, purtroppo
pùpo(l)a s. f. pl. polpaccio
putàna s. f. prostituta; persona poco affidabile, sleale, opportunista
putanièro agg., s. m. uomo alla costante ricerca di rapporti sessuali con donne, anche a pagamento
puteàda s. f. bambinata
putèo s. m. bambino piccolo
quae (pron.: coàe) int. quali (riferito a sostantivo femminile plurale)
quai (pron. coài) int. quali (riferito a sostantivo maschile plurale)
quaità s. f. qualità; varietà; specie (“Sta quaità de radìcio, come gusto, xe na spècie de trevisàn”.-“Questa varietà di radicchio, come sapore, è più o meno equivalente al radicchio trevigiano”.; “Che quaità de pianta xéa”?-“A quale specie appartiene questa pianta”?)
qua(l)a (pron.: coà(l)a) int. quale, qual (riferito a sostantivo femminile)
quaja s. f. quaglia
quajo agg. s. f. ingenuo, poco furbo
qua(l)o (pron.: coà(l)o) int. quale, qual (riferito a sostantivo maschile singolare)
quando (pron.: coàndo) avv. (“Quando sito nato”?-“Quando sei nato”?); quando cong.: nei casi in cui ha funzione di congiunzione QUANDO è sempre seguito da CHE o mutato in CÓ (“Gèro dio magnare quando che xe rivà él teremòto”!-“Stavo mangiando quando è arrivato il terremoto”!; “Quando che nèvega vao senpre issegàre”.-“Quando nevica vado sempre a slittare”.; Gèro drio muciàre él fén có ga tacà na piòva a séce roèrse”.-“Stavo ammucchiando il fieno quando è iniziato a piovere a catinelle”.; “Sara i viri có piòve”!-“Chiudi le finestre quando piove”!; “Quando vèto”? “Vao có pòsso”.-“Quando vai”? “Vado quando posso”.)
quanto (pro.: coànto) avv., escl., int., rel. cong. quanto: tranne i casi in cui ha funzione di pronome interrogativo QUANTO è sempre seguito da CHE (“Quanto bisogna spetàre”?-“Quanto bisogna aspettare”?; “Quanto cósteo”? “Mi sò quanto che ‘l cósta”.-“Quanto costa”? “Io so quanto costa”.; “Tòni sa quanto che xe fadìga laoràre in priàra”.-“Antonio sa quant’è faticoso lavorare nelle cave di pietre”.; “Par quanto che te ghé disi, él fa senpre queo che ’l vòe”.-“Per quanto tu gli dica, lui fa sempre quello che vuole”.)
quarèo (coarèo) s. m. mattone non forato
quatòrdese (coatòrdese) num. quattordici
quatro num. quattro
quea (coéa), quea là (pl. quee, quee là, chée là ) dim. quella
quel, chél (pl. quii, quii là, chii là) quel, quello
quéo (pron. coéo) quéo là (pl. quii, quii là, chii là) quello questa (pron.: coésta), sta qua (pl. queste, sté qua) dim. questa (“Quae xee e putèe che ga fato stó bèl carteón che xe picà tacà él muro”? “Ècoe! É xe sté qua”!-“Quali sono le bambine che hanno fatto questo bel cartellone appeso al muro”? “Eccole! Sono queste”!; “Stè qua có sté qua!-“State qui con queste”!)
questo (pron.: coésto), stó qua (pl. quisti, sti qua) dim. questo
quindese num. quindici
quindesèna num. quindicina
rabaltàre v. far cadere di proposito o accidentalmente (“Ghé so nda dòsso a me fiò(l)o pa’ sbàlio e (l)ó gò rabaltà”.-“Ho urtato accidentalemente mio figlio e l’ho fatto cadere”.); posare un oggetto girandolo da un lato (“Gò rabaltà (l)a bicecléta pa’ giustàre él pedàe”.-“Ho posato a terra la bicicletta per aggiustare un pedale”.)
rabaltàrse v. cadere (“Me mujère se ga rabaltà xó pa’ e scae”.-“Mia moglie è caduta per le scale”.)
rabaltón s. m. caduta, ruzzolone (“Gò fato ón rabaltón pa ’l tròso; che mae (l)a schina!-“Ho fatto un ruzzolone lungo il sentiero; che male alla schiena”!; conseguenze di una malattia (“Gò ciapà ón rabaltón che nó tè digo có quea bronchite! Pa’ ón mese gò fato fadiga tiràre él fià e dèsso xe tri misi che gò (l)a tórse”.-“Ho avuto serie conseguene a causa di quella bronchite! Ho fatto fatica a respiràre per un mese e da tre mesi ho la tosse”.); ribaltone (caduta di un regime o di una struttura di potere per intervento esterno)
rabatàrse v. cercare di arrangiarsi a fare delle cose con pochi mezzi a disposizione
rabégo(l)o agg., s. m. ostinato, insistente e capriccioso (bambino); che abbaia con furore senza quietarsi (cane)
ràbia s. f. rabbia
rabióso agg., s. m. irascibile, incontrollato nel comportamento; affettto da rabbia
rabùto s. m. germoglio spuntato dopo aver levato le prime gemme, pollone
rachète s. f. pl. rachitismo
racoéta s. f. raganella (Hyla intermedia)
ràco(l)a (racoéta) s. f. raganella (strumento sonoro in legno con una ruota dentata che girando fa sobbalzare una linguetta ottenuta incavando il legno dello strumento; veniva suonato durante le feste pasquali)
radegàre v. litigare
radegóso s. m., agg. litigioso, polemico
radiciàro s. m. coltivazione di radicchio
radìcio s. m. radicchio (Cichorium intybus cv.); radìcio mato = cicoria selvatica (Cichorium intybus subsp. intybus)
radupiàre v. raddoppiare
rafànto(l)a s. f. infezione purulenta estesa
raìna s. f. carpa (varietà di Cyprinus carpio)
raìsa s. m. radice
rajaùro s. m. pietrame di scarto coprente un pendio alla base di una cava
rajo s. m. filare di viti; singola unità delle 4 o 5 abituali frazioni di una partita a briscola
rama s. f. ramo
ramenàda (remenàda) s. f. rigirata, rimestata; sgridata, percossa, sconfitta
ramenaménto s. m. disordine, rimescolamento di cose senza criterio
ramenàre v. prendere delle cose in mano senza ordine rimischiando tutto (“Gò ramenà ón cassetìn”.-“Ho rovistato un cassetto e ho rimischiato tutto ciò che c’era dentro”.); mettere le cose in disordine (“Gò ramenà él lèto”.-“Ho messo in disordine le lenzuola e il copriletto”. ); rigirare
ramenàrse v. rigirarsi; rotolare per gioco; rigirarsi da stesi durante il riposo; muoversi in modo concitato a causa di uno stato di agitazione (“Stanòte n so sta bón de ciapàre sòno e me so ramenà fin a e sinque. Medigo che sirà sta pa ‘l caldo”.-“Stanotte non sono riuscito ad addormentarmi e mi sono rigirato nel letto fino alle cinque del mattino. Io penso che sia successo a causa del caldo eccessivo”.)
raméngo s. m. girovago, vagabondo (“Piéro xe uno che va senpre ia de ramengón sensa fare gnente”.“Pietro è uno che va sempre in giro vagabondando senza mai fare nulla”.; “Va raméngo”!-“Ma vai a quel paese!”)
ramenòto s. m. caduta rovinosa (“Có ón ramenòto cussì te puìi rómpate (l)a schina”.-“Con una caduta così rovinosa potevi romperti la schiena”.)
ramònica s. f. fisarmonica
ranciàrse v. arrangiarsi
rancuìna s. f. roncola
rancuinà s. f. colpo o ferita di roncola
rancuràre v. raccogliere da terra(“A Camìo ghe xe cascà él tacuìn e (l)o gò rancurà mi”.-“A Camillo è caduto a terra il portamonete e l’ho raccolto io”.; mietere (“Semo nda rancuràre él formentón”.-“Siamo andati a mietere il mais”.; accudire (“Me nòna rancùra me cugìni picói có me xia laóra”.-“Mia naonna accudisce i miei cugini piccoli quando mia xia è al lavoro”.)
rancuràrse v. avere cura di se stessi
ranpegàrse v. arrampicarsi
ranpìn s. m. rampino, gancio
ranpón s. m. rampone
ranpùsso(l)o s. m. raperonzolo (Campanula rapunculus)
ranso agg., rancido; s. m. odore da rancido (“Sento ón odore da ranso”.- “Sento odore di rancido”.)
rantegàre v. agonizzare
rapa s. f. ruga del viso
rapàre v. tagliare i capelli a raso
rapà agg. pieno di rughe sul viso; p. pass. rasato a zero
rapossàrse v. riposare
rapossà p. pass. riposato
rasa s. f. resina delle conifere
rasentàre v. risciacquare
rasentìn s. m. “risciacquo”della bocca con liquori o vino
raséto s. m. scricciolo (Troglodytes troglodytes)
rasón s. f. riprova (vère rasón = avere ragione: “Vito che gò rasón mi”!-“Vedi che ho ragione io”!); motivo
rassa s. f. discendenza (“Él xe de rassa bòna”.-“È di buona discendenza”.; “Da can nó nasse gato”.-“La discendenza si vede, eccome”.) rassa (riferito ad animali) s. f. razza (“Él xe ón can de rassa”.- È un cane di razza”.)
rassàda s. f. abrasione sulla pelle; raschiatura
rassàre v. raschiare
rasteghìn s. m. irritazione alla gola
rassaùre s. f. pl. residui solidi di cibo cotto rimasti sul fondo di una pentola
rasùro s. m. rasoio
rata s. f. grande quantità, dose (“Ghé gò dà na rata de pache”.-“Gli ho dato una bella dose di botte”./“L’ho picchiato di santa ragione”.; rata
ràuco agg. roco
ratàjo s. m. rimasuglio; pezzo di carne di seconda scelta
ravanèo s. m. rapanello (Raphanus sativus)
ràvano s. f. rapa (Brassica rapa cv.)
ravegnère v. riprendere conoscenza; perdere turgidità e croccantezza
ravegnù p. pass. ripreso conoscenza
ravegnùo agg. mancante di croccantezza e turgidità (riferito solitamente a prodotti da forno)
reàssa (reàsso) s. m. frana
reassàre v. franare
récia s. f. orecchio, padiglionee auricolare
reciàre s. f. pl. paraorecchi
recìn s. m. orecchino
récio (recéto) s. m. parte del grappolo d’uva che viene staccata per piluccare gli acini
recioìne (réce de lièvore) s. f. pl. silene bianca (Silene latifolia subsp. alba)
reción agg., s. m. omosessuale
redèsto(l)a s. f. averla cinerina maggiore (Lanius excubitor)
regàgna s. f. rete da pesca a traino, con bracci, condotta a mano
rego(l)àda s. f. regolata
rejòto s. m. lungo retino che viene parzialmente sommerso per tenere in vita i pesci pescati
rèma s. f. asse laterale del letto
rèmo s. m. remo
rénga s. f. aringa (Clupea arengus)
rénte avv. vicino (“Él sta rénte casa mia”.-“Abita vicino a me”.)
reòjo s. m. orologio
reoplàno s. m. aeroplano
rìdare v. ridere (p. pass. ridésto)
ridàre v. restituire
risàra s. f. risaia
rìsego (a) s. m. a filo (a rischio di contatto o di urto)
resiàre v. bestemmiare
resìa s. f. bestemmia; tiràre resìe/tiràre pòrchi = bestemmiare, imprecare (“Te si bón só(l)o tiràre resìe”!-“Sei troppo irascibile e sei solo capace di bestemmiare”!)
resìstare v. resistere, controllarsi, trattenersi
ribatìn s. m. ribattino
riciamàre v. chiamare di nuovo
riconóssare v. riconoscere
ricreassión s. f. ricreazione a scuola
ricréssare v. ricrescere
rìdare v. ridere
ridàre v. restituire
ridarèa s. f. tendenza a ridere per motivi futil i
rimétare v. vomitàre; rimettere
rinbanbìo agg. rimbambito
rincojonìo agg. rincoglionito
riscàldo s. m. leggera eruzione cutanea (solitamente causata da disturbi digestivi)
risciàre v. rischiare
riscio s. m. rischio
rìsego (a) avv. troppo vicino
risi s. m. pl. riso (Oryza sativa cv.)
risìti s. m. pl. borracina (specie appartenenti al genere Sedum: Sedum acre, Sedum sexangulare, Sedum album, Sedum rupestre, Sedum rubens, Sedum hispanicum)
risséta s. f. ricetta
risséto s. m. persona dai capelli ricci
risso agg. riccioluto
rìsso(l)o s. m. ricciolo; riccio (parte esterna del frutto del castagno); residuo di legno piallato
ritàjo s. m. ritaglio (solitamente riferito a stoffe)
riva s. f. sponda; scarpata erbosa tra i coltivi in collina
rivàre v. arrivare
rivàrghe v. capire (“Da só(l)o, sensa jutàrlo, quel putèo nó ‘l ghé riva mia a capìre e división”.-“Senza un aiuto quel bambino non riesce a capire come risolvere le divisioni”); arrivarci (raggiungere un determinato punto o una carta altezza: “Quel pómo xe massa alto e nó ghé rivo mia catàrlo”.-“Quella mela è troppo in alto e non ci arrivo a coglierla”.)
roàra s. f. traccia profonda lascita nel terreno fangoso dalle ruote dei carri e dei mezzi a motore
róare s. m. quercia [termino generico riferito alle specie appartenenti al genere Quercus, a esclusione del leccio: quercia rovere (Quercus petraea), farnia (Quercus robur), roverella (Quercus pubescens), quercia di Dalechamps (Quercus dalechampii), cerro (Quercus cerris)]
ròba s. f. cosa; vestiti
robàre v. rubare
rochèo s. m. rocchetto; pignone della bicicletta
roco(l)àre v. catturare gli uccelli in un roccolo
roco(l)àro s. m. addetto alla cattura degli uccelli in un roccolo
ròco(l)o s. m. roccolo
ròda s. f. ruota
rodèa s. f. rotella
rodo(l)àre v. rotolare
ròdo(l)o s. m. rotolo
rodo(l)ón s. m. ruzzolone
roegàre v. arrampicarsi
roessà (roersà) p. pass. rovesciato
roessàre (roersàre) v. rovesciare
roèsso (rovèrso, roèrso) agg. rovescio, rovesciato; s. m. il rovescio, la parte opposta; avv. all’incontrario (“Fémo roèsso”.-“Facciamo all’incontrario”.)
rognàre v. lamentarsi, brontolare
rognón (pl. rognùni) s. m. rene
rognóso agg., s. m. polemico; aggressivo; attaccabrighe
rò(l)a s. f. grande pietra squadrata formante l’antecamino
romài avv. ormai
romìto agg., s. m. eremita, solitario, poco sociale
ronchesàre v. russare
ropegàda s. f. erpicatura
ropegàra s. f. erpice
ropegàre v. erpicare, lavorare il terreno con l’erpice
rosàro s. m. pianta di rose ornamentali; rose salvègne, rose mate = rose selvatiche (Rosa canina, Rosa gallica, Rosa arvensis, Rosa agrestis, Rosa corymbifera)
rosegàre v. rosicchiare, rovinàre
rosegà p. pass. rosicchiato, agg. consumato, rovinato
rosegòto s. m. pezzo di pane avanzato; cosa vecchia e logora o mancante di parti
ròso(l)a s. f. rosetta basale di specie appartenenti al genere Papaver (solitamente Papaver rhoeas ma, talvolta, Papaver apulum e Papaver dubium; molto raramente Papaver argemone e Papaver hybridum)
rossignò(l)o s. m. usignolo (Luscinia megarhynchos)
ròsta s. f. sbarramento contro la fuoriuscita delle acque da un alveo
rostèo s. m. rastrello
rosteàre v. rastrellare
rostìo p. pass. arrostito
rostìre v. arrostire, abbrustolire
rósto s. m. arrosto; agg. arrosto
rovigòto s. m. rodigino
rua (ròda) s. f. ruota
rubìna (rubinàra) s. f. robinia (Robinia pseudoacacia)
rubesco agg., s. m. rude, litigioso, irascibile, aggressìvo
rubo agg. dal colore rossiccio, maturo (“E castagne có e xe rube e xe bòne”.-“Le castagne quando hanno la giusta colorazione rossiccia si possono mangiare”.); resistente, duro (riferito al legno)
rùco(l)a s. f. rucola (Eruca sativa); rùco(l)a mata = ruchetta (Diplotaxis tenuifolia; Diplotaxis muralis)
rufa s. f. accumulo di sporco sulle pelle causato dal sudore e dalle secrezioni sebacee
rufiàn agg., s. m. adulatore, ruffiano
ruga s. f. larva pelosa di farfalla diurna o di falena
rùgolo s. m. rullo per zolle, rullo sciacciasassi
ruìjo s. m. groviglio, intreccio; ginepraio; questione complicata
ruijòto s. m. crepide vescicosa (Crepis vesicaria subsp. taraxacifolia)
ruìna (sassinassión) s. f. sfacelo, disastro, rovina
ruinà (sassinà) agg., p. pass. ridotto in miseria; sciupato, rovinato
ruinàre (sassinare) v. sciupare, portare sulla cattiva strada, ridurre sul lastrico
ruinàssi s. m. pl. calcinacci, macerie
rumàre (rumegàre) v. raschiare il terreno alla ricerca di qualcosa
rumegàre v. ruminare; pensare con assillo (“Gò na ròba che me rùmega drento”.-“Sono preoccupato”./“Ho dei pensieri che mi assillano”.); cercare qualcosa senza ordine in mezzo a tante cose ammucchiate
rundinèa s. f. rondine (Hirundo rustica); balestruccio (Delichon urbica)
rusò(l)o s. m. orzaiolo
ruspìoso agg. ruvido; scontroso
russa (russàra) s. f. rovo (specie apparteneneti al genere Rubus; più frequentemente: Rubus ulmifolius)
russàda s. f. abrasione sulla pelle
russàre v. raschiare, provocare un’abrasione; urtare involontariamente
russarse v. subire un’abrasione; toccare maliziosamente allo scopo di saggiare la disponibilità amorosa di una persona; ruffianarsi
russàro s. m. intrico di rovi (solitamente riferito a viluppi di Rubus ulmifolius)
rùsene agg., s. f. ruggine
rusinìo p. pass. arrugginito
rusinìrse v. arrugginire
rùspio agg. ruvido
ruteàre v. rutare
rutèo s. m. ruto
sabión s. m. sabbia di fiume; sabbia ottenuta da sfasciume di rocce accumulato negli alvei dei rii collinari; fine sfasciume roccioso simile a sabbia solitamente ottenuto sfregando accumuli di tufo o breccia
sabionìsso agg. sabbioso (tèra sabionìssa = terreno sabbioso)
sabo s. m. sabato
sacagnà agg., p. pass. rovinato; percosso
sacagnàda s. f. forti colpi o percosse in tutto il corpo
sacagnàre v. rovinare; percuotere
sachéta (cartèa) s. f. sacca per libri e materiale scolastico, cartella
sachetàda s. f. scossone
sachetàre v. dare scossoni
sachéto s. m. sacchetto
sachetón s. m. (pl. sachetùni) avvallamento o dosso nelle strade che fa sobbalzare i veicoli
sae s. f., s. m. sale
saère (savère) v. sapere (p. pass. saésto, savùo)
saéta s. f. fulmine
sajàre v. assaggiare
sa(l)à agg., p. pass. salato (troppo salato)
sa(l)àdo s. m. salame (sa(l)adìn = piccolo salame); agg., s. m. ingenuo
sa(l)amìn s. m. salsiccia
sa(l)arìn s. m. contenitore per versare il sale sulle vivande
sa(l)àta s. f. lattuga [nome generico usato per indicare varietà di lattuga (Lactuca sativa)]
sa(l)atàda s. f. percossa; fregatura, imbroglio
saldo agg. attaccato bene
salgàro s. m. salice comune (Salix alba var. alba)
sa(l)ón s. m. salone
sa(l)òto s. m. salotto, soggiorno, sala da pranzo
sàltaro s. m. rana montana (Rana temporaria)
saltacavaéta (cargamùssa) s. f. gioco a quadre consistente nel mettersi attaccati in fila con la testa infilata tra le gambe del compagno davanti e saltarsi a turno sulla groppa, il più vicino possibile all’elemento di testa
saltrón agg. s. m. trasandato, straccione; raffazzonatore
sa(l)udàre v. salutare
sa(l)ùdo s. m. saluto
salvègo agg. selvatico
sàlvia s. f. salvia (Salvia officinalis)
sàlvie s. f. pl. calluna (Calluna vulgaris)
salviéte s. m. pl. cisto a foglie di salvia (Cistus salvifolius)
samarcuòi s. m. pl. narciso (tradizionalmente: Narcissus pseudonarcissus, Narcissus incomparabilis; non cresce in zona Narcissus pöeticus)
samòca s. f. scarpa vecchia e rovinata
sabòro s. m. cimurro (malattia dei cani)
samóstro s. m. nodo scorsoio
sanbugàro s. m. sambuco (Sambucus nigra)
sanca s. f. supporto da applicare alla vanga per spingere più in profondità la lama
sanco agg. mancino (man sanca = mano sinistra); fig.: svogliato
sangiutàre v. singhiozzare
sangiùto s. m. singhiozzo
sangoéta s. f. sanguisuga (specie di anellidi appartenenti a vari generi della sottoclasse Hirudinea)
sanpegàre v. camminare muovendo male i piedi; zampettare
sanpierò(l)o (pero) s. m. varietà di pera a maturazione precoce (fine giugno); sanpierò(l)o s. m. abitante di Montegrotto (un tempo chiamato S. Pietro Montagnon)
sànto(l)o s. m. padrino, testimone di nozze dei genitori dal punto vista di un figlio (“Pièro xe me sàntolo”.-“Pietro è il testimone di nozze dei miei genitori”./“Pietro è il mio padrino di battesimo”.); protettore di rango elevato
sanxà(l)a s. f. zanzara [nome attribuito a ditteri nematoceri appartenenti alla famiglia dei culicidi (Culicidae), solitamente: Culex pipiens]
sanxa(l)ón s. f. zanzarone, tipula [specie varie di ditteri appartenenti alla famiglia dei tipulidi (Tipulidae)]
sànxane s. f. pl. corniolo sanguinello (Cornus sanguinea subsp. hungarica)
saón s. m. sapone
saóre s. m. modo di preparazione dei piatti di sardine
sapa s. f. zappa
sapàda s. f. zappatura
sapàre v. zappare
sapetàre v. zappettare (lavorare il terreno a leggeri colpi di zappa per togliere le erbe infestanti tra le piante coltivate)
sapientón agg. presuntuoso, borioso
sapón s. m. zappa pesante per terrreni duri
saponàre v. lavorare il terreno compatto con la zappa persante
sarà agg., p. pass. chiuso
saradùra (saraùra) s. f. serratura
saràjo s. m. recinto per galline o per altri animali domestici (non corrisponde a serraglio, termine che indica un recinto per animali feroci o comunque non domestici)
saradùra (saraùra) s. f. serratura
saramìnti s. m. pl. infissi
saraòci s. m., avv. alla cieca, con gli occhi schiusi
saràre v. chiudere
sardèa s. f. sardina (Sardina pilchardus ); sardèe in saóre = piatto di sardine preparato secondo una ricetta tipica
sardegnò(l)o s. m. sardo
sardeón s. m. salacca (sardina o aringa conservate sotto sale)
sarèsa s. f. ciliegia (frutto di Prunus avium); erano diffuse le seguenti varietà: prima napoetàna, seconda napoetàna, biancoìna, duròn; sarèsa mata = frutto del ciliegio spontaneo dei boschi
saresàra s. f. ciliegio (varietà di Prunus avium, compreso il portainnesto spontaneo selvatico)
sartóre s. m. sarto
sarvèo s. m. cervello; intelligenza; giudizio
sassà s. f. sassata
sassinàre v. sciupare, guastare, rovinare, fare deteriorare; arrecare grave danno morale
sassinassión s. f. sventura, sciagura
sata s. f. zampa
satàda (satón) s. f. zampata
savariàre v. vaneggiare, delirare
savàta s. f. ciabatta, pantofola
savatà s. f. ciabattata (colpo con una ciabatta)
savatón s. m. agg. maldestro, disordinato
savéta s. f. savetta (Chodrostoma soetta)
sbabarón agg., s. m. gradasso, millantatore, pettegolo
sbachetàre v. dare bacchettate per punizione a persone o ad animali; rimproverare aspramente
sbachetà s. f. bacchettata; colpo preso accidentalmente dal ritorno di un ramo flessibile che ha subito un piegamento
sbafàre v. ingoiare ingordamente il cibo
sbaijà s. f. badilata (quantità di terra sollevata con una vanga), colpo dato con la lama di una vanga
sbajàre v. abbaiare
sbajo s. m. latrato; in sbajo = posizione di un serramento socchiuso
sba(l)àre v. l’interrompersi o la fine della pioggia, della grandinata o della nevicata (“Come xéo él céo/sièo dèsso”? “Pèta che vardo fòra! Toh! Ga sba(l)à. Xe vegnù fòra él sóe”.-“Com’è il cielo adesso”? “Aspetta un attimo che guardo fuori! Toh! Ha smesso di piovere. È uscito il sole”.); sba(l)àre l’òcio = morire
sba(l)à agg. illogico, errato (“Queo xe sba(l)à el sarvèo”!.-“Quello è pazzo”!/“Quello ha il cervello bacato”!)
sbaliàre v. sbagliare
sbàlio s. m. sbaglio
sbandi s. m. stop (richiesta di una brevissima sospensione individuale, durante un gioco di squadra, per motivi particolari)
sbaporàre v. fare in modo di abbassasre il calore a un corpo o a cibo cotto
sbara (de fèro) s. f. barra (di ferro); sbara s. f. barriera mobile
sbare s. f. pl. barriere del passaggio a livello (“Gò catà e sbare sarà”.-“Ho trovato le barriere del passaggio a libello chiuse”.)
sbareà s. f. grande quantità di cose
sbardàgoe s. f. bargigli (escrescenze carnose sotto la testa dei galliformi)
sbaro s. m. sparo; gruppo consistente di erbe o funghi vicini; grande quantità; incidente stradale
sbarossà agg. sconquassato per una grave caduta o per un incidente, spossato dalla fatica, prostrato da dolori reumatici; na sbarosssà = la quantità di cose che pùo contenere un carro (baròsso), una grande quantità di cose
sbasìo agg. deperito, impallidito, debole nell’aspetto
sbassà p. pass. abbassato; diminuito, attenuato
sbassamènto s. m. abbassamento (di un terreno)
sbassàre v. abbassare, diminuire
sbàtare v. sbattere, fare un incidente con un veicolo; battere; frullare
sbatiòvi v. frullatore a mano
sbàtola s. f. facilità di chiacchiera, abilità nel chiacchierare, logorrea
sbatociàre v. fare spruzzi e rumore con l’acqua; scuotere; produrre un rumore fastidioso; fare cose inutili
sbatù (sbatuo) agg., p. pass. sbattuto, scosso; agg. frullato; triste, demoralizzato, depresso
sbatutìn s. m. frullata di uova e zucchero
sbecà agg., p. pass. scalfitto
sbecàre v. scalfiggere
sbechéto s. m. scalfittura
sberegaménto s. m. chiasso, schiamazzo, gridio (“Sinti quanto sberegaménto che/chi i fa”?-“Senti quanto chiasso fanno”?; “Ghémo sentìo tuto ón sberegaménto fòra déa ostarìa. I jèra Bèpi e Medèo inbriàghi che jèra drio darse.”-“Abbiamo sentito un forte gridio che proveniva dall’esterno dell’osteria. Erano Giuseppe e Amedeo ubriachi che si stavano picchiando”.)
sberegàre v. gridare, urlare, strillare
sberegón s. m. urlo; agg., s. m. sbraitante abituale (“Dée òlte Toni tira qualche sberegón, ma nó ’l xe ón sberegón”.-“Antonio talvolta urla, ma non è uno sbraitante abituale”.)
sbèsso(l)a s. f. mento
sbianchesàre v. dare la tinta alle pareti
sbiàvo agg. pallido, dai colori poco vivaci
sbiègo agg. obliquo, inclinato, storto
sbiùma s. f. schiuma
sbiro s. m. stato di agitazione fisica o nervosa, irrequietezza
sboàssare v. togliere gli escrementi dalla lettiera delle mucche
sboca(l)ón agg., s. m. ciarliero e pettegolo
sbochesàre v. boccheggiare
sbocàto agg. scurrile e osceno nel parlare
sbóco s. m. sbocco; spruzzo di vomito, sangue che esce a fiotti dalla bocca
sboconà s. f. boccone, morso; sboconà de aria = boccata d’aria
sboentàre v. sbollentare
sboldra s. f. donna lussuriosa
sbo(l)ognàre v. dare astutamente a qualcun’altro un compito ingrato da svolgere o una cosa personalmente non gradita
sbo(l)ognàrse v. levarsi un impiccio, superare una difficoltà
sbolsegàre v. tossire ed emettere contemporanamente catarro bronchiale
sboràre v. eiaculare
sborsà s. f. quanto può contenere una borsa; colpo con una borsa
sbossàre v. sbozzare, sgrossare
sbossà agg., s. m. sbozzato
sbragagnàre v. manipolare senza la dovuta attenzione cose facilmente deperibili; prendere in mano e lisciare con insistenza cuccioli o piccoli animali con il rischio di far loro del male (“Nó sta sbragagnàre quel gatèo che ’l xe massa picó(l)o”!-“Non fare troppe carezze a quel gattino perché è troppo piccolo”!); manipolare cibarie con il rischio di rovinarle e renderle immmangiabili
sbrancà s. f. manciata (“Dame na sbrancà de sarèse”!-“Dammi una mancita di ciliegie”!)
sbrasa (de fògo) s. f. vampata (“Ga ciapà fògo él camìn. Te vedìssi che sbrase che vegnéa fòra”!-“Ha preso fuoco la canna fumaria. Vedessi che vampate uscivano dal comignolo”!)
sbrasolà agg. rovinato in varie parti del derma a causa di un scivolamento prolungato contro una superficie dura e ruvida
sbrasso(l)àrse v. abbracciarsi e palpeggiarsi con fini erotici
sbregàre v. fare a pezzi, produrre uno spacco
sbrégo s. m. taglio, spacco, ferita
sbrindo(l)à agg. stracciato, cencioso
sbrinso(l)ón s. m., agg. perditempo, pelandrone (“Él va de sbrinso(l)ón”-“Va in giro perdendo tempo”.)
sbrisa s. f. pioppino (Cyclocybe aegerita)
sbrissàda s. f. scivolata
sbrissàre v. scivolare; aggiungere per errore una quantità eccessiva di una sostanza (“So sbrissà cól sae só (l)a menèstra”.-“Ho messo troppo sale nella minestra”.)
sbrissón s. m. scivolone (“Go dà ón sbrissón”.-“Sono scivolato”.-“Ho fatto uno scivolone”.); mancanza inusuale rispetto a un proposito o a un impegno
sbrodegàre v. fare giochi con l’acqua, fare cose inutili
sbrodegàrse v. sporcarsi di brodo o di altri alimenti liquidi mentre si mangia
sbrodegaùre s. f., pl. croste della polenta nel fondo del paiolo messe a bagno con l’acqua per poterle levare; cibo stomachevole, cibo immangiabile; avanzi di cibo per cani o per maiali
sbròdego s. m. miscuglio di liquidi, miscuglio disgustoso di cibi liquidi; cosa fatta male
sbrodegón s. m., agg. pasticcione, disordinato
sbrojàrse v. togliersi da una cattiva situazione
sbuderàto v. impudente, scostumato
sbueà agg. con gli abiti in disordine, con la pancia fuori; p. pass. sbudellato, colpito al ventre con una coltellata
sbusà p. pass., agg. forato
sbusàre v. bucare, forare (“Gò sbusà (l)a bicecléta”.-“Si è forata la gomma della bicicletta”.)
scaciumèa s. f. ragazzino basso e gracile
scaenà s. f. colpo inferto con una catena; agg. scatenato; vivace (riferito a bambino)
scaensacò(l)o s. m. scavezzacollo
scaensàre v. rompere, spezzare (“Cól vento se ga scaensà dó rame del persegàro”.-“A causa del vento si sono spezzati due rami del pesco”.; “Toni se ga scaensà na gamba”.-“Antonio si è fratturato una gamba”.)
scansìa s. f. scaffale
scafa s. f. mento prominente; faccia rattristata, mimica accigliata
scafà agg. s. m. smaliziato, furbo
scafàe s. m. scaffàle
scagarèa s. f. diarrea
scagassàre v. defecazione vagante degli animali da cortile; vantarsi oltremodo
scaibrà agg. sbilanciato; dal comportamento eccessivo
scagassón agg., s. m. vanaglorioso, megalomane
scagòto s. m. dissenteria
scagno s. m. piedistallo
scagnèo s. m. sgabello, pezzo di tronco sagomato dove potere sedersi
scaijón s. m. uomo o ragazzo con i capelli lunghi
scaìn s. m. scalino, piolo della scala
scainàre v. camminare veloce, fugggire a gambe levate; fare una cosa velocemente in quanto obbligati
scaja s. f. scaglia (frammento laminare di un qualsiasi materiale); residui di feci sul fondo delle mutande; scaglia rossa (pietra sedimentaria selcifera, con discreta componente marnosa, originatasi durante il Cretaceo superiore); scaglia di pesce;
scajàra s. f. pendio con la scaglia rossa affiorante
sca(l)a s. f. scala (a gradini o a pioli)
scalcagnà agg. di aspetto miserabile; p. pass. mondato dei rami più grossi e preparato per la vera potatura
scalcagnàre v. dare una prima sfoltitura ai rami delle viti
scaldanèe s.f. pl. vampate di calore dovute alla menopausa
scaldàrse v. scaldarsi; accalorarsi (“Leone xe uno che fa presto scaldàrse”.-“Leone è uno che si accalora facilmente”.)
scaldonà agg. accaldato (a causa dell’esposizione prolungata a una fonte di calore, a causa dell’esposizione prolungata ai raggi solari, a causa di uno sforzo intenso o di una corsa, a causa della febbre)
scaldonàda s. f. accaldata (causata dall’esposizione protratta a una fonte di calore, a causa dell’esposizione diretta ai raggi solari, a causa di uno sforzo intenso e prolungato o di una corsa (“Gò ciapà na scaldonàda fin che cusinào e costesìne tacà él fogo(l)àro”.-“Ho preso un’accaldata davanti al camino mentre cucinavo le costicine di maiale”.)
scalmanà agg. turbolento, esagitato
sca(l)ògna s. f. scalogno (Allium escalonicum)
sca(l)ón s. m. scala autostabile a pioli usata in campagna per la raccolta della frutta; gioco della campana
scaltrìre v. soffriggere, far saltare in padella
scanarèo s. m. tutolo [asse della spiga (pannocchia) femminile del mais nelle sue numerose varietà]
scanceàre v. cancellare
scancarìo agg. deperito, ossuto, denutrito, macilento
scanociàre v. osservare furtivamente
scanòpia s. f. naso di dimensioni sproporzionate rispetto al viso
scanpàre v. scappare; sfuggire, scordare
scanpón s. m. visita breve, sopralluogo veloce
scanpo s. m. scampo (Nephrops norvegicus)
scànpo(l)o s. m. ritaglio di stoffa
scansìa s. f. scaffale, mensola
scantabaùchi s. m. sveglia!, attenzione! (“Scantabaùchi-svejamacàchi”!-“Dovevi fare più attenzione-Potevi stare più accorto.-Dovevi essere più scaltro.-Potevi stare attento.-Dovevi essere più prudente”.)
scaocìn s. m. spiga del mais con poche cariossidi o affetta da malattie
scapàre v. togliere le croste dalla pelle o schiacciare i foruncoli per fare uscire il pus; rompere il guscio (per es. alle uova sode)
scapeà s. f. quantità di cose che può essere contenuta dentro un cappello; scapeà p. pass. abbassato, sottomesso per necessità di fronte a qualcuno, fatto tolto di cappello; scapeà agg., con il glande libero dalla pellicina basale; scapeà p. pass. liberato dalla pellicina basale del glande.
scapeàrse v. umiliarsi davanti a qualcuno; liberare il glande dalla pellicina basale
scapussón s. m. inciampata; fig.: strappo occasionale alle regole (“So scapussà da nòvo”.-“Ho rifatto lo stesso errore”.)
scapussàre v. inciampare
scarabòcio (schiribìsso) s. m. scarabocchio, segni grafici fatti a caso, macchia sul quaderno
scaraboción s. m., agg. pasticcione, disordinato
scarànto s. m. marne euganee o formazione di Torreglia (roccia sedimentaria originatasi tra l’Eocene superire e l’Oligocene inferiore); breccia riolitica
scaravàso (scarafàso) s. m. scarafaccio, blatta [insetti della superfamiglia (ordine?) dei blattodei (Blattodea)]
scaravàsso (sgaravàsso)s. m. forte acquazzone
scarbonàsso s. m. biacco (Hierophis viridiflavus carbonarius)
scarcàjo s. m. sputo di muco e catarro accumulati in gola
scardoéta s. f. alborella (Alburnum alburnum alborella); attualmente nella zona intorno a Regazzoni oltrè all’alborella è diffusa l’alloctona pseudorasbora (Pseudorasbora parva) una specie dall’aspetto molto simile a quello dell’alborella e con cui viene facilmente confusa dai non esperti
scàrdo(l)a s. f. scardola [nome generico usato per indicare alcuni ciprinidi (comprendente in particolare: Scardinius erythrophthalmus)]
scaretà s. f. carrettata; grande quantità di cose
scarogna s. f. sfortuna
scarognà agg. sfortunato
scarpà s. f. scarpata; colpo (calcio) dato calzando una scarpa
scarpàro s. m. calzolaio, ciabattino
scarpeàda s. f. scalpellatura; camminata
scarpeàre v. lavorare la pietra con lo scalpello
scarpeìn s. m. scalpellino
scarpèo s. m. scalpello
scarpìa s. f. ragnatela; fig.: “Te si na scarpìa”!-“Sei magrissimo”!
scarpiàre v. togliere la polvere e le ragnatele da un ambiente
scarsèa s. f. tasca
scarseà s. f. quantità di cose che può essere contenuta in una tasca
scarsèe (potèe) s. f. pl. borsa del pastore comune (Capsella bursa-pastoris), borsa del pastore annuale (Capsella rubella)
scartèa s. f. carta senza valore nel gioco a briscola
scartòsso s. m. cartoccio; l’insieme delle brattee che ricopre la spiga femminile del mais
scataràre v. levarsi il catarro dalla gola con particolari emissione sonore
scatarón s. m. torsolo (“(L)àsaghe él scatarón a quél (chél) pómo”.-“Non mangiare il torsolo di quella mela”); piccolo ceppo, residuo di un arbusto reciso a livello terra (“Me so róto ón déo del piè só ón scatarón”.-“Mi sono rotto un dito del piede cozzando contro un ceppo”.)
scavalcàre v. passare al di sopra di un ostacolo o di una vetta; oltrepassare qualcuno che crea un impedimento rivolgendosi a un’istanza superiore; scavalcàre e gambe = accavallare le gambe; métarse a scavàlco = mettersi a cavalcioni (di un muretto, di una sedia, ecc.)
scentrà agg., p. pass. fuori centro, deviato rispetto all’asse di rotazione; fig.: pazzoide, matto
scénxa s. f. piccolissima scheggia
scenxàre v. scalfire
scèto agg. non annacquato (“Nó staghe dare vin scèto al pìco(l)o”.-“Non dare vino puro al ragazzino”.); sincero, diretto (“Có parlo mi so senpre scèta”.-“Quando parlo io sono sempre diretta/schietta”.)
sciafesàre v. schiaffeggiare
schèo s. m. soldo; (”Gò finìo i schèi”.-“Ho finito i soldi”.); sottomultiplo della lira prima dell’avvento della moneta repubblicana; centimetro (“Nino xe alto tri schèi pi de ti”.-“Severino è alto tre centimetri più di te”.)
schia s. f. schila, gamberetto grigio (Crangon crangon)
schiciàda s. f. compressione, stretta
schiciàre v. schiacciare, premere (“Schìcia él botón e te idi che ’l taca”.-“Premi il pulsante vedrai che si avvierà”.)
schición s. f. compressione in un punto, schiacciamento di una piccola parte del corpo
schicioéto s. m. neonato, lattante minuto e gracile; piccolissima quantità (“Vuto(uto) ón tochéto de cico(l)àta”? “Sì, ma dàmene ón schicioéto”.-“Vuoi un pezzetto di cioccolata”? “Sì, ma dammene pochissima”.)
schina (vita) s. f. schiena
schincàre v. rovinare la punta a un oggetto appuntito (solitamente il pennino, facendo troppa pressione sul foglio)
schincarò(l)a s. f. improvvisa deviazione da un percorso durante una corsa
schinco s. m. stinco
schissòto s. m. particolare tipo di focaccia cotta in una teglia, sotto le braci, sul focolare
schitàre v. atto di un uccello nel depositare i suoi escrementi
schito s. m. escremento di uccello
sciàfa s. f. schiaffo
sciafesàre v. schiaffeggiare
sciaféta s. m. gioco di gruppo consistente nel mettere la mano dietro la schiena con il palmo rivolto all’esterno, ricevere un leggero schiaffo da dietro e, senza guardare, indovinare chi tra i giocatori ha effettuato il gesto
sciafón s. f. ceffone
sciànta (na) avv. un pochino
sciantisàre v. emettere lampi
sciantìsena s. f. scintilla
sciantìso s. m. lampo, bagliore improvviso
sciàpo s. m. stormo (“Nó ghé xe pi i sciàpi de séeghe de na òlta”.-“Non ci sono più gli stormi di passeri numerosi come un tempo”.), nugolo (“So sta becà da ón sciàpo de ave”.-“Sono stato punto da un nugolo di api”.); gruppo (“Varda che sciapo de sbrise che ghé xe só (l)a tàpara de quea pòvo(l)a”!-“Guarda che gruppo di pioppini c’è sulla ceppaia di quel pioppo nero”!; “Só (l)a fontana ghé xe ón sciapo de fémene drio lavare e strasse”.-“Alla fonte c’è un gruppo di donne che sta lavando i panni”.)
sciaràda s. f. sfoltita
sciarànto s. m. verdone (Chloris chloris)
sciaresàna s. f. chiaria, radura in mezzo al bosco o alla boscaglia
sciaresàre (sciaràre) v. sfoltire, diradare
sciarìre v. schiarire, scolorire
sciararse v. schiarirsi (lo schiarirsi dell’acqua, l’albeggiare del mattino, il dissolversi delle nuvole e l’apparizione del sole; schiarirsi la voce, essere sulla via della guarigione da leggere indisposizini da raffreddamento)
sciòco s. m. schiocco, scoppio; infarto
sciocàre v. produrre un rumore simile a una scoppio
sciochesàre v. scoppiettare, crepitare
sciòna s. f. grande anello metallico appeso ai muri, agli imbarcaderi o ai portali
sciopàre v. scoppiare, esplodere; sentirsi male e avere paura di morire, impazzire
sciopà p. pass. scoppiato, esploso; agg. strambo, suonato
sciòpo s. m. fucile
scóa s. f. scopa; scóa de sànxane = ramazza usata per scopare aie e stalle, fatta con rametti di sanguinello (poteva essere sostituita con una ramazza fatta con rametti di erica arborea)
scoaciàre v. spiaccicare, sgonfiare, afflosciare
scoaciàrse v. sgonfiarsi, afflosciarsi, spiaccicarsi
scoàda s. f. scopata (uso della scopa)
scoàre v. scopare (usare la scopa)
scoassà s. f. colpo inferto con la scopa
scoassàra s. f. paletta o pala per raccogliere la spazzatura; pattumiera
scoàsse s. f. pl. immondizie, spazzatura
scoàto s. m. scopino; capelli legati e raccolti all’indietro a coda di cavallo
scoà(l)o s. m. cavedano (pesce della famiglia dei ciprididi: Leuciscus cephalus sin. Squalius cephalus?; Squalius squalus?
scodeàre v. versare minestra o zuppa nei piatti o nelle scodelle
scoèa s. f. scodella
scoerciàre v. togliere il coperchio, togliere la copertura
scoèrxare (descoèrxare) v. togliere una copertura
scoèrsarse v. scoprirsi, togliersi la coperta a letto; farsi scoprire, tradirsi
scojonà agg. s. m. molto annoiato, molto seccato
scò(l)a s. f. scuola
scò(l)o s. m. blenorragia (malattia venerea causata dal batterio Neisseria gonorrhoeae); canaletto di scolo delle acque
scoltàre v. ascoltare
scóndare v. nascondere
scondón (de) avv. di nascosto
scónto agg., p. pass. nascosto; s. m. sconto
sconquassà agg. intontito a causa di un urto o di un forte scossone
scopeòto s. m. scapaccione
scòpo(l)a s. f. leggera pacca (solitamente scherzosa) sulla nuca
scoprìre v. (p. pass. scoprìo) scoprire (fare una scoperta), smascherare
scorésa s. f. scoreggia
scoresàre v. emettere scoreggie
scòrfano s. m. scorfano (pesce del genere Scorpaena: Scorpaena scrofa); agg., s. m. donna o uomo dai tratti del viso sgraziati
scorlàre v. scuotere, scrollare
scorlón s. m. scuotimento; spavento con sobbalzo; forte preoccupazione per una malattia imprevista; scossa elettrica
scornà s. f. incornata; umiliazione, beffa
scòrsa s. f. buccia; corteccia; forza fisica, pelle dura, cuore forte
scorteà (corteà) s. f. coltellata
scorteassà s. f. colpo o ferita di coltellaccio
scortegà agg., p. pass. tagliuzzato e lacerato in superficie
scortegàre v. tagliuzzare goffamente e lacerare in un superficie
scossón s. m. scossone; scòssa = scòssa elettrica
scotàda s. f. bruciatura, scottatura; prebollitura, prearrostimento; onta, mortificazione; conseguenze di un’esperienza negativa pagate a caro prezzo
scotadéo (de) avv. scottadito (relativo a cibi da consumare caldi appena cotti o a decisioni da prendere all’improvviso)
scotàre v. scottare
scotón s. f. scottatura
scravassàre v. piovere a dirotto
scrècoe s. f. pl. caccole
screco(l)àre v. scricchiolare; cigolare, frusciare
scresénta s. f. piccola scheggia conficcata in un occhio o sulla pelle
scrissàre v. frusciare dei denti a causa della presenza di sabbia o di impurità simili portate in bocca con il cibo (per esempio verdura cruda o mitili non perfettamente lavati); scricchiolare
scrissiòi s. m. pl. silene rigonfia (Silene vulgaris s.l.)
scròssoe s. f. pl. germogli di vitalba (Clematis vitalba)
scufiòto s. m. ceffone
sculierà s. f. cucchiaiata
sculierìn s. m. cucchiaino
sculièro (guciàro) s. m. cucchiaio
scumissiàre v. incominciare
scunpiàta s. f. capovolta, capriola
scùria s. f. frusta
scurià s. f. frustata
scuro agg. scuro; s. m. buio
scursàre v. accorciare, abbreviare
sdeà s. f. ditata
sdentegà agg. mancante di parte dei denti
sderenà agg. sfiancato, stremato
se pron. ci, si; cong. se
sè pron. sè
sèa s. f. sella
seca s. f. zecca [acari appartenenti alla famiglia degli ixodidi (Ixodida)]; fondale momentaneamente privo di acqua.
secarò(l)a s. f. grillotalpa (Gryllotalpa gryllotalpa)
sécia s. f. secchio per l’acqua
sécio s. m. secchio da lavoro
secèo s. m. secchiello
seciàro s. m. secchiaio, acquaio, lavandino per le stoviglie (solitamente accanto al lavandino c’erano dei ganci in cui appendere i secchi d’acqua, in modo da tenerli sollevati da terra e non sporcare accidentalmente il liquido)
séco agg. secco; magro (seco intòrto-magro intòrto = di magrezza scheletrica); s. m. siccità
secoéta s. f. parte minima di una cosa (solitamente di cibi)
secomòro s. m. lillà (Syringa vulgaris)
secrèto s. m. segreto
secume s. m. parti secche dei rami delle piante
seda s. f. seta
séega s. f. passera d’Italia (Passer domesticus)
seeghéta s. f. passera mattugia (Passer montanus)
seegàre v. andare a cacciare i passeri di notte con le reti, scuotendo gli alberi o gli arbusti dove questi sono appollaiati
séese s. m. zona lastricata davanti alle abitazioni (sovente usata per essiccare legumi o cereali); felce aquilina (Pteridium aquilinum)
séga s. f. sega; masturbazione maschile
segaùra s. f. segatura
seghéto s. m. falcetto a mano con lama ricurva
segnàrse v. fare il segno della croce; annotarsi
segón s. f. sega a due mani per tronchi
seìn s. m. sellino
sèino s. m. sedano (Apium graveolens)
séje s. f. pl. ciglia
sejoìn s. m. seggiolino
semàda s. f. azione stupida
seménsa s.f. scemenza
seméssa s. f. seme; sementi (“(L)a suca che gò magnà jèra pròpio bòna. Gò messo ia e semésse pa stó ano che vién”.-“La zucca che ho mangiato era proprio gustosa. Ho tenuto i semi per seminarli l’anno prossimo”.)
sémo agg. scemo
sémo(l)a s. f. crusca per alimentazione animale
semoèo s. m. cruschello per alimentazione animale
sén s. f. sete
séna s. f. pasto serale, banchetto
sénare s. f. cenere
senàre v. cenare
sengarìn (lusso) s. m. luccio (Esox lucius )
séngia s. f. cinghia dei pantaloni; cinghia di trasmissione di movimenti
sénsa prep., avv. senza
sensà agg. sensato, ragionevole
sénsae s. m. sensale, mediatore
sensìbie agg. sensibile, emotivo
sénso s. m. significato, senso; ripugnanza
sentàre v. sedere (“Gò mae ón piè e me sento ben so(l)o quando che me sento.- “Ho male a un piede e mi sento bene solo quando mi siedo”.)
sentàrse v. sedere, sedersi
sentenàro num. centinaio
sentìre v. sentire, ascoltare
sentirse v. sentirsi in grado di; comunicare; acoltarsi, parlarsi
sénto num. cento
sentón s. m. posizione da mezzo seduto
sentopèsse s. f. pl. varietà di trippa
séo s. m. adipe, grasso animale
seoìna s. f. cipollina sottaceto
sépa s. f. seppia (Sepia officinalis); fig.: persona insudiciata
sèra s. f. sera; cera della candela; serra
sercàre v. cercare
sèrcio s. m. cerchio in ferro atto a tenere unite le doghe di una botte o il legno delle ruote di un carro
serción s. m. cerchio della ruota della bicicletta
serèn s. m. sereno (cielo sereno)
sernìre v. scegliere, selezionare
sèrto avv. certamente; dim. tale
sèrva s. f. donna a servizio, collaboratrice domestica
servìre v. andare a servizio come callaboratrice domestica (“Me sorèa va servìre”.-“Mia sorella fa la collaboratrice domestica”.)
sèsso(l)a s. f. paletta in legno per raccogliere granaglie o farine
sésta s. f. cesta
sèsta num. sesta
sestàro s. m. cestaio
sestèo s. m. cestello
sestìn s. m. buon modo di fare, modo di comportarsi maturo rispetto all’età (riferito a bambini piccoli)
sésto s. m. cesto
sèsto num. sesto (“Xe él sèsto sésto che porto. So stufo”!-“È il sesto cesto che porto. Sono stanco”!)
sestón s. f. grande cesto usato per la raccolta dell’uva o di altri prodotti agricoli che possono essere ammassati alla rinfusa
setebèo s. m. il sette di denari nel gioco a scopa (con valore di un punto)
sfalsà agg. asimmetrico; s. f. falciata
sfaltàre v. asfaltare; strada sfalto (spalto) = strada asfaltata
sfantàrse v. ridursi di un gonfiore o di un ematoma
sfésa s. f. fessura
sfiacià agg. sfilacciato
sfiancà agg. sfiancato
sfigà agg., s. m. sfortunato
sfigurìo agg. sfigurato
sfogonà agg. accalorato, paonazzo
sfondràda s. f. donna dalle forti pulsioni sessuali che soddisfa con uomini sempre diversi (termine maschilista)
sforcà (forcà) s. f. quantità di fieno che si puo raccogliere con un colpo di forca
sfornà s. f. contenuto di un forno; p. pass. sfornato
sfòrso s. m. sforzo
sforsàre v. insistere per avere un assenso; premere con forza per ottenere un cedimento; manomettere, scassinare
sfrìsare v. rimananere attesa con trepidazione
sfrisàre v. sfiorare, evitare un impatto per un soffio
sfritegàre v. soffriggere, far saltare in padella
sfròso (de sfròso) avv. illecitamente, di nascosto
sgàlmara s. f. zoccolo di legno con la tomaia di cuoio avvolgente tutto il piede; persona rozza; persona maldestra
sga(l)ùje s. f. pl. residui ottenuti dalla sbucciatura di frutta o dalla pulizia della verdura
sganassàre v. ridere; ridere con irrisione, ridere con dileggio
sgangarà agg. trasandato; scassato
sgarbèa s. f. cispa (secrezione disseccante che esce dagli occhi soprattutto durante il sonno)
sgarbo s. m. pulizia dei fossi e dei canali allo scopo di togliere le idrofite radicanti che rallentano il flusso dell’acqua
sgargatàre v. fare gargarismi
sgato(l)àre (sgatolàre ia) v. allontanarsi furtivamente prima di essere visto, svignarsela
sgiaentà s. f. grande quantità di cose
sgiansàre (sviansàre) v. bagnare facendo spruzzi, innaffiare; spruzzare sugli alberi acqua e anticrittogamici
sgiànso (sviànso) s. m. spruzzo d’acqua, schizzi d’acqua fangosa (“Te ghè tuti sgiànsi só e braghe. Ndóe sito nda”?.-“Hai tutti i pantaloni macchiati di fango. Dove sei andato”?
sgiónfa s. f. sopportazione al limite
sgionfàrse v. mangiare a crepapelle
sgiónfo agg. con la pancia piena
sgiossàda s. f. scrollata per togliere l’acqua; pioggia leggera e breve
sgiossàre v. gocciolare; iniziare a piovere, lo scendere di una pioggia leggera (“Piove forte? Nò! Xe drio scumissiàre a sgiossàre dèsso”.-“Piove forte? Nò! Sta iniziando a piovere adesso”.)
sgiossarò(l)a s. f. scolapiatti
sgiosso(l)aménto s. m. gocciolio
sgnacàre v. buttare via, buttare addosso (sgnacàre inte ‘l muso = dire brutalmene all’interlocutore cosa si pensa di una cosa che lo riguarda; sgnacàre inte quel (chel) pòsto = dare una fregatura per vendicarsi)
sgnarà s. f. nidiata numerosa, cucciolata numerosa (“Varda che bèa sgnarà de conejìti che gò só (l)a caponàra”!.-“Guarda che cucciolata numerosa di conigli che ho nella gabbia”!.); gruppo numeroso di bambini (“(L)a Arminia ga na sgnarà de neódi”.-“Erminia ha una frotta di nipoti”.)
sgoaivàre v. livellare, spianare
sgoaratàre v. muovere l’acqua disordinatamente, sguazzare
sgoaratón agg. sbattente all’interno (riferito un un uovo che quando viene scosso si sente sbattere all’interno, quindi andato a male)
sgoàsso s. m. pioggia breve e intensa, acquazzone
sgoèlto agg. svelto, veloce
sgólmara s. f. corbezzolo (Arbutus unedo); baéte de sgólmara = bacche di corbezzolo
sgrafàre v. graffiare
sgrafignàre v. rubare, sottrarre furtivamente
sgrafón s. m. graffio
sgramegnón agg., s. m. cappellone
sgraneàre (él formentón) v. togliere le cariossidi dello spadice del mais dall’asse interno
sgranfo s. m. crampo
sgrèndane (sgrendanùni) s. f. pl. capelli arruffati, capelli non pettinati e sporchi
sgrendanón s. m. persona con i capelli lunghi e poco curati
sgriso(l)ùni s. m. pl. brividi di freddo
sgropo(l)óso agg. pieno di nodi (riferito a un ramo o a un bastone)
sgumià (sgunbià) s. f. gomitata
sgussa s. f. buccia
sì avv. sì (“Ti te si bón só(l)o che dire sì. Mai na òlta che te ghé disi nò al tó capo có ’l te fa fare i laùri pèso. Nó te ghè gnanca na sciànta de coràjo. Che òmo pauroso che te si”.-“Tu sei solamente capace di dire sì. Mai una volta che tu dica nò quando il caposquadra ti affibbia le mansioni peggiori. Non hai neanche un po’ di coraggio. Che uomo pauroso sei”.)
siàba s. f. fiaba; favola
sicóme avv. siccome, come (“Bòna sicóme me mama nó ghé xe nessùna”.-“Buona come mia mamma non c’e nessuna donna”.); cong. siccome, poiché, giacché, dato che (quando ha funzione di congiunzione, SICÓME è sempre seguito da CHE: “Sicóme che te si sta brao scò(l)a stó ano, te crónpo (l)a bicecléta”.-“Siccome quest’anno sei stato bravo a scuola, ti compro la bicicletta”.)
siàe s. m. scialle
siàpo (fiàpo) appassito, sfiorito; sciupato in viso
siàre v. bere tutto d’un fiato il contenuto di una bottiglia fino a vuotarla; sciare
sidià agg., p. pass. infiacchito e pieno di fame, sfinito
sidiàre v. insistere in modo inopportuno fino a seccare fortemente l’interlocutore; sfinire
sìdio s. m. situazione di forte disturbo, assillo; persona invadente, persona assillante
siè num. sei
sièlta s. f. scelta
siénsa s. m. persona di grande cultura; scienza
sièo (céo) s. m. cielo
sièra s. f. colorito del viso, aspetto; accoglienza
sièrpa s. f. sciarpa
sièsa s. f. siepe
sièvo(l)o s. m. cefalo (nome generico usato per indicare i pesci della famiglia dei muggini (Mugilidae), solitamente usato per indicare due specie: Mugil cephalus e Chelon labrosus, presenti nel vicino Canale Vigenzone
sifón s. m. sifone
sifonàda s. m. fregatura
sigà(l)a s. f. cicala [nome generico riferito a insetti dell’ordine dei rincoti (Rhynchota) appartenenti alla famiglia dei cicalidi (Cicalidae), a Regazzoni riferito solitamente a Lyristes plebejus]
siga(l)ón agg., s. m. piagnucolone
sigàre v. piangere
signorìna agg., s. f. ragazza giovane che ha già avuto le mestruazioni
sigo s. m. pianto; sigàda s. f. pianto prolungato
sigorìssia s. f. liquirizia da succhiare
sima s. f. cima (di un albero, di un monte)
simàre v. cimare, spuntàre le cime alle piante (“I xe nda simàre él formentón”.-“Sono andati a tagliare l’infiorescenza maschile e la parte superiore del culmo al mais”.)
sìmia s. f. scimmia (nome usato per indicare genericamente i primati antropomorfi); fig.: sìmia s. f. sbornia (“Varda che sìmia che ‘l ga intórno”!-“Guarda com’è ubriaco”!)
simiòto (sìmia) s. m. scimmia (“Él ga él mal del simiòto”.-“ È affetto da rachitismo”.)
sìmese (pl. sìmese) s. m. cimice dei letti (Cimex lectularius); sìmese salvègo = specie varie di cimici dei boschi e dei coltivi
sìngano agg., s. m. girovago, sfaccendato, vagabondo; zingaro; giostraio
simitèro s. m. cimitero
simo(l)àre v. togliere la parte finale dei tralci delle viti per dare luce e far maturare l’uva
sìnpio agg., s. m. poco furbo, ingenuo, stolto
sinquantèna agg. cinquantina
sinquantìn s. m. varietà precoce di mais
sinque (sìncoe) num.
sinquèna num. cinquina; sinquina = cinquina nel gioco a tombola
sió(l)a s. f. cipolla (Allium cepa)
sio(l)àre v. fischiettare (“Mi siò(l)o”.-“Io fischietto”.; Éo siò(l)a fin che ’l magna pan e sióla”-“Lui fischietta mentre mangia pane e cipolla”.)
siò(l)o s. m. fischio a bassa intensità emesso con le sole labbra (usato anche come rischiamo per animali o per intonare dei motivi musicali)
siòlto agg. sfuso (“Gò crompà él sùcaro siolto”.-“Ho comprato lo zucchero sfuso”.); agg., p. pass., liquefatto, fuso (“Él butìro se ga siòlto”.-“Il burro si è fuso”.); p. pass. sciolto, concluso, posto fine (“(L)a riunión se ga siòlto”.-“La riunione si è conclusa”.)
siòparo s. m. scipero
sioparàre v. scioperare
sióra s. f. signora (titolo di cortesia dato a donne sposate che godono di una condizione sociale di prestigio)
siór agg., s. m. ricco (“Tuti vurìa èssare siùri”.-“Tutti vorrebbro essere ricchi”.); s. m. signore (titolo di cortesia dato a uomini che godono di una condizione sociale di prestigio: “Siór conte él se còmoda!” -“Signor conte si accomodi”!)
sioràsso s. m. persona ricchissima, miliardario
sioréto s. m. persona che per una serie di circostane favorevoli, in un determinato momento della sua vita, si trova a condurre un’esistenza sufficientemente agiata tale da non avere preoccupazioni per il futuro; felice o soddisfatto per un accadimento favorevole o per un momentaneo stato di salute (“Come va(l)a có i só dolóri, Danilo”? “Incò so ón sioreto, garìa caro che (l)a duràsse”!-“Come va Danilo con i suoi dolori reumatici”? “Oggi sto benone, come vorrei che questa situazione di benessere durasse a lungo”!)
sìsso(l)a s. f. cicciolo di maiale; vagina
sità s. f. città
sito agg. zitto
sitón s. m. cosa velocissima, saetta
slapàre v. mangiare con ingordigia (Quel bòcia ga slapà él geàto in du minùti”!-“Quel ragazzino ha mangiato il gelato in due minuti”!)
slargàre v. allargare, ampliare, distanziare
slargàrse v. allargarsi; prendere eccessiva confidenza
slavacià agg. dilatato e deformato
slengoàda s. f. ruffianata; bacio con intenzioni erotiche
slengoassón agg., s. m. avvezzo a un linguaggio scurrile; maldicente
slèpa s. f. manrovescio
slondrón agg. sudicio; immorale, depravato
slongàre v. allungare; diluire; slongàre él vin = annacquare il vino; slongàre e man = allungare le mani (fare a botte, palpeggiare una donna)
slongàrse v. allungarsi, crescere (“Varda come che ’l se ga slongà stó putèo”!-“Guarda com’è cresciuto questo bambino”!)
slusegàre v. luccicare
slusóre s. m. lucentezza
smacàda s. f. smacco, umiliazione
smagràrse v. dimagrire
smagrà (smagrìo) p. pass. dimagrito
smaltà agg. smaltato; p. pass. gettato e spiaccicato contro una superficie dura; spinto con violenza e stretto contro una superficie dura (riferito a persona)
smaltàre v. gettare un cosa con forza spiaccicandola contro una superficie dura; spingere una persona con violenza contro una superficie dura con l’intenzione di percuoterla; smaltàre ia = gettare via con forza/con rabbia/con disappunto (“So sempre drio sbolsegàre, cussìta incò gò ciapà él pachéto de sigarete e (l)o gò smaltà ia. No’ vòjo/òjo pi fumare”! “Ho sempre la tosse e catarro in gola, così oggi ho preso il pacchetto di sigarette e, con rabbia, l’ho gettato via. Non voglio più fumare”!);
sma(l)usà agg., s. m. capriccioso (Che sma(l)usà che xe quel putèo! Ogni òlta che ’l vede ón xugàto(l)o se nó te ghé (l)ó tòi él cria come ón desperà”.-“Com’è capriccioso quel bambino! Ogni volta che adocchia un giocattolo, se non glielo compri piange come un disperato”.), permaloso, piagnucolone (riferito a bambino)
sma(l)usàre v. educare un bambino senza una direttiva precisa e lasciarlo fare i capricci senza dargli un limite
smanà s. f. manata (colpo dato con il palmo della mano aperta); quanto può contenere una mano
smanegà s. f. accozzaglia
smanetàre v. destreggiarsi
smarìo agg. scolorito, sbiancato (“Fòrsa de lavàrla (l)a còtola se ga smarìo”.-“Dopo tanti lavaggi la gonna si è scolorita”.)
smarìre v. stingere, sbiancare
smarónare v. smascherare, sbugiardare
smarteà s. f. martellata; p. pass. martellato
smarteàre v. martellare
smeandrìna s. f. soprabito leggero
smeàre v. togliere il miele dai favi delle api
smèca agg. s. f. piagnucolone, lamentoso
smenarà s. f. colpo col l’ascia
smesàre v dividerein senso longitudinale una cosa in due parti uguali combacianti (un’anguria, una pagnotta, un tronco)
smissiàre v. mischiare; mescolare; mettere insiene
smissiòto s. m. mistura casuale di varie sostanze; piatto preparato con ingredienti messi a caso; narrazione confusa senza una sequenza logica
smòca s. f. varietà di siconi commestibili di fico con la buccia di colore scuro
smo(l)àre v. ammorbidire; allentare, staccare (“Gò smo(l)à e vide”!“Ho allentato le viti”!)
smolgàrse v. prendere una storta ad un arto
smoltonàre s. m. tamponare, provocare un urto
smoltonà s. m. forte urto; p. pass. urtato con forza
smonà agg., p. pass. stanco con poca voglia di inizitiva, stanco di fare una cosa; scocciato, infastidito, disgustato
smòrcia s. f. morchia
smorosàre v. amoreggiare
smorsàre v. spegnere
smorsàrse v. spegnersi; attenuarsi, affievolirsi; calmarsi
smolgàrse v. lussarsi
smusàda (smusà, smusonàda) s. f. umiliazione; colpo in faccia
snarìse s. f. pl. narici
snaro s. m. malattia dei polli
snaròcio (snaròci, mòcolo) s. m. muco che scende dal naso (“Nétate i snaròci” !-“Pulisciti il naso” !)
snarocióso agg., s. m. soggetto a frequente fuoriuscita di muco nasale (riferito a bambini); s. m. piccolino
snarufàre v. tentare di percepire odori
snasàre v. annusare
snìsio agg. liscio, morbido, glabro
snoà s. f. percossa sulla testa con le nocche delle dita
snui (nui) s. m. pl. nocche
só poss. suo, suoi, sua, sue (“Gò catà él só capèo”.-“Ho trovato il suo cappello”.; “Gò giustà e só scarpe”.-“Ho aggiustato le sue scarpe/le loro scarpe”.); in taluni casi l’aggettivo possessivo viene usato al posto dell’articolo determinativo (“Gò isto só sorèa de Pièro”.-“Ho visto la sorella di Pietro”.; “Só xio de Marco ga na bicecléta nòva”.-“Lo zio di Marco ha una bicicletta nuova”.; “Só mama de Gino se ciàma/ga nome Rita”.-“La madre di Gino si chiama Rita”.); só (l)a prep. dentro, nella (“Se ga inpiantà ón ciòdo só (l)a so(l)a”.-“Si è piantato un chiodo nella suola”.)
soàsa(soàso(l)a) s. f. cornice
sóca s. f. di scarsa intelligenza
socatàra s. f. ceppaia
socàto s. m. grosso frammento staccato dalla ceppaia; persona poco intelligente
sòco(l)a s. f. zoccolo da lavoro nei campi o nelle stalle (“Màrio, nó sta vegnère in casa có e sòcoe ónte”.-“Màrio, non entare in casa con gli zoccoli da lavoro sporchi”.)
socolà s. f. colpo vibrato con una zampa da un animale da soma; colpo inferto intenzionalmente con uno zoccolo
sòco(l)o s. m. zoccolo
sóe s. m. sole; poss. loro
sòe s. f. pl. suole
soèta s. f. civetta (Athene noctua); soletta
sofegàre v. soffocare, strangolare
sofegàrse v. soffocare
sòfego s. m. caldo afoso, afa
soìva s. f. versante collinare rivolto a sud
sòja s. f. soglia
sól prep. sul
so(l)àna s. f. arrossamento della pelle a causa di un’insolazione
sò(l)a (pl. sòe) s. f. suola (“Cól sóe se ga destacà e sòe dée scarpe”.-“Con il sole si sono staccate le suole delle scarpe”.; “Xee e mie ó e sóe”?-“Sono le mie o le loro?)
só(l)a (pl. sóe) agg. sola (“E putèe xe da sóe sóto él sóe”.-“Le bambine sono da sole sotto il sole”.)
so(l)àro s. m. solaio
soldà (pl. soldà) s. m. soldato
sólfare s. m. zolfo
solfaràre v. mettere i preparati a base di zolfo nel vino; spruzzare lo zolfo con il mantice sulle viti contro le infezioni fungine
solfaràda s. f. spruzzata di zolfo sulle viti; fig.: rapporto sessuale tra un maschio e una femmina visto dal maschio
só(l)o avv. solamente, soltanto; só(l)o (pl. sói) agg. solo (“Quà in corte noàntri semo i sói che se fa i afàri sói”.-“Qui nella corte comune noi siamo i soli a farci gli affari propri”.); so(l)o che cong. (“Só(l)o che ’l veda passare uno che nó ’l conósse él me can sbaja pa’dièse minuti de fia”.-“Solo che veda passare uno sconosciuto il mio cane abbaia per dieci minuti di di seguito”.)
so(l)ussión s. f. modo di procedere per risolvere un problema
somejànsa s. f. somiglianza
somejàre v. assomigliare
sómena s. f. semina
somenàre v. seminare
sonajò(l)o s. m. fischietto
sonéto s. m. sonnellino
sonxón s. m. morchia
sóo (suo) poss. suo
sòno s. m. sonno; sonéto = sonnellino
sópa s. f. zolla; persona ignorante e rozza
sopressàre v. stirare
sopressàda s. f. stiratura; batosta
soprèsso s. m. ferro da stiro
sóra avv., prep. sopra
soràna s. f. mucca giovane
soraòsso s. m. callo osseo
sorapì s. m. oltre il necessario, sovrappiù, sovrabbondanza
soràre v. raffreddare, fare abbassare il calore
sorbo(l)àro s. m. sorbo domestico (Sorbus domestica)
soreàssa s. f. sorellastra
sorèa s. f. sorella; fig.: “(L)a xe só sorèa”.-“ È tale e quale”.
sorgàgna (sorghèta) s. f. sorgo selvatico (Sorghum halepense)
sòrte (in) di vari tipo, non appositamente scelto, di varia grandezza
sórxe s. m. topo (specie appartenenti ai generi: Apodemus, Microtus, Arvicola)
sòto agg., s. m. zoppo
sóto avv., prep. sotto
sotón(de)/sotignón (de) s. f. andatura claudicante (“Nani él xe drio ndare ia de sotón”.-“Giovanni sta zoppicando”.)
spacà p. pass., agg. spaccato, rotto; agg. identico (”Toni xe só pare spacà”.-“Antonio è identico suo padre”.)
spadina s. f. in maniche corte, con vestiti leggeri (“Tó fiò(l)o él va ia in spadìna có stó frédo. Varda che ‘l se ma(l)a”!-“Tuo figlio va via vestito leggero con questo freddo. Attenta che può prendere un acciacco”! )
spadìne s. f. pl. gladiolo dei campi (Gladiolus italicus)
spaentàre v. spaventare
spaénto s. m. spavento
spaghèto s. m. paura, timore, spavento
spagna s. f. erba medica (Medicago sativa)
spagnàro s. m. coltivazione di erba medica
spagnoéto s. m. spagnoletta (cilindro forato avvolto di filo)
spa(l)ancàre v. aprire sino al massimo: gli occhi, le porte, le finestre; fig.:“Spalànca i òci”!-“Stai attento che ti hanno ingannato”!/“Stai attento perché ti possono ingannare”!/“Guardati un po’ intorno”!; “Ghé gò spa(l)ancà mi (l)a strada”./“Gli ho aperto io la strada”./“Gli ho dato io quell’opportunità di successo”.; “Me se ga spalancà él móndo davanti”.-“Davanti a me si è aperto il mondo”.
spa(l)ancà agg., p. pass. completamente aperto
spalièra s. f. sparviere (attrezzo del muratore); spalliere del letto, spalliera della sedia
spana s. f. spanna
spanà agg., s. m. con la filettatura rovinata
spanàre v. disappannare
spanàrse v. perdere la filettatura nel foro filettato di una vite
spadeà s. m. contenuto di una padella
spàndare v. versare accidentalmente dei liquidi, far traboccare (“Go spanto él/(l)a late”.-“Ho versato accidentalmente del latte”./“Ho fatto traboccare il latte dal pentolino”.); spargere; dilapidare; fig.: esagerare negli atteggiamenti (“Te ghè spanto fòra del bocàe”.-“Hai fatto traboccare il vaso”./“Hai esagerato”.; “Él xe uno che spande mèrda”.-“È uno che che si dà un sacco di arie”.)
spanìo agg., p. pass. fiorito, sbocciato
spanìre v. sbocciare
spanociàre v. togliere le brattee alla spiga femminile (spadice) del mais
spanpanàre v. buttare le cose qua e là a caso
spansà (spansàda) s. f. colpo sulla pancia causato da una caduta; scorpacciata (spansàrse dal rìdare = spanciarsi per le risate)
spaparansà p. pass., agg. disteso in panciolle
sparagnàre v. risparmiare; mettere momentaneamente da parte
sparagnìn agg., s. m. parsimonioso
spàrasi s. m. pl. asparago coltivato (Aspargus officinalis) specie presente qua e là inselvatichita (o spontanea?) nella zona degli Euganei; spàrasi salvèghi=asparago pungente (Asparagus acutifolius: pianta dai turioni commestibili molto ricercata)
sparpanàre v. spargere le cose qua e là casualmente
sparpanàsso s. m. bardana minore (Arctium minus )
sparse s. f. pl. piante elofite o idrofite (generi: Sparganium, Typha, Myriophyllum, Bolboschoenus, Ceratophyllum, Schoenoplectus, Stukenia, Alisma, Hydrocharis, Potamogeton, ecc.)
sparsoràre v. fluire di un liquido fuori del contenitore; esagerare in un certo tipo di comportamento
spasemà agg. accaldato; infuriato
spasemàre v. avere una forte impazienza nell’attendere un evento piacevole; avere una grandissima fretta ed eccitazione per fare una cosa; infuriarsi
spàsemo s. m. contrazione muscolare
spassàre v. sorpassare; rendere completa o eccessiva la cottura di una vivanda (solitamente carni o trippa)
spassà p. pass. sorpassato (“Lo go spassà in corsa” “L’ho sorpassato in corsa”); spassà agg. ben cotto, scotto
spassìn s. m. spazzino
spassìso s. m. attrezzo con stanghe e corsia centrale atto a favorire il deambulare eretto dei bambini che si avviano a camminare autonomamente
spassoìn s. m. spazzolino da denti
spauràsso s. m. spavento
spaurìo agg. dall’espressione impaurita, impaurito, sbigottito
speàda s.f. abrasione sulla pelle
speàrse v. spellarsi; prodursi delle abrasioni sulla pelle a causa di incidenti
specèra s. f. specchiera
spècio s. m. specchio
specéto s. m. specchio retrovisore
speda(l)à s. f. pedalata
spenà p. pass. indotto a sborsare denaro, anche fino a rimanerne completamente privo (per una perdita al gioco, per l’acquisto di una cosa particolarmente cara, per il pagamenro del conto al ristorante); spennato
speneàre (inpeneàre) v. pennellare
spenotà agg. spennacchiato; p. pass. spennato
spenotàre v. togliere le penne ai volatili
spentón s. m. spinta; aiuto; raccomandazione, spintarella
spentonàre v. spintonare, spingere; raccomandare
spénto p. pass. spinto; favorito, mandato avanti
spénxare v. spingere; favorire; insistere
spéo s. m. spiedo; spéo (pìndo(l)o s. m. lippa (fusello di legno appuntito alle estremità usato per il gioco alla lippa: xugàre a spéo = giocare a lippa)
spessegàre v. cambiare ritmo e aumentarlo mentre si fa un lavoro; cambiare passo e camminare più velocemente
spetàre v. aspettare (il proprio turno, che arrivi il treno, ecc.); attendere qualcuno (So drio spetàre me xio che riva stassèra da Miàn”-“Sto attendento, per questa sera, l’arrivo di mio zio da Milano”.)
spianxóre s. m. luccichio, bagliore, lucentezza
spièra s. f. raggio di sole che penetra tra le nubi o che enta dalla finestra (“Xe vegnù fòra na spièra de sóe”. – È uscito un raggio di sole”.)
spigaròla s. f. pezzo di infruttescenza di graminacee che si può attaccare ai vestiti o alle scarpe
spignatà s. f. contenuto di una pentola
spigoéto s. m. spicchio
spìgo(l)o s. m. spigolo; spicchio
spijurìo agg. spettinato
spin s. m. spina (di un pesce, di un rano); aculeo; spini varìse (ónge de gato) = marruca (Paliurus spina-christi); spin bianco = biancospino (Crataegus monogyna e Cratagus laevigata).
spina s. f. rubinetto delle botti con chiusura ad avvitamento e pressione; collettore da inserire nella presa della corrente elettrica
spinàre v. spillare il vino; togliere la lisca a un pesce
spinarèo s. m. spinarello (Gasterosteus aculeatus)
spinàro s. m. intrico di cespugli spinosi (Prunus spinosa, Paliurus spina-christi, Maclura pomifera, Gleditsia triacanthos)
spinèo s. m. rubinetto in legno per le botti, funzionante come quello per l’acqua
spinèta (ramònica) s. f. armonica a bocca
spiociàre v. spiare attraverso un pertugio
spioción agg., s. m. spione (solitamene riferito a bambino che guarda furtivamente durante la conta del gioco a nascodino, durante un compito a scuola, ecc.)
spìrito s. m. alcol etilico; forza d’animo
spironà s. f. forchettata; colpo inferto con una forchetta
spissa s. f. prurito; fig.: desiderio, soddisfazione, piacere, capriccio (“Vujo (òjo) cavàrme na spissa”.-“Voglio concedermi un piccolo piacere”./“Voglio soddisfare un desiderio”./“Voglio provare il piacere di rispondere a un torto subito”.; “Vujo (òjo) cavàrme (l)a spissa“.-“Voglio avere la soddisfazione di verificare”./“Voglio provare”.)
spissiàe s. m. farmacista
spoentàre v. versare la polenta sullo spianatoio
spoentaùre s. f. pl. incrostazioni di polenta rimaste sul fondo del paiolo copèrte di acqua allo scopo di toglierle facilmente (una volta tolte venivano date in pasto agli animali da cortile)
spolvarón s. m. polverone; grande quantità; grande confusine; grande litigio
spolvarìna s. f. soprabito leggero
sponciàda s. f. puntura provocata da attrezzi appuntiti o da una spine, sforacchiatura; forchettata (“Gò dà dó sponciàde al radìcio ma él insendéva massa”.-“Ho dato due forchettate al radicchio ma era troppo amaro”.); frecciata, provocazione (Miro
sponciadìna s. f. lieve puntura; punzecchiatura, piccola provocazione
sponciàre v. pungere, sforacchiare; punzecchiare, provocare
sponciarò(l)o s. m. forasalumi (attrezzo irto di punte usato per bucare i budelli degli insaccati, al momento della preparazione, per favorire la fuoriuscita dei liquidi e dei grassi)
sponción s. m. puntura (accidentale o meno); spiedini con cibi vari che vengono consumati al bar
sponpà agg. spossato, privo di energie; sgonfio (“Na ròda déa bicecléta xe sponpà”.-“Il pneumatico di una ruota della bicicletta è sgonfio”.)
sponxò(l)o s.m. spugnola (Morchella sp.)
sportà s. f. quantità di cose che puo contenere un sporta
sporteà s. f. cozzo contro una porta; rece sporteà = padiglioni auricolari molto prominenti
sposaìssio s. m. matrimonio
spotaciàre v. fare cose inutili, fare lavori di poco conto, pasticciare; sporcare e fare macchie versando accidentalmente materiali liquidi o semifluidi (Varda! Te te ghè spotacià tuta (l)a camìsa pena messa”!-“Guarda! Ti sei macchiato tutta la camicia appena indossata”!)
spotàcio s. m. chiazza untuosa di materiale liquido o semifluido (“Magnàndo (l)a menèstra cól sculièro él pìco(l)o ga fato tuti spotàci par tèra”.-“Mangiando la minestra con il cucchiao il piccolino ha fatto tutte chiazze untuose sul pavimento”.)
spotación agg., s. m. pasticcione, disordinato (ai tempi in cui si scriveva con il pennino intinto nel calamaio, il termine veniva usato solitamente nei confronti di bambini che durante i primi anni della scola primaria facevano macchie sul quaderno o avevano un segno grafico incerto)
spranpanàre v. buttare di qua e di là senza ordine; rovinare
sprisséto s. m. spritz
spròta agg., s. m. pettegola e boriosa (ragazza)
sprusséti (sprussìti) agg. s. f. sostenuta, sdegnosa (ragazza)
spuacèra s. f. sputacchiera
spuàcio s. m. saliva, sputo; schiuma emessa sui vegetali dalle sputacchine (insetti dell’ordine dei rincoti omotteri)
spuaciàre v. emettere piccoli getti di saliva
spuación s. m. sputo
spuàre v. sputare
spuma s. m. bevanda a base di acqua gassata e aromi
spumìlia s. f. meringa
spussa (spussóre) s. f. puzza
spussàre v. puzzare
spussoénte agg. puzzolente
spùsso(l)o s. f. puzzola (Mustela putorius)
squajàrse v.liquefare
squa(l)o s. m. cavedano (Squalius cephalus)
squara s. f. squadra, attrezzo usato nelle cave, insieme al filo a piombo, per verificare se il piano orizzontale di una pietra lavorata è normale al piano verticale.
squero s. m. bacino di carenaggio per le barche
squinsi agg., s. f. squinzia
srodo)l)àre v. srotolare
sta (pl. sté) dim. questa (“Sté fémene canta pròpio bén”.-“Queste donne cantano proprio bene”.; “Stè qua a téndare sté piègore e nó stève mòvare”! “State qui ad occuparvi di queste pecore e non andate via”!; “Come che stè siór Mario”? Gò sentìo che si nda sóto na machina”. “Stao mejéto, ma ogni tanto sté còste me fa tribo(l)àre e camìno oncóra ón fià sòto”.-“Come state signor Mario”? Ho sentito che siete stato investito da un’automobile”. “Sto un po’meglio, ma ogni tanto le costole mi fanno soffrire e un po’ zoppico ancora”.)
stabiìre (tacàre (l)a malta) v. coprire i muri di intonaco
stalièra s. f. stadera a ganci senza piatto
sta(l)o s. m. luogo sorvegliato i cui si depositano delle cose (él sta(l)o dée biciclète = luogo in cui si può depositare la bicicletta per un giorno, dietro pagamento di una piccola somma per la custodia)
staltro (st’altro) dim. quell’altro
stanga s. f. lungo pezzo di legno o di metallo
stangàda s. f. fregatura
stangón agg., s. m. splungone; s. m. parte laterale di appoggio del letto
stare v. abitare (“Ndóe stèto”?-Dove abiti”?); stare in salute (“Come stèto”?-“Come stai”?-“Come va la salute”?)
staro s. m. staio (misura per granaglie)
stasa s. f. asse di legno con cui dare una prima levigata grossolana all’intonaco o togliere la malta fresca in eccesso tra i mattoni appena posati
stassión s. m. stazione
stèa s. f. scheggia in legno piatta e allungata che si distacca da un tronco colpito con una scure o con un coltellaccio a lama dritta; pezzo di stoccafisso che si distacca a forma di scaglia
stéa s. f. stella
steàda s. f. manifestazione particolarmente spettacolare di stelle in cielo
stéca s. f. stecca; percossa, schiaffo; botta accidentale
stecadénte (pl. stecadìnti) s. m. stuzzicadente
stechèto s. m. stecco
stecià s. m. contenuto di un tegame
stecón s. m. puntura di insetto
steéte s. f. pl. stellette degli ufficali
stiro(l)a s. f. fila di oggetti, sequela di parole
stisso s. f. tizzone ardente
stó (pl. sti) agg. dim. questo
stomegàre v. nauseare, far venire la nusea
stomegàrse v. avere alla nausea un cibo subito dopo averlo assaggiato per la prima volta o dopo averne mangiato troppo o per lungo tempo; fig.: avere repulsione per una persona a causa del logoramento dei rapporti interpersonali
stómego s. m. stomaco; coraggio; capacità di sopportare situazioni ripugnanti; attitudine a mangiare cibi stomachevoli
stomegóso agg. stomachevole, nauseante
stopìn s. m. stoppino
storèa s. f. sparviere (Accipiter nisus)
stornìo agg. afflitto dalla sensazione di avere uno o entrambi gli orecchi tappati (“Gò e rece stornìe”-“Ho la sensazione di avere gli orecchi tappati”)
strabucàre (i oci) v. chiudere gli occhi dal sonno
stracacanàssa (stracaganàssa) s. f. castagna secca (seme di castagna essiccato, mondato dell’episperma e del pericarpo)
stracàre v. stancare
stracàrse v. stancarsi; perdere la pazienza
straco agg. stanco
strachìn s. m. formaggio stracchino
stracù(l)o s. m. lombata
stradèa s. f. strada stretta di tragitto breve, stradina vicinale
strafànto s. m. vestito brutto e inadatto alla situazione; disegno o dipinto brutto o incomprensibile; cosa fatta male
strafantàrse v. vestirsi e acconciarsi per una mascherata, vestirsi e acconciarsi malamente
strafojàro s. m. piantagione di trifoglio
strafòjo s. m. trifoglio (specie varie da fieno appartenenti al genere trifoliun (più di frequente Trifolium pratense subsp. pratense e trifolium repens subsp. repens)
stra(l)ocàrse v. slogarsi
stra(l)unàre v. starnutire
stramàsso s. m. materasso
stramusàro s. m. museruola per le mucche
stramusón s. m. schiaffo violento in faccia
strànio s. m. brutta figura causata dal modo di comportarsi o di vestirsi (“Te pari strànio quando che te sbèreghi”.-“Quando urli fai una brutta figura”.; “Te pari strànio in cèsa có quea (chea) còto(l)a massa curta”.-“In chiesa, con quella gonna troppo corta, fai brutta figura”.)
stranùo s. m. starnuto
straòcio agg., s. m. strabico
strassa s. f. pezzo di stoffa per pulire; capo di vestiario malconcio o molto dimesso
strassàre v. cancellare
strassàro s. m. raccoglitore ambulante di stracci, di ferraglia, di pelo di maiale, ecc.
strasse s. f. pl. panni, stracci; fig.: vita (“Él ghé ga assà e strasse”.-“Ci ha lasciato le penne”./“ È morto”.)
strassón agg., s. m. straccione; persona poco curata nel vestire
stravanìo agg. dall’aspetto smarrito, dall’atteggiamento assente
stravacàrse v. sdraiarsi
stravénto avv. controvento
stravià p. pass., agg. momentaneamente distolto da sensazioni negative; sviato, portato sulla cattiva strada; distratto
straviàrse v. mandare momentaneamente nell’oblio pensieri e sensazioni negative; distrarsi
stréja s. f. striglia; fila; grande quantità di cose
strejàre v. spazzolare con la striglia gli animali da soma
strénxare v. restringere; stringere; serrare, costringere contro (un muro, un angolo)
strénsarse v. restringersi; abbracciarsi con intenti amorosi
stréto agg., p. pass. sottile, stretto, troppo aderente; p. pass.fortemente serrato, costretto contro
strica s. f. serie di oggetti o di piante in fila; segno grafico corrispondente ad una linea retta
striga s. f. strega; befana
strigarìa s. f. atto da strega
strissàre v. sfregare, solcare
strissiàre (strissàre) v. strisciare
strisso s. m. segno grafico; piccolo graffio
strissón s. m. rigatura, solcatura
striò(l)o (stornèo) s. m. storno (Sturnus vulgaris )
stroicàro s. m. orbettino (Anguis fragilis)
strò(l)aga s. f. veggente
stròpa s. m. rametto flessibile di un salice da vimini (solitamente Salix alba var. vitellina) usato per intrecciare cesti e ceste, per legare fascine e allacciare i tronchi delle viti ai pali di sostegno o i tralci ai tiranti di ferro dei filari (a Regazzoni non vengono usati gli altri salici da vimini utilizzati in varie zone del Veneto: Salix purpurea, presente in modo puntiforme, risulta praticamete ignorato; Salix triandra s. l. è molto raro e quasi sconosciuto; Salix viminalis manca completamente)
stropà (stroponà) s. f. percossa con un rametto di salice da vimini
stropacù(l)o s. m. cinorrodio, falso frutto delle rose selvatiche (Rosa arvensis, Rosa canina, Rosa corymbifera, Rosa agrestis, Rosa gallica)
stropàre (stropà p. pass.) v. otturare, tappare, colmare; stropàre (l)a bóca = zittire (“Xe mèjo stropàrse (l)a bóca pitòsto che discórare de na roba che nó se sa bén”.- “È meglio trattenersi nel parlare piuttosto discutere di un fatto o di un argomento che non si conoscono bene”.)
stropàro s. m. varietà da vimini del salice comune (Salix alba var. vitellina)
stropèo s. m. sottile rametto laterarale di un giovane ramo di salice da vimini (Salix alba var. vitellina) utilizzato (intero o decorticato) per intrecciare cestelli o per fare legacci per fascine sottili
stròpo(l)o s. m. turacciolo, tappo di sughero; fig.: persona bassa e minuta; stropoéto = bambino piccolo, piccolo turacciolo
stropón s. m. ramo di salice da vimini (Salix alba var. vitellina), di grossezza tale da non essere abbastanza flessibile per fare legature, da cui si ricavano i rami e i rametti flessibili adatti a essere intrecciati o a fare legacci per fasci o fascine
strucàre v. premere, comprimere, schiacciare, sprèmere
strucón s. m. compressione; stretta, pizzicotto, stetta affettuosa
strùpio agg. zoppo, con malformazioni che impediscono la normale motricità
stua s. f. stufa
stuàre v. spegnere (“Stua (l)a stua”!-“Spegni la stufa”! )
studià agg. istruito, colto; p. pass. studiato
stussegàre v. stuzzicare; provocare
stùssia s. f. stratagemma, astuzia, trucco
su prep., avv. su, sopra
suàre v. sudare; fare fatica
suàda s.f. sudata, faticata
sùbia s. f. lesina (attrezzo del calzolaio con punta curva usato per fare buchi)
subiòti s. m. pl. rigatoni
subiotìni s. m. pl. ditaloni rigati (tipo di pasta)
suca s. f. zucca [varietà di frutti di zucca gialla (Cucurbita maxima): suca barùca, suca marìna, …….; varieta di frutti di zucca di Napoli (Cucurbita moschata): suca vioìna,…….( “Par mi él risòto de suca marìna xe pi bón de queo de suca vioìna”.-“Secondo me il risotto di zucca gialla è più saporito di quello di zucca di Napoli”.)]; suca da vin = zucca da vino: frutto della lagenaria (Lagenaria siceraria); nuca, testa; mente, memoria
sucàra s. f. pianta di zucca gialla, pianta di zucca di Napoli, pianta di zucchino, pianta di zucca da vino (tutte le varietà delle specie coltivate in loco): Cucurbita maxima, Cucurbita moschata, Cucurbita pepo, Lagenaria siceraria
sùcaro s. m. zucchero
sucaréto s. m. zuccherino
sucarièra s. f. zuccheriera
sucò(l)o s. m. zucchina [varietà del frutto di zucchino (Cucurbita pepo)]; agg., s. m. sciocchino (in senso scherzoso)
sucón agg., s. m. zuccone, lento nell’apprendimento; caparbio, ostinato; di particolare intelligenza e competenza
sugà p. pass. asciugato; agg. senza risorse, sfinito, senza soldi
sugamàn s. m. asciugamani
sugàre v. asciugare, prosciugàre; esaurire, sfinire
sùgoi s. m. pl. sugoli d’uva; mistura di polenta calda tenera e olio
sui poss. suoi, loro; prep. sui (su i )
sumànsa s. f. indigestione
sunàre v. mietere, raccogliere in modo generalizzato frutti di rosacee o di fabacee (“I ga sunà él forménto”.-“Hanno mietuto il grano”.; “So nda sunàre (l)a ua”.-“Sono andato a raccogliere l’uva”.)
suòra (pl. suòre) s. f. suora, monaca
suóre s. m. sudore
supa s. f. zuppa; snervamento nel sopportare
supàre v. inzuppare; asportare l’acqua o un qualsiasi liquido da qualche parte usando materiale a forte impregnabilità
supèta (fare) s. f. ammollo del pane nel vino zuccherato e successivo consumo; ammollo del pane nel condimento delle verdure fresche (scarpéta) rimasto nell’insaltiera e successivo consumo, ecc.)
supéte (malgherìte) s. f. pl. pratoline (Bellis perennis )
supiàda s. f. soffio prolungato (ad esempio sulla legna per favorirne la combustione)
supiàre v. soffiare
supión s. m. soffio
surlo s. m. tappo in sughero delle bottiglie; galleggiante da pesca
suso prep., avv., su, sopra (“Vao suso”.-“Vado su”.-“Vado sopra”.)
susta s. f. molla
sustàrse (insustàrse) v. arrabbiarsi, innervosirsi, irritarsi
sustóso agg., s. m. permaloso, irritabile
suto agg. asciutto, secco; s. m. aridità, secco (“Xe ón suto pa’ i canpi che more e végne”.-“Nei campi c’è un’aridità tale che muoiono le viti”.); agg., snello, magro
svangà s. f. quantità di terra che viene sollevata e rovesciata dopo avere affondato la lama di una vanga sul terreno; colpo inferto con una vanga
svanpìo agg. senza gusto e fragranza (riferito al vino); svampito
svejo agg. sveglio; intelligente, capace, furbo
sveja s. f. sveglia; attenzione!; occorre furbizia!
svejàre v. svegliare
svejàrse v. svegliarsi; farsi furbi (bisogna svejàrse = bisogna stare attenti, bisogna farsi furbi)
svéntola s. f. botta, schiaffone
svento(l)àda s. f. colpo di vento
svodàre v. vuotare
svioinàda s. f. lode esagerata, lusinga
tabacàre v. annusare il tabacco per vizio
tabacón s. m. persona con il vizio di annursare il tabacco; fumatore incallito
tabachìn s. m. tabaccaio
tabàro s. m. tabarro, mantello
tabèa s. f. insegna
tabeón s. m. cartellone
tàbio s. m. sanguinella (Digitaria sanguinalis e specie congeneri)
taca s. f. scalfittura, intaccatura; statura, levatura
tacà p. pass., attaccato, appeso, incominciato, avviato, acceso, incollato; attecchito; tacà avv. vicino (“Maria sta tacà casa mia”.-“Maria abita vicino a me”.)
tacàre v. attaccare, incollare (“Gò tacà él bó(l)o a(l)a cartuìna”.-“Ho incollato il bollo alla cartolina”.); avviare (“Gò tacà (l)a lavatrive”.-“Ho avviato la lavatrice”.); accendere (“Taca (l)a stua”!-“Accendi la stufa”!); appendere (“Gò tacà él capèo sól tacapàni”.-“Ho appeso in cappello all’attaccapanni”.); incominciare (“Domàn taco laoràre a e sète”.-“Domani incomincio il lavoro alle sette”.; “Ga tacà (l)a partìa”.-“È incominciata la partita”.); attecchire (“Gò inpiantà na rosa e (l)a ga tacà”.-“Ho piantato una pinta di rose e questa ha attecchito”.); tacàre botón = avviare una conversazione, avviare un primo rapporto
tachénte agg. appiccicoso; insistente
tacón s. m. rattoppo, riparazione provvisoria
taconàre v. rattoppare, rabberciare (“Xe pèso él tacón del sbrégo”.-“Il rimedio è peggiore del danno”.)
tacuìn s. m. portamonete, portafoglio
tae dim. e ind. tale
taja s. f. taglia (delle scarpe, di una gonna); birbante
tajà agg., p. pass. tagliato; in possesso predisposizione (talento innato) per una determinata prestazione; fig.:“I pare tajà cól cortèo”.-“Sono uguali”.
tajadèa s. f. mistura di liquidi da bere; fig.: cambiale
tajadèe s. f. pl. tagliatelle (nella zona di Regazzoni le tagliatelle all’uovo fatte a mano, erano molto sottili e larghe 2-3 millimetri (“Incò gò magnà la menèstra de tajadèe e jèri (l)a pastassùta de asàgne”.-“Oggi ho mangiato la minetra di tagliatelle sottili e ieri la pastasciutta di fettuccine”.)
tajadóre s. m. tagliatore di pelli
tajàre v. tagliare, falciare
tajarìn s. m. taglierino
tajo s. m. taglio
taliàn s. m. italiano
ta(l)òco agg., s. m. tonto
tamìso s. m. setaccio (“Gò passà (l)a farìna cól tamìso”.-“Ho setacciato la farina con il setaccio”.)
tamisàda s. f. setacciata (passata al setaccio); interrogazione insistente; multa, fregatura
tamisàre v. setacciare (fig.: tamisare = interrogare, farsi raccontare con insistenza dei fatti nel dettaglio in quanto personalmente interessati); dare delle fregature
tanàja s. f. tenaglia; tanàja da végne = forbici per potature
tanàsca s. f. tasca dietro al giubbino dei cacciatori o dei pescatori
tanfo s. m. puzza
tani s. m. pl. tamaro (Dioscoraea communis)
tapà agg. tarchiato, massiccio
tàpara s. f. ceppaia
taparòto s. m. uomo tarchiato ma non molto alto
tapéo s. m. tappeto
tasìre (tasère, tàsere) v. tacere (“Ti ghèto parlà”? “Nò! Gò tasìo”.-“Tu hai parlato”? Nò! Ho taciuto”.)
tasso s. m. tasso (Meles meles); (tasso cagnìn = tasso nel periodo immediatamente successivo alla fase letargica; tasso porseìn = tasso nel periodo immediatamente precedente alla fase letargica); tasso (Taxus baccata)
tastàda s. f. assaggio; palpeggio
tastàre v. assaggiare; toccare per sentire la consistenza
tastasàe s. f. carne di maiale macinata per fare salumi, cotta alla brace per sentire se contiene la giusta quantità di sale
tasto s. m. taglio di carne bovina
tataràre v. fare lavoretti
tàtare (tràpoe) s. f. pl. vecchi oggetti di poco conto o inutili
tavàn (tavanèa) s. m. tafano (insetti della famiglia dei tabanidi: Tabanidae); tavanèa s. f. schiaffo in faccia
tàvara s. f. bolla sulla pelle causata dalla puntura di un insetto, da un sovraccarico del fegato o da una malattia esantematica; schiaffo in faccia
tavèa s. f. tavella in cotto per soffitti
te pron. te, ti; in tutte le frasi a esclusione di quelle interrogative, alla alla voce verbale corrispondente alla seconda persona singolare, viene sempre preposto il rafforzativo pronominale TE (“Ti te vè”.-“Tu vai”.; “Ti te te tòi”.-“Tu ti prendi”.; “Ti te magni có mi”.-“Tu mangi con me”.; “Ti te si sta multà dai vìgii”.-“Tu sei stato multato dalla polizia urbana”.-“Ti te te pèteni”. “Tu ti pettini”.); nelle frasi interrogative viene, invece, aggiunto il rafforzativo TO: “Màgnito có mi”?-“Mangi con me tu?; “Viénto xugàre”?-“Vieni a giocare”?; “Te làvito dèsso”?-“Ti lavi adesso”?)
téa s. f. tela
teàro s. m. telaio; s. m. struttura corporea
técia s. f. pentola, tegame
téga s. f. baccello (frutto delle fabacee, indipendentemente dalla specie); pene; botta
tegnère v. tenere (“Tiéa ti”!-“Tienila”!); contenere (“Quanto tiéa”?-“Quanto contiene”?); impugnare, reggere (“Tiéa”! “Reggila”!); bloccare, trattenere (“(L)o gò tegnù fermo mi”-“L’ho bloccato io”)
tegnìn agg., s. m. avaro
tegnóso agg., s. m. cocciuto, ostinato, insistente
tegnùa s. f. tenuta, fondo agricolo, podere
tegoìne s. f. pl. fagiolini (varietà di frutti immaturi di Phaseolus vulgaris)
tèmare v. temere
tenarìn s. m., agg. piccino; amorevole
ténaro (téndaro) agg. molle, malleabile, mobido; ben cotto
ténca s. f. tinca (Tinca tinca)
téndare (p. pass. tendù) v. accudire (“Che mistièro fèto”? “Vao téndare ón putèo”.-“Che lavoro fai”? “Accudisco un bambino”.-“Faccio la baby-sitter”.); sorvegliare (“Téndi él gato che nó ‘l scanpa”!-“Sta attento al gatto che non scappi”!; Téndi i putéi che xuga inte l’ara fin che vao al casoìn”!-“Mentre vado a fare la spesa sorveglia i bambini mentre giocano in cortile! ); osservare (senza essere visto) le mosse di uno che potrebbe fare un’azione a tuo danno (“Bisògna tendare quii du òmani che va su e xo in màchina pa’ e case parché pare che i vaa in giro robàre”!-“Bisogna osservare le mosse di quei due uomini che girano in automobile per il quartiere perché sembra che siano due ladri”!)
tenpèsta s. f. grandine
tenpestàda s. f. grandinata
tenpestàre v. grandinare
tenpo (pl. tinpi) s. m. tempo; tenpo s. m. tempo meteorologico
teo s. m. telone
tèra s. f. terra; tèra crèa = argilla, terreno argilloso; tère bianche = terre marnoso-argillose; tère rote = tèrre arate; t
teresìna s. f. arterosclerosi
terìna s. f. zuppiera o insalatiera in ceramica o in vetro
terìssia s. f. itterizia
teròn s. m. originario dell’Italia Meridionale (termine, purtroppo, usato abitualmente in modo irrispetto o provocatorio)
tèsa s. f. piano tra la stalla e il sottotetto adibito a fienile
testà s. f. testata
téta s. f. mammella
tetìna s. f. taglio di carne di bue riguardante la mammella
tetóna s. f. donna con il seno prosperoso
ti pron. tu, te, te stesso
tinèo s. m. tinello (salotto; stanza da pranzo per il ricevimento di ospiti); piccolo contenitore per pigiare l’uva
tinàsso s. m. tino
tintonare v. insistere con una richiesta, dare fastidio, provocare
tiràche s. f. pl. bretelle
tiràre v. tirare; sparare; lanciare; sferrare; accettare (“I ga voésto darme i schèi e mi i gò tirà”.-“Hanno voluto darmi i soldi e io li ho accettati”.); farsi dare, ricevere (“Go tirà i me schèi”.-“Mi hanno pagato”.-“Mi sono fatto dare i soldi che mi spettano”.-“Ho ricevuto lo stipendio”.); attirare; tiràre su = raccogliere da terra, alzare; tiràre xo = abbassare, abbattere; tiràrse in parte = farsi da parte, accostare al ciglio della strada; tiràrse ia = togliersi
tirèa s. f. filare di viti (maritate)
tiri s. m. pl. gesti capricciosi di un bambino; tiri (da mato) atteggiamenti irragionevoli; comportamento isterico
tiro s. m. tiro; sberleffo; atteggiamento da buffone; sgarbo
tirón s. m. strattone; spinta; traino; accelerata durante una corsa in bicicletta o a piedi; strappo (trasporto occasionale di una persona con un veicolo)
tironàre v. cercare di convincere; strattonare
tó agg. poss. tuo, tua
to’ (toh) inter, Toh, to’(“To’! Ma xeo sta éo”?- “Guarda un po’! Ma è stato lui”?); avv. ecco! (“To’ qua”! “Ecco prendi”!-“Ecco tieni!-“Ecco qua”!)
toàja s. f. tovaglia
toajòlo (tovajò(l)o) s. m. tovagliolo
toalièro s. m. spianatoia in legno per versare la polenta, tagliere
tòcio (pòcio, tocèto) s. m. condimento
tociàre (pociàre) v. pucciare
tòco s. m. pezzo
tò(l)a s. f. tavolo; tavola; tavola da costruzione; (“Tò(l)a su che (l)a xe sóra (l)a tò(l)a”!-“Prendila che è sopra il tavolo”! )
to(l)à s. f. gruppo di persone a tavola
tomèra s. f. tomaia
tón s. m. tuono; tonno
tonà s. f. forte scoppio; fucilata
tonbàre v. tombinare (chiudere una canalizzazzione in superficie e fare scorrere l’acqua in tubi interrati)
tònega s. f. tonaca
tónfo s. m. forte rumore provocato da un colpo causato da una cosa pesante (es: una mazzata contro una pietra); pugno (“Ghé gò dà du tunfi sól muso”.-“Gli ho sferrato due pugni in faccia”.)
tonfón inter. patapum, patapunfete? [termine intraducibile in italiano usato per sottolineare il rumore di una caduta, probabilmente nel senso di “patapum” o “patapunfete” (“Jèro drio caminàre e tonfón! Me so rabaltà”!- Stavo camminando e patapum-patapunfete! Sono caduto”! )
topàre v. sbagliare una previsione, un calcolo, una risposta
tontonàre v. richiedere con insistenza provocando disagio nell’interlocutore
toràra s. f. posta per la monta del toro
tòrcio s. m. torchio (solitamente: torchio per pressare le vinacce); vin tòrcio = vino di cattiva qualità ottenuto da una seconda spremitura di vinacce appositamente inumidite
tórdo s. m. specie appartenenti al genere Turdus [tordo da ua = tordo bottaccio (Turdus phylomelos); tórdo sisiìn = tordo sassello (Turdus italicus)]; agg., s. m. ingenuo, poco furbo
tòre (tòlto p. pass.) v. prendere; comprare; tòre su = raccogliere (“I xe drio tòre su (l)a (l)a só ròba”-“Stanno prendendo-raccogliendo le loro cose”.); tòre pa ‘l cu(l)o = prendere in giro (“I xe drio tòrse in giro-pa ‘l cu(l)o ”.-“Si stanno prendendo in giro”.); tòrsea = prendersela-arrabbiarsi (“Tòtea có éo, nó có mi!”.-“Prenditela con lui non com me!”); tòrsea = andarsene (“Tòtea, par piassère, bruto busiàro! Nó sta pi sa(l)udàrme!-“Per piacere, vattene brutto bugiardo! Non salutarmi più”!)
tóre s. f. torre
torejàni s. m. pl. abitanti di Torreglia
toresàn s. m. torresano, piccione di torre (termine riferito al piccione giovane che, solitamente, viene cotto al forno; in Veneto, un tempo erano diffuse le torri colombaie dove, attraverso uno sportello che si apriva dall’interno della torre, i giovani colombi venivano catturati nei loro nidi posti su cornici esterne)
tórno avv. intorno; vicino
tórse s. f. tosse.
tòrse v. prendersi (“Vuto na caramèa Gigéto”? “Sì xia”! “Tòtea, (l)a xe só la tò(l)a”.-“Vuoi una caramella Luigino”? “Sì xia”! “Prenditela, è sul tavolo”.); comprare-comprarsi (“So nda tòrme él pan”.-“Sono andato a comprare il pane”); togliersi, levarsi (“Ndemo tòrse la camìsa parché xe caldo”-“Andiamo a levarci la camicia perché fa caldo”.); tòtea! = va via da qui!; tuìvea = prendervela; tuìvea! = andate via da qui!
tòrsego s. m. veleno, fiele, sostanza tossica (“Él xe catìvo come él tòrsego”.-“ È amaro come il fiele”./“È cattivo come il veleno”.; “Gò él tòrsego in gó(l)a”.“Ho il fiele in gola.)
torsìe s. f. pl. tonsille, tonsillite (“Sicóme che ’l ghéa senpre e torsìe intórno, i ghé ga cavà e torsìe”.-“Poiché si ammalava spesso di tonsillite, gli hanno levato le tonsille”.)
torsìre v. tossire
tósa s. f. ragazza, donna giovane
toséta (tosatèa, tosàta) s. f. ragazzina
tóso s. m., ragazzo, giovane uomo
toséto s. m. ragazzino
tòtano s. m. totano (mollusco simile al calamaro: Todarodes sagittatus); agg., s. m. tonto
trabatàre v. fare lavoretti di scarsa importanza, lavoricchiare
trabatàrse v. arrangiarsi in qualche modo, barcamenarsi nella vita
trabìco(l)o s. m. mezzo di trasporto vecchio e scassato
trabucàre v. camminare in modo incerto e malfermo
trabucón (de) s. m. andatura barcollante
trabuchèo s. m. buca ricoperta di materiale che la rende invisibile, allestita allo scopo di far cadere dentro chi inavvertitamente ci cammina sopra (era uno scherzo in voga tra i bambini); trucco, tranello; fig.: donna tozza e sgraziata
tracagnòto s. m. persona dal corpo tozzo
traèrsa (travèrsa) s. f. grembiule
traersàre v. attraversare
traèrso avv., prep. attraverso; agg. trasversale; s. m. traversa
traersón s. m. grembiule da scolaro, grembiule da lavoro
tramaciàre v. ideare raggiri, complottare, crare intese ai danni di qualcunoo
tramàcio s. m. tramaglio (rete da pesca fissa con galleggianti); complotto, raggiro, intesa contro qualcuno
tramación agg., s. m. insincero, equivoco, losco
trame (pl. trami) s. m. appezzamento coltivato a piante erbacee posto in mezzo a filari di piante legnose da frutto (in particolare, dato lo scarso ombreggiamento, tra le viti)
trapèo s. m. attrezzo o macchinario di scarsa funzinalità
traja s. f. spazzaneve
tran s. m. tram, filobus
trare v. sparare; andare a caccia con il fucile (“Gò trato a ón dièvore”.-“Ho sparato a una lepre”.; “So nda trare”.-“Sono andato a caccia con il fucile”.); fare sgorgare, spillare (“Gò trato él vin”.-“Ho spillato il vino”.)
tre num. tre, riferito a sostantivo femminile (“Gò isto passàre tre fèmene có tri putèi”.-“Ho visto passare tre donne con tre bambini”.)
trèa s. f. gioco della tria, trèa muinèa = tria ripetuta tramite lo spostamento di una sola pedina
trèdese num. tredici
tremàsso s. m. grande spavento con batticuore
tremoìn s. m. malattia di Parkinson
tremolón s. m. tremore improvviso dovuto a uno spavento
treppiè s. m. treppiedi
trevisàn agg., s. m. trevigiano
tri num. tre, riferito a sostantivo maschile (“Tri fradèi ga maridà tre sorèe”.-“Tre fratelli hanno sposato tre sorelle”.)
trincàre v. ingoiare vino e altri alcolici
trino s. m. fila di piante orticole
tripe s. f. pl. trippa (frattaglia di stomoco di bovino)
trivéin s. m. succhièllo (piccolo utensile usato per forare manualmente il legno)
tròso (stròdo) s. m. sentiero
tùrbio agg. torbido, fangoso, fosco; s. m. il torbido; nuvoloso (cielo nuvoloso)
tupinàra s. f. talpa (Talpa europaea) (“Gò (l)’orto pién de tupinàre”.-“Ho l’orto infestato dalle talpe”.)
ua s. f. uva della vite europea (ua gargànega, ua pinèa, ua moscàta Còi, ua moscàta arancio, ua seprìna, ecc. ) e delle viti nordamericane; tra queste ultime sono tutt’oggi coltivate e lo erano un tempo le piante da cui provengono le cosiddette: ua bacò = uva bacò [uva di una vite ibrida di incrocio diretto tra la vite europea (Vitis vinifera subsp. vinifera) e una vite americana (Vitis riparia)]; ua fràgo(l)a = uva fragola [varietà di uva da vino o da tavola di una vite americana (Vitis labrusca)]; ua grintón = varietà di uva clinto (frutto di una vite ibrida produttrice diretta, derivata da Vitis labrusca e Vitis riparia)
uéta s. f. uva sultanina; ua bàcara = frutto della cremesina uva-turca (Phytolacca americana) una pianta appartenente alla famiglia delle fitolaccacee, dai germogli considerati commestibili, inselvatichita in tutta l’area dei Colli (sembra che un tempo le bacche tossiche di Phytolacca americana venissero usate per dare colore al vino rosso poco carico)
ugàre v. affilare
ugarìn s. m. lucherino (Carduelis spinus)
uguàe agg. uguale
uivàro (oivàro) s. f. olivo (Olea europaea cv. )
ùndese num. undici
ùpio s. m. acero campestre (Acer campestre)
usà agg., p. pass. usato
usànsa s. f. usanza, tradizione
uso agg. usato; abituato; s. m. usanza; utilizzo
vaca s. f. mucca; meretrice, donna di facili costumi
vacàda s. f. stupidaggine
vae (val) s. f. zona acquitrinosa, zona paludosa, zona un tempo paludosa e poi bonificata; vallata tra i rilievi
vaìsa s. f. valigia
vangàda s. f. vangatura
vangàre v. vangare (lavorare un terreno con una vanga)
vangón (pl. vangùni) s. m. lunghi pali da infilare in coppia sotto i mucchi di fieno per trasportarli manualmente
vangonà s. f. quantità di fieno ammucchiato che mediamente viene trasporta sollevando due pali infilati sotto
vansàre v. non adoperare tutto ciò che si ha a disposizione per fare o acquistare una cosa; serbare, avere un qualsiasi credito materiale o di riconoscenza; non mangire tutto il cibo a disposizione e fare avanzi
vansaùre s. f. pl. avanzi
vanti avv., prep. davanti, avanti; in vantaggio; “Toni xe vanti de ti”.-“Antonio è davanti a te”.; “Toni x pi vanti de ti”.“Antonio è in vantaggio su di te”./“Antonio è più avanti di te”., ma anche: “Antonio è più intelligente di te”; “Él xe tanto vanti quel tóso scò(l)à”.-“Quel ragazzo in ambito scolastico (nel suo ambito di studi) dimostra un’ottima preparazione/è molto avanti”.); agg. troppo maturo (“Sti pumi qua xe massa vanti pa’ véndarli”.-“Queste mele sono troppo mature per poterle vendere”; vanti! inter. avanti!
vanxèga s. f. festa rituale al termine della costruzione del tetto di una casa
vardàre (ardàre) v. guardare (“Varda, (ara-arda)”!-“Guarda”!; “Vàrdeo (àrdeo)”!-“Guardalo”!; “Ardèo (Vardèo)”!-“Guardatelo”!; “Varda (ara-arda) ti ah”?-“Non ti pare”?; “Ara là”!-“Guarda là”; “Chissà che (l)ó varda”.-“Spero che lo guardi”.); non va confuso con àrdare-àrdere-ardìre (“È legne xe drio àrdare”.-“La legna sta bruciando”.; Chissà che ‘l arda”!.-“Spero che bruci”!); sorvegliare; la consonante iniziale V in alcune voci dei verbi: védare-édare (vedere), vardàre-ardàre (guardare) e vère-ère (avere) tende a essere omessa (“Uto édare”?-“Vuoi vedere”?; “Me pare de ère isto tó fiò(l) pa’ (l)a strada”.-“Mi sembra di avere visto tuo figlio per la strada”.; “Arda qua”!-“Guarda qua”!)
vargògna s. f. vergogna
vargognàrse v. vergognarsi
vargògne s. f. pl. organi sessuali maschili o femminili
varò(l)o s. m. cicatrice causata dalla vaccinazione contro il vaiolo; vaiolo
varsùro s. m. aratro con versoio (“Gò tacà él varsùro a e vache”-“Ho attaccato l’aratro alle mucche”.)
vé pron. vi
véa s. f. vela
vècio agg. vecchio; s. m. vecchio, anziano; appellativo allocutivo, di uso recente, con vari significati, a seconda del contesto con cui ci si rivolge a una persona per richiamarne l’attenzione (ma non nel senso di anziano): “Ciao vècio”!-“Ciao ragazzo”!; “Dai vècio vién qua da mi, che te insegno come che se tira él balón”!-“Dai, vieni qui, che ti insegno come calciare il pallone!)
védare (édare) v. vedere, guardare
vedéo s. m. vitello (“Védeo quel vedèo”?-“Vede quel vitello”?)
veén s. m. veleno; rabbia (“Gò ón veén intórno”!-“Ho una rabbia addosso”!)
végna s. f. vite (specie varie appartenenti al genere Vitis)
vegnère v. venire [alla terza persona singolare o plurale del presente indicativo o alla seconda singolare dell’ imperatico si usano sia vién sia gnen : “Incò Toni gnen catàrme”.-“Oggi Antonio viene a farmi visita”.; “Gnen fòra che te gò isto”!-“Vieni fuori che ti ho visto”!); avere l’orgasmo, eiaculare; crescere (“Él tóso xe in vegnère”-”Il ragazzo sta crescendo”.); v. capitare (“E xe ròbe che vién”.-“Sono cose che capitano”.)
vegnéto s. m. vigneto
véna s. f. sorgente sotterranea, vena d’acqua sotterranea (“Me ga tocà scavàre pa’ quìndese metri pa’ catàre (l)a véna”.-“Ho dovuto scavare per quindici metri per trovare una vena d’acqua sotterranea”.); s. f. avena coltivata (Avena sativa); s. f. vaso sanguigno
vénare s. m. venerdì
venessiàn agg., s. m. veneziano
venón s. m. avena selvatica (Avena fatua, Avena barbata, Avena sterilis).
ventàjo s. m. ventaglio
véo s. m. velo
vèra s. m. anello (fede) matrimoniale
veràra s. f. vera da pozzo (anello in pietra sovrapposto alla canna del pozzo)
vère v. aus. avere (“Mi gò sén”.-“Io ho sete”.; “Ti te ghè sòno”.-“Tu hai sonno”.; “Ghèto fame”?-“Hai fame”?); in vari casi, nelle voci verbali del verbo vère, le lettere iniziali GH vengono omesse (“Ghé ne ghèto schei pa’ tòre él pan”?/“Ghé n’èto schei pa’ tòre él pan”?-“Ne hai soldi per comprare il pane”?; “Ndemo al mare? Ghé n’io vòja”? -“Andiamo al mare? Ne avete voglia”?); in alcuni casi l’infinito perde la V iniziale (“Còssa pìnsito de ère vu”? -“Cosa pendi di avere avuto”?); nelle forme riflessive proprie e improprie il verbo avere viene usato al posto del verbo essere (“Te ghèto lavà”?- “Ti sei lavato” ?)
verdaràme s. m. solfato di rame
vèrme s. m. larva d’insetto; lombrico; vite centrale di un torchio
vernìsa s. f. vernice
vernisàre v. verniciare
veriò(l)o s. m. parietaria (urticacee appartenenti al genere Parietaria: Parietaria judaica, Parietaria officinalis)
vèro (pl. vèri) agg. vero, autentico; s. m. vero, verità; s. m. maiale da riproduzione
véro (pl. viri) s. m. vetro; finestra (“Sara i viri”!-“Chiudi le finestre”!)
veronèse agg., s. m. veronese
vèrso s. m. dispetto; sgarbo (“Ara che nó te te invénti mia farme vèrsi”!-“Non osare mica a farmi uno sgarbo! Hai capito”?), comportamento inopportuno (“Nó sta mia fare vérsi, sèto”!-“Mi raccomando sai, comportati bene/Mi raccomando sai, controllati/Attento. Non andare in escandescenze”!), smorfia, imitazione; s. m. modo (“Nó ghé xe vèrso de tegnèrlo fèrmo”.-“Non c’è modo di tenerlo fermo”.), parte; prep. verso
vèrto agg., p. pass. aperto
vèrta s. f. ampia estensione di appezzamenti di terreno aperto piano
vérxa s. f. cavolo verza (varietà di Brassica oleracea); vérxe in conposta = foglie di cavolo verza sbollentate e conservate in barile sotto sale e aceto; vérxe sofegà = foglie di cavolo verza cotte senza acqua, in tegame con coperchio chiuso, condite con solo una piccola quantità di olio sale e pepe; fig.: “Te fasso na vérxa cussìta”.- “Ti rompo il sedere”.
vèrxare v. aprire
vesca s. f. culmo e infiorescenza di saggina per la fabbricazione di scope
vesìlia s. f. giorno precedente una solennità religiosa; fare vesìlia = mangiare di magro il giorno prima di una solennità religiosa come forma di penitenza
vessìga s. f. vescica urinaria (la vescica del maiale, dopo la macellazione, veniva confiata con una cannula e poi riempita di strutto fuso; questo, così conservato, non irrancidiva e rimaneva commestibile a lungo); bolla sulla pelle; rigonfiamento sulla camera d’aria di un pneumatico
véta s. f. pezzo di filo da infilare nella cruna dell’ago
vetùro s. m. contenitore usato per la raccolta e la pigiatura dell’uva
veùdo s. m. velluto
via s. f. strada, via; prep. fuorchè, eccetto, tranne, a parte (“Via de mi, chi uto che sia cussìta sémo da desmentegàrse de métasse e braghe e ndare ia cól pigiama”.- “?- “Tranne me, chi vuoi ch sia cosi stupido da dimenticarsi di mettersi i pantaloni e uscire di casa in pigiama”? ); via (ia); avv. (“Va’ via-ia”! -“Va’ via”!)
viàjo s. m. viaggio
viàn agg., s. m. sfacciato, offensivo, insolente, villano
vianèe s. f. pl. vasi sanguigni del collo
viatàra s. f. gallinella d’acqua (Gallinula clorophus)
vida s. f. vite (per avvitare)
vìnsare v. vincere
vintèna num. ventina
vinti num. venti
viò(l)as s. f. (specie appartenenti al genere Viola); botta, ceffone)
vioéta (viòla) s. f. viola (specie autoctone appartenenti al genere Viola, a esclusione di Viola tricolor sl. e Viola arvensis)
vioìn s. m. violino
viriò(l)o s. m. trifoglio a fragola (Trifolium fragiferum)
vìscia s. f. rametto sottile molto flessibile (in un’accezione particolare il termine indica un rametto flessibile con cui i genitori colpivano alle gambe i bambini disubbidienti)
visciàre (fisciàre) v. fischiare
visciassà s. f. percossa o botta accidentale causata da un rametto flessibile (“Vuto ciapàre na visciassà só e ganbe”. -“Guarda che ti colpisco con forza sulle gambe con un rametto flessibile”; [un detto in auge era il seguente: “Gò ciapà na visciassà”.(il contesto in cui la frase veniva pronunciata faceva capire se la botta veniva presa accidentalmente, attraversando una siepe o un bosco, oppure no; l’accidentalità della “visciassà” riguardava meno i bambini e più gli adulti; talvolta, però, per questi ultimi, la parola “visciassà”poteva significare schiaffo morale (“Gò ciapà na visciassà sól muso”.-“Ho ricevuto una grande umiliazione”.)]
vìscio s. m. vischio (pianta parassita di vari alberi, solitamente: Viscum album subsp. album in quanto unica entità presente in zona ); colla speciale spalmabile su rami e altre superfici per la cattura degli uccelli; fischio
visentìn s. m., agg. vicentino
vissìn avv. vicino; s. m. vicino di casa
vissinèo s. m. piccolo vortice che si forma in aria sollevando polvere e foglie secche
vissiàre v. viziare
vìssio s. m. vizio, mania, abitudine
vita s. f. vita, schiena (“Gò mae (l)a vita”. -“Ho mal di schiena”)
vìvare v. vivere (“Te me tòi (l)a vita”!-“Mi chiedi un grande sacrificio”!/“Mi stai dando un grande fastidio”!/“Mi stai creando troppi ostacoli”!); abitare (“Ndoe vìvito”?-“Dove abiti”?)
vivarèa s. f. modo di vivere povero e tribolato
vivarón s. m. maodo di vivere ricco e agiato
voàltre (valtre) pron. voi (riferito a femmine )
voàltri (valtri) pron. voi (riferito a maschi)
vòdo (òdo) agg. vuoto; vòdo (él) s. m. il vuoto
voère v. s. volere
vòja (oja) s. f. voglia, desiderio, volontà, appetito, sfizio; angioma cutaneo
vòlto s. m. portico ad arco
vósse (óse) s. f. voce
vu pron. voi nel significato di lei, quale forma allocutiva di rispetto (“Vu, siór conte, ghio mai parlà cól re”?-“Voi signor conte avete mai parlato con il re”?); vu (vuo) p. pass. avuto
xa avv. già
xaèto s. m. biscotto fatto con farina di frumento e farina di mais s a cariosside gialla
xaghéto s. m. chierichetto
xa(l)o agg., s. m. giallo; él xa(l)o = il colore giallo
xanèvare s. m. ginepro (solitamente: Juniperus communis)
xasa (xàsara) s. f. capelli lunghi
xé = È
xegio s.f. ciglio, sponda
xema s. f. eczema
xemèo s. m. gemello
xènaro s. m. genero
xenocià s. f. ginocchiata
xenòcio s. m. ginocchio
xenoción (de xenoción, in xenoción) s. m. andatura in ginocchio, andatura a gattoni
xente s. f. gente
xèrla s. f. gerla
xìso(l)a s. f. giuggiola (frutto del giuggiolo); pugno in faccia
xiso(l)àra s. f. giuggiolo (Ziziphus zizyphus)
xòba s. m. giovedì
xo(l)àre v. volare
zó(l)o s. f. volo
xónta s. f. aggiunta; raccordo (pezzo attaccato a un corpo principale, ad esempio tra tubi)
xontàre v. aggiungere; congiungere, attaccare un pezzo a un corpo principale
xó avv. giù
xògo (xòo) s. m. giogo per buoi
xóso, avv. giù (“Vao xóso”.-“Vado giù”.)
xóvane agg., s. m. giovane
xugo s. m. gioco
xugàre v. giocare
xugato(l)àre v. giocherellare
xugàto(l)o s. m. giocattolo
xugàto(l)on agg., s. m. giocherellone; poco incline al lavoro
xughéto s. m. giochino
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